“Dante Giacosa come Steve Jobs era incontenibile». Presentando l’ultimo libro di Riccardo Ruggeri, “Fiat, una storia d’amore (finita)”, ho potuto scoprire un altro pezzo forte del Pantheon dei grandi italiani del ‘900. Non i senza mestiere laureati in sociologia, comunicazione o scienze politiche ai quali l’Italia regala ruoli direttivi, vitalizi con le tasse altrui e ai quali, perfino, intitola strade e piazze. L’ingegner Giacosa appartiene al gruppo di persone scelte dal destino per migliorare la qualità della vita collettiva e per accrescere il benessere comune. Inventò la Topolino a soli 26 anni, poi disegnò macchine rivoluzionarie come la 600 e la 500. Ancora oggi parte importante del valore del brand Fiat (Fca) e del fatturato dipendono dai modelli creati dallo Steve Jobs italiano nel primo dopoguerra.
Negli ultimi due secoli gran parte, se non la totalità, del nostro progresso è da attribuire alle invenzioni, di vario genere, degli ingegneri e dei tecnici. Sono loro, non la politica con i suoi fallimenti a ripetizione nel deliverare quanto promesso, che ci hanno garantito una vita migliore. Giacosa è stato l’idealtipo del grande ingegnere-inventore italiano del novecento anche se, fatto tipico dei paesi che non hanno valori veri, è praticamente sconosciuto ai più. Della storia degli ingegneri di Olivetti si è scritto molto, quella dei tecnici della Fiat è rimasta più nascosta. Eppure hanno inventato il motore common rail durante gli anni più bui della società ed hanno perfino permesso, grazie ai brevetti realizzati, a Sergio Marchionne di comprare Chrysler a costo zero conferendo il valore della tecnologia nel deal. Ruggeri rende il giusto onore alla grande squadra di ingegneri della Fiat che hanno dato all’Italia la più grande industria manifatturiera della storia.
In un qualsiasi paese civile e progredito Giacosa sarebbe, da anni, raccontano nelle scuole e fatto conoscere nelle università. Sarebbe un esempio cristallino di “role model”, per dirla con Robert K. Merton. Uno come Jobs che deve essere promosso e fatto conoscere perché così ispirerà tanti giovani a diventare come lui. È l’unico modo per avere il progresso a costo zero, cioè tante esternalità positive per l’intera società e tanti nuovi casi di successo imprenditoriale da offrire ai giovani come campioni da emulare e battere. Gli ingegneri italiani sono e sono stati formidabili, perché hanno una flessibilità culturale che agli altri non appartiene. Credo dipenda dalla peculiare e secolare storia che li ha preceduti. Una miniera, una delle tante, fatta marcire da un paese incapace di classificare correttamente i valori veri.