Entro il 2020 le reti 5G avranno complessivamente coperto il 30% circa della popolazione italiana, per passare a oltre l’85% entro il 2023, anno nel quale sono attesi almeno 12 milioni di utenti 5G, al netto delle linee M2M (Machine-2-Machine) associate alle nuove applicazioni IoT che verranno sviluppate. La stima è di un report EY che ha realizzato per Huawei sullo sviluppo delle reti e dei servizi 5G in Italia e degli effetti attesi a livello di sistema-Paese secondo cui già entro il 2019, soprattutto considerati i piandi Tim e Vodafone, i servizi 5G saranno attivati in 9 grandi città, 28 comuni dell’area metropolitana milanese, 30 destinazioni turistiche, ma anche in 50 distretti industriali.
Saranno inoltre avviati, sempre in ambito business, 30 progetti dedicati verticali, a dimostrazione di come il 5G sia già concretamente identificato come una piattaforma a supporto del business delle aziende, oltre che indirizzato al mercato consumer ma anche allo sviluppo delle smart city.
In questo contesto, ovviamente, lo sforzo richiesto agli operatori è tutt’altro che banale: tra costi delle licenze e deployment delle reti 5G e delle reti in fibra (una parte delle quali è funzionale al potenziamento dei collegamenti terrestri delle reti mobili), gli operatori dovranno dedicare al 5G entro il 2025 risorse per circa 25 miliardi di euro. Si tratta di una cifra molto significativa considerando che nel frattempo gli operatori non potranno smettere di estendere, modernizzare e mantenere le reti esistenti, fisse e mobili.
A fronte di questo sforzo, però, il Paese ne gioverà a livello di impatto sul sistema economico oltre di “customer experience” degli utenti e accesso a nuove tipologie di applicazioni, sia Consumer che Business.
5G, l’impatto sul Pil
EY, utilizzando un modello realizzato ad hoc per quantificare l’impatto del 5G nel nostro Paese, stima che la disponibilità di reti e servizi 5G può portare a ricadute positive sul nostro sistema Paese pari a circa lo 0,3% del Pil all’anno in media per 15 anni a partire dal 2020, cioè quando il deployment delle reti 5G è atteso prendere maggiore impulso. Ciò significa un impatto positivo tra 5 e 6 miliardi di euro l’anno, tenendo conto sia dei maggiori investimenti generati dalle piattaforme 5G-enabled nei vari ambiti applicativi, sia dei risparmi conseguenti all’utilizzo di tali piattaforme. L’impatto positivo previsto è di circa 80 miliardi di incremento del Pil nell’arco dei 15 anni considerati.
“Questo scenario va però letto alla luce dei possibili effetti della restrizione ad alcuni fornitori di tecnologie 5G non appartenenti all’Ue, a seguito delle valutazioni associate all’utilizzo del Golden Power”, spiega il report. Secondo la totalità dei soggetti intervistati da EY, una restrizione di questo tipo genererebbe impatti negativi ad ampio spettro.
Gli effetti della trade war e del Golden Power
La restrizione all’uso delle tecnologie di uno o più vendor si tradurrebbero innanzi tutto in un ritardo nel deployment delle reti 5G in Italia, dovuto sia ai tempi necessari affinché i vendor “certificati” possano consegnare prodotti pienamente utilizzabili nelle reti e non in fase di sviluppo, sia per la necessità di rivedere la pianificazione delle reti e effettuare i necessari interventi di sostituzione degli apparati, non solo nelle reti 5G in fase di sviluppo, ma anche con riferimento alle reti 3, 4 e 4.5G.
A questo primo effetto “ritardante” se ne sommerebbe un secondo in termini di “extra costi” per gli operatori, generati sia dal replacement di importanti parti delle loro infrastrutture di rete, sia da un possibile incremento dei prezzi delle tecnologie 5G conseguente a un minore livello di competizione tra vendor.
“L’intensità di questi effetti varia a seconda dei vendor esclusi dall’ecosistema 5G e si può ritenere che sarebbero maggiori qualora a essere coinvolti fossero i vendor attualmente considerati leader di mercato – prosegue EY – Ne sono un esempio i vendor cinesi e in particolare Huawei, il cui vantaggio rispetto agli altri fornitori (in particolare nelle tecnologie di accesso radio) è riconosciuto da più osservatori internazionali indipendenti, e nonostante i vendor concorrenti (europei e non), tutti molto qualificati e committed nello sviluppo dell’offerta 5G, stiano accelerando i tempi di sviluppo commerciale dei rispettivi prodotti in questa tecnologia”.
In termini quantitativi si stima che la restrizione di cui sopra potrebbe generare almeno 12-18 mesi di ritardo nel deployment delle reti 5G in Italia e un extra-costo per gli operatori di circa 4-5 miliardi.
Valutazioni, queste, in linea con quanto riportato da una recente analisi del Gsma che stima che “l’esclusione dei vendor cinesi di apparati di telecomunicazioni introdurrebbe un “ritardo tecnologico” di 18 mesi nelle reti 5G in Europa, oltre che un extra costo di circa 55 miliardi di euro”.
L’effetto congiunto di questi fenomeni negativi potrebbe inoltre creare un “effetto leva” con il rischio di ridurre nel breve termine il commitment per un rapido sviluppo del 5G in Italia. “In un contesto di mercato caratterizzato da un continuo decalage dei prezzi dei servizi, un extra costo generato dalla restrizione dei vendor 5G rischierebbe di essere non sopportabile per il sistema”, mette in allerta EY.
Il ritardo nel deployment delle infrastrutture 5G si tradurrebbe anche nella perdita di una parte considerevole degli impatti positivi sulla nostra economia sopra stimati, e potrebbe introdurre una distorsione, soprattutto nel medio termine, sulla competitività delle nostre aziende, che sarebbero “menomate” rispetto ai propri competitor internazionali (che si troverebbero più avanti nel processo di sviluppo del 5G) nella possibilità di capitalizzare le opportunità offerte (in termini di produttività, efficienza, controllo dei costi) dalle piattaforme 5G come driver dei processi di “digital transformation” rispetto ai quali il nostro sistema produttivo non può più tollerare ritardi.
In termini quantitativi, utilizzando il modello sviluppato da EY per gli impatti del 5G sulla nostra economia, un ritardo di 12-18 mesi si tradurrebbe nella perdita di una quota variabile tra 2,9 e 4,3 miliardi del previsto incremento del Pil, a cui si aggiungerebbero i 4-5 miliardi di extra investimenti per gli operatori per sostituire nelle proprie reti i vendor esclusi dai fornitori 5G utilizzabili, che a loro volta potrebbero ulteriormente ritardare il deployment delle reti 5G e quindi acuire gli impatti negativi sul nostro sistema.
“Ritengo che la fotografia scattata attraverso questa analisi inviti a una riflessione: il 5G è un enabler per lo sviluppo non solo del settore delle telecomunicazioni ma anche di tutti i settori impattatati dalla trasformazione digitale – dice Fabrizio Pascale, Telco, Media & Technology Mediterranean Leader di EY – Fermo restando la giusta attenzione al tema della sicurezza, è fondamentale valutare l’impatto economico e i mancati benefici per i cittadini, le nostre città e per il nostro tessuto imprenditoriale che un ritardo nell’implementazione del 5G potrebbe avere nel nostro Paese”.