Le aziende italiane credono nell’approccio collaborativo ai dati come una delle possibili soluzioni per affrontare i principali problemi che si trovano davanti nella fase storica contemporanea, dalla crisi energetica a quella climatica, dalla disoccupazione all’inflazione. È il quadro che emerge dall’analisi dei dati che riguardano l’Italia del report “Data for Humanity” realizzato da Lenovo.
Gli executive italiani intervistati, che fanno parte del campione di 600 dirigenti di aziende presenti in cinque paesi e che operano in 10 diversi segmenti di mercato presi in considerazione dalla ricerca, evidenziano che in termini aziendali l’uso dei dati avrà un impatto significativo in termini di miglioramento dell’agilità organizzativa, con il 67% che afferma che aumenterà la capacità di rispondere alle nuove opportunità di mercato, mentre una percentuale analoga si aspetta che i dati riducano i costi e migliorino l’esperienza dei clienti.
Per il 63% del campione italiano i dati hanno contribuito alla creazione di ambienti di lavoro intelligenti, mentre circa il 60% dichiara che i dati hanno migliorato la previsione dei risultati aziendali, l’esperienza clienti e i progressi verso gli obiettivi Esg. Dall’insieme di questi dati emerge che le imprese italiane sono più propense a utilizzare i dati per migliorare parametri relativi al business.
L’Italia quarta nel ranking dei data leader
Tra i cinque paesi presi in considerazione dalla ricerca l’Italia è penultima, in quarta posizione, per la presenza di aziende “data leader”, con una percentuale del 15%. A guidare la classifica è la Francia con il 20%, seguita da Germania e Stati Uniti (17%). Poi l’Italia e il Regno Unito con il suo 11%.
A motivare questo ritardo, secondo il report, ci sono la difficoltà di reperire le competenze e di definire le strategie sui dati. Infatti, il 51% delle aziende italiane dichiara di non possedere le competenze informatiche e, più in particolare, le competenze legate ai dati (contro il 46% della media globale) e la stessa percentuale afferma che la dirigenza non ha ancora messo in atto strategie per la condivisione dei dati (contro il 37% delle aziende globali). Secondo il 52% degli intervistati, inoltre, il reclutamento dei talenti giusti sarà importante per consentire alla propria organizzazione di sbloccare il valore dei propri dati nei prossimi anni.
Investimenti in crescita
Per colmare il gap più del 90% delle aziende italiane manifesta l’intenzione di investire più di un milione nei prossimi 12 mesi su tecnologie e iniziative data driven. Ampliando l’orizzonte ai prossimi cinque anni, il 55% delle imprese italiane ha in programma di aumentare la spesa per gli strumenti di archiviazione e automazione dei dati. In testa alle priorità di investimento rimane la cybersecurity, citata dal 63% del campione, anche come risposta al fatto che il 29% dice di aver sperimentato rischi informatici come data breach a causa della propria incapacità di gestire e analizzare i dati.
Il confronto internazionale
Per rendere più chiaro il divario che esiste nell’approccio ai dati tra i “campioni” internazionali e la realtà italiana c’è il fatto che l’83% dei data leader a livello globale afferma che le proprie soluzioni per i dati sono altamente automatizzate, contro il 57% delle aziende italiane. L’81% delle società internazionali dice inoltre di utilizzare piattaforme in grado di condividere facilmente i dati con i partner (in Italia il 54%), il 78% archivia la maggior parte dei propri dati nel cloud (contro il 52% in Italia) e il 79% è convinto che i propri dati siano al sicuro (contro il 51% in Italia).
Dal report emerge inoltre che meno di un terzo (32%) delle aziende italiane possiede le competenze e le capacità necessarie per realizzare strategie relative ai dati (rispetto al 35% in generale), e poco più di un quarto (26%) è convinto di riuscire a realizzare iniziative strategiche legate ai dati nel corso del prossimo anno.
Molti di questi problemi, evidenzia lo studio Lenovo, sono legati alla mancanza di allineamento tra i team IT e la leadership: soltanto il 21% delle aziende italiane può contare su dipartimenti IT in grado di fornire regolarmente consulenza alla C-suite su iniziative strategiche basate sui dati, il dato più basso di tutti i paesi presi in esame. “Tuttavia – spiega la ricerca – la buona notizia è che le aziende italiane sono più propense a partecipare a partnership ed ecosistemi collaborativi sui dati: Il 59% delle aziende vi aderisce, rispetto alla media globale del 56%”.
La necessità di tecnologie all’avanguardia
“Dalla ricerca appare evidente che investire in tecnologie all’avanguardia sia una condizione necessaria ma non sufficiente per abilitare l’innovazione – afferma Alessandro de Bartolo, Country General Manager & Amministratore Delegato dell’Infrastructure Solutions Group di Lenovo – Le aziende italiane si pongono l’obiettivo di sbloccare il valore dei dati ma per farlo è necessario migliorare la strategia, la cultura del dato e le competenze, oltre a investire nelle migliori soluzioni tecnologiche disponibili. Sappiamo, infatti, che non sono i dati a trasformare il mondo. Da soli, i dati sono impotenti. Occorre l’intelligenza, l’ambizione, la volontà di dargli significato e finalità per accelerare la trasformazione delle aziende e rendere sempre più efficienti le pubbliche amministrazioni, e la nostra società più sicura e accessibile”.
Le quattro priorità per le imprese italiane
Alla luce delle criticità emerse dal report, Lenovo individua quattro priorità che le aziende italiane dovranno fare proprie per recuperare il proprio gap nel campo dei dati. Si parte dall’incoraggiare la collaborazione tra il team IT e il resto dell’azienda: “Un preciso allineamento delle diverse funzioni aziendali con il team IT – spiega – è essenziale per capitalizzare gli investimenti tecnologici e assicurarsi di ottenere il massimo beneficio dall’utilizzo dei dati”. Poi la necessità di assicurarsi che la piattaforma aziendale supporti la condivisione dei dati con i partner, perché “la capacità di integrare e condividere dati esterni crea grandi opportunità di innovazione, ma solo il 38% delle aziende italiane afferma di poter facilmente integrare dati esterni nei propri set di dati”.
Il terzo punto riguarda la creazione di processi e linee guida chiare ed efficaci per la protezione dei dati: infatti soltanto il 51% delle aziende italiane è sicuro che i propri dati siano protetti e il 57% dichiara di avere adottato linee guida e processi chiari per la protezione dei dati”. Infine la sfida del miglioramento dell’alfabetizzazione sui dati a tutti i livelli aziendali: “Molte aziende italiane sono in ritardo nel percorso di trasformazione digitale perché mancano le competenze e le capacità necessarie per abilitare strategie sui dati – conclude Lenovo – Le aziende possono perseguire un approccio data centered nell’intera organizzazione attraverso programmi di formazione sui dati estesi a tutto il personale”.