L'ANALISI

Big data, la lezione del caso Facebook per l’economia italiana

La questione messa in campo dal social mette in luce il cambio di paradigma nell’uso dei sistemi informativi aziendali. Si viene ad affermare sempre più prepotentemente la centralità del dato e il suo valore indipendente dal software che lo usa: un processo a cui il mercato, e la PA, dovranno allinearsi prima possibile

Pubblicato il 30 Mar 2018

Paolino Madotto

Consigliere Cdti

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La cosa più importante, al netto della privacy e della sicurezza, che l’episodio di Cambridge Analytica e Facebook dice alle aziende e agli enti pubblici è che stiamo assistendo ad un cambio di paradigma nell’uso dei Sistemi Informativi aziendali. Si viene ad affermare sempre più prepotentemente la centralità del dato e il suo valore indipendente dal software che lo usa.

Apparentemente sembra una cosa banale ma se ci riflettiamo con attenzione scopriamo che ancora oggi nella gran parte dei casi le aziende utilizzano i dati incanalandoli in processi, software, report e strumenti di analisi precostituiti.

Il dato è relegato ad un modo di conservare informazioni che sono necessarie ad eseguire task o a rappresentare situazioni secondo schemi preordinati. Le applicazioni sono frutto di un’analisi dei processi e dei dati esistenti e vengono poi scritte in modo da applicare regole di coerenza dettate dall’organizzazione. L’analisi dei dati, anche quando è fatta attraverso un datawarehouse, è anch’essa preordinata e predisposta in modo da poter essere analizzata secondo profondità e dimensioni finite.

Questo rimarrà in buona parte così ma oggi le potenzialità dell’intelligenza artificiale e dei big data stanno cambiando tutto questo. Anzitutto sempre più i dati vengono valorizzati indipendentemente dalle applicazioni, possono essere venduti o analizzati con meccanismi che estraggono algoritmi o regole dai dati stessi e che rimangono spesso oscuri alla stessa organizzazione.

I dati diventano una sorta di “scatola magica” da cui estrarre valore, nuovi utilizzi, migliorare la capacità di una organizzazione di competere o soddisfare i bisogni dei propri clienti (o utenti nel caso della PA). Il dato assume “vita propria” e diventa vendibile, spendibile, utilizzabile al di là del software che gli è stato costruito sopra. La pervasività di estrazione di informazioni dai dati, con grandi implicazioni sulla privacy, tipiche degli Ott, probabilmente verrà in qualche modo meno con l’affacciarsi di una nuova consapevolezza della politica. Ma le organizzazioni diventano sempre più data-centric e la capacità di estrazione di valore dall’utilizzo dei dati diventa uno dei driver più rilevanti nel business delle aziende. Staccato dall’algoritmo che lo utilizza.

I Sistemi Informativi aziendali spesso si trovano ad essere impreparati, abituati a pensare la propria funzione intorno alle applicazioni sono incapaci di misurarsi con l’analisi delle informazioni, i servizi digitali, gli strumenti di analisi dei dati, l’AI. Eppure si fa fatica ad immaginare il futuro dell’Ict senza pensare a queste tecnologie.

I dati sono diventati fondamentali, è necessario dunque raccoglierli in quantità sempre maggiore e in modalità sia strutturata che non strutturata, multimediale, per ogni singolo aspetto presente nel dominio aziendale. È necessario integrarli in contenitori unici, saperli aggregare pur mantenendoli in coerenza tra loro, scambiarli  con l’esterno in modo bidirezionale. È sempre più necessario ricostruire la “mappa” dei dati aziendali, dei flussi informativi, delle fonti possibili per poter individuare entità chiave e costruire una strategia ad hoc.

Ormai in alcuni settori aziendali come il marketing i dati sono diventati strumenti non solo per aumentare le vendite ma per individuare nuove strategie, nuovi prodotti e nuovi servizi. In altri settori, grazie alla disponibilità di informazioni sempre più di dettaglio, è possibile ripensare i processi, escogitare nuovi modalità operative e immaginare nuove fonti di ricavo e produttività a parità di risorse. I dati stanno impattando notevolmente la strategia aziendale e nuovi concorrenti si trovano ad entrare in modo nuovo sui mercati grazie alla maggiore capacità di analizzare e trovare nuove strade.

Amazon, Facebook, Google hanno dimostrato che analizzare i fenomeni apre nuove opportunità di prodotti e servizi e che con una maggiore quantità di informazione e capacità di analisi è possibile occupare mercati prima nelle mani di altri. Cosa sarebbe Amazon senza la sua capacità di analizzare i consumi e riprogettare l’intera catena logistica, l’offering dei prodotti e dei servizi, stravolgere il business dell’intero ecosistema nel quale è inserito?

Questi dieci anni sono stati sicuramente gli anni della più grande crisi economica del capitalismo, più grande di quella del 1929, ma anche gli anni nei quali dei “new comers” hanno riscritto molte delle regole del governo delle aziende e delle abitudini dei cittadini. Nuove aziende utilizzando al massimo l’Ict hanno potuto detronizzare antiche aziende consolidate, anche con un discreto potere di mercato: questo significa che sarà sempre più difficile mantenere posizioni di privilegio e che sarà sempre più necessario creare e manutenere continuamente la strategia aziendale.

La data strategy e la strategia aziendale devono diventare un lavoro continuo, pianificato, quotidiano. Attraverso questo lavoro sarà necessario estrarre nuovi modelli operativi e servizi per soddisfare i clienti. La strategia aziendale ha smesso di essere un esercizio da fare una volta ogni tanto, da affidare a “guru” esterni e basta ma diventa un processo Agile, un “continous improvement” da portare avanti internamente certo con il contributo esterno ma mantenendone il know-how e la leadership. Significa interiorizzare competenze, acquisire e far crescere una componente sempre più alta di capacità di visone che abbia sia la conoscenza delle tecnologie emergenti e del loro uso, sia la capacità di declinare tale conoscenza in processi, regole, prodotti e servizi. La strategia è diventata il cuore dell’azienda che può acquisire dal suo ecosistema tutto ma non questo tassello fondamentale.

E questo non sarà solo un problema delle aziende private: anche la pubblica amministrazione e la politica si trovano di fronte ad un cittadino che capisce sempre meno la burocrazia e che chiede servizi customizzati in grado di rendere più comoda la propria vita. In grado di conoscere prima i suoi bisogni e di soddisfarli in modo più efficace ed efficiente.

La vicenda Cambridge Analytica dimostra come un uso innovativo e spregiudicato dei dati possa cambiare perfino le regole della democrazia, le strategie della politica. Ormai non esiste settore che non debba fare i conti con la rivoluzione digitale. Siamo solo all’inizio.

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