Una zona d’ombra si allarga sul nuovo regolamento comunitario in materia di data protection. Alcune dozzine tra gli emendamenti presentati dal Parlamento europeo alla normativa ricalcherebbero parola per parola stralci di documenti ufficiali elaborati da grandi web company statunitensi, quali eBay e Amazon. Autore della scoperta è un gruppo di attivisti capeggiati dal giovane avvocato austriaco Max Schrems. E subito amplificata dalla stampa internazionale la notizia ha già provocato un piccolo sisma in quel di Bruxelles. Perché i parlamentari europei chiamati in causa dell’affaire sarebbero diversi e variamente distribuiti su tutto lo spettro politico.
Schrems ne avrebbe confrontato gli emendamenti con alcuni “position papers” sulla normativa redatti dai dipartimenti di lobbying di alcune grandi aziende americane. Riscontrando “somiglianze impressionati“, o nella maggior parte dei casi dei veri e propri “plagi”. “E’ la legislazione del copia-incolla”, accusa sarcastico. Ma i nomi dei deputati coinvolti non vuole rivelarli. “Non è nostra intenzione bersagliare singoli parlamentari – spiega in comunicato stampa–, ma vogliamo dimostrare come anni di lobbying da parte dell’industria sortiscono questi effetti a danno dei diritti dei cittadini”.
Gli esempi di copia-incolla, buona parte dei quali riportati sul portale del gruppo (che si fa chiamare Europe v Facebook), comunque abbondano. Tra i più clamorosi quelli di un emendamento che prescrive di cancellare una norma specifica sul consenso obbligatorio nel trattamento dei dati usando le stesse identiche parole contenute in un documento ufficiale circolato da eBay e Amazon.
La denuncia di Schrems è “planata” ieri su Bruxelles proprio in concomitanza con un’intervista rilasciata da Viviane Reding al Financial Times e nella quale il Commissario Ue alla Giustizia ha detto che l’Ue si opporrà ad ogni tentativo da parte dei lobbysti Usa – che lavorano per le grandi aziende dell’hitech americano – di frenare o edulcorare la riforma sulla protezione dei dati personali attualmente in discussione al Parlamento europeo. Tempistica perfetta, insomma. La normativa sulla data protection, presentata dalla Reding circa un anno fa, estende una serie di caveat molto stringenti nei confronti anche di quelle aziende che operano all’interno del mercato Ue, pur essendo basate in paesi extra Ue. Cosa che appare sgradita a diversi giganti dell’hitech americani, compresi Google e Facebook.