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Data center e AI fanno impennare il costo del rame: cattive notizie per telco e big tech



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Bank of America stima che il prezzo arriverà a 10.750 dollari per tonnellata nel 2025 per poi salire a 12mila nel 2026, anche sull’onda dei progetti legati alla green transition e in particolare alla realizzazione di infrastrutture energetiche di nuova generazione in cui il materiale è molto usato. “Si rischia una crisi”

Pubblicato il 20 mag 2024



rame

Il rame, un materiale molto usato nell’industria tecnologica e dell’energia, sta diventando merce rara – e costosa. “La crisi è in vista”, scrive Bank of America nella sua ricerca globale (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), in cui alza le previsioni sul prezzo di un metallo già a quotazioni record: i futures del rame, infatti, hanno sfondato i 10mila dollari a Londra e toccato i 5mila negli Stati Uniti.

Secondo Bank of America (BoA), il prezzo arriverà a 10.750 dollari per tonnellata nel 2025 per poi salire a 12mila nel 2026, spinto da una domanda cui l’offerta non riesce a far fronte. In particolare, l’oro rosso è usato in tutta la filiera industriale delle rinnovabili (come nelle turbine eoliche) e delle reti elettriche, nonché nei data center (nei cavi di alimentazione e in altri componenti), la cui espansione procede a ritmi veloci viste le nuove applicazioni di intelligenza artificiale. L’Ai e l’elettrificazione delle economie rischiano di creare una crisi sulla catena di fornitura del rame.

Rame sempre più raro: prezzo in rialzo fino al 2026

È, in particolare, l’allargamento dei data center a far impennare la domanda del rame, spiegano gli analisti della banca americana.

“La fornitura di rame è sempre più scarsa e ciò limita la disponibilità del prodotto: la tanto discussa carenza di nuovi progetti minerari adesso fa sentire la sua morsa”, si legge nel report. In modo analogo, si è dimezzata la produzione di alluminio, un altro metallo la cui domanda è costantemente in crescita. In questo contesto i prezzi saliranno in modo significativo: entro il 2026 BoA prevede un costo medio di 12mila dollari a tonnellata per il rame (e di 3.250 dollari a tonnellata per l’alluminio).

La Cina fa da ago della bilancia: la domanda dalle raffinerie cinesi è alta, perché il Paese sta puntando sulle rinnovabili e la decarbonizzazione dell’economia e rifornisce molti altri Paesi. Ma Pechino potrebbe decidere di rallentare i ritmi di produzione in risposta alla carenza di materia prima e ciò potrebbe mitigare l’ascesa dei prezzi.

Metalli per le future tecnologie: per il rame è deficit

Fra tutti i metalli Mift (metalli importanti per le future tecnologie) la cui offerta è limitata, il rame è in testa in quanto al centro della transizione energetica, osserva ancora BoA. L’aumento dei prezzi è trainata da quattro fattori: investimenti nelle tecnologie green, ripresa prevista dell’economia globale, restocking, e taglio dei tassi di interesse.

Il rapporto domanda-offerta è stato più equilibrato nel 2023, ma quest’anno BoA prevede un deficit di -324mila tonnellate che potrebbe più che raddoppiare nel 2026 (-743mila tonnellate). Questo accadrà perché, benché la Cina potrebbe restringere la sua domanda, quella di Stati Uniti e Europa aumenterà.

La crisi della supply chain del metallo rosso

La crisi sulla catena di fornitura globale del rame è alimentata dai diffusi tagli alla produzione nelle miniere. Un esempio è la recente riduzione della produzione trimestrale di Ivanhoe Mines nella Repubblica Democratica del Congo; un altro caso è quello del Cile, grande produttore di metalli rari, ma dove le tensioni geopolitiche stanno pesando sull’attività mineraria.

Altra cattiva notizia per la supply chain è la sentenza della Corte suprema di Panama, che ha dichiarato incostituzionale il contratto tra Cobre Panama e First Quantum Mineral: ne deriverà un’ulteriore diminuzione dell’offerta.

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