La condivisione dei dati all’interno della PA può creare grandi vantaggi al settore pubblico in termini di engagement dei cittadini, di miglioramento della sostenibilità dei processi e di resilienza contro gli attacchi informatici. Ma per arrivare a questi risultati è necessario implementare 4 azioni chiave. E’ quanto emerge dal report “Connecting the dots: data sharing in the public sector”, realizzato dal Capgemini Research Institute.
Le quattro azioni chiave per il data sharing nella PA
Al primo posto tra le quattro azioni chiave individuate da Capgemini per consentire alla PA di mettere in campo una strategia efficace di data sharing c’è la necessità di individuare i casi d’uso, le fonti di dati e i partecipanti necessari per un ecosistema. Il secondo pilastro della strategia dovrà poi essere quello di sviluppare l’infrastruttura per l’interoperabilità dei dati e la collaborazione. Il punto numero tre della roadmap è di creare un clima di fiducia nell’intero spettro delle pratiche di condivisione dei dati, dalla governance e dagli assetti organizzativi fino alla tecnologia. Infine, il quarto punto consiglia di sviluppare competenze e capacità per una cultura orientata ai dati.
Le principali evidenze della ricerca
Uno dei trend più rilevanti che emergono dallo studio è che in Italia soltanto il 27% delle organizzazioni pubbliche, contro l’80% della media globale, ha avviato iniziative di collaborazione sugli ecosistemi di dati. Inoltre il 73% ha appena iniziato il percorso di implementazione del data sharing, e soltanto una minima parte di queste le ha già portate su scala. I principali ostacoli verso la condivisione dei dati nella Pa, secondo la ricerca, oltre a quelle tecnologiche, sono relative a fattori umani, in particolare cultura e fiducia. Infine l’81% delle organizzazioni del settore pubblico che ha implementato o sta implementando ecosistemi di dati afferma di aver assistito a un miglioramento dell’engagement dei cittadini, mentre il 69% registra progressi nelle proprie iniziative di sostenibilità e il 74% dichiara inoltre una maggiore resilienza contro gli attacchi informatici.
Le principali sfide
Il report rileva che gli ecosistemi di dati collaborativi stanno supportando le organizzazioni del settore pubblico in aree operative chiave come amministrazione, sicurezza e difesa, tasse e tributi e welfare. Ad esempio, l’81% delle amministrazioni locali, regionali e centrali che hanno implementato o stanno implementando tali ecosistemi afferma di aver assistito a un miglioramento dell’engagement dei cittadini, mentre il 69% registra progressi nelle proprie iniziative di sostenibilità e il 93% evidenzia un incremento in termini di open government.
Il miglioramento della qualità dei servizi
Se l’amministrazione adotta sistemi per la condivisione del dati all’interno della PA, secondo lo studio Capgemini, i cittadini possono inoltre beneficiare di servizi pubblici di migliore qualità, ad esempio un’erogazione più mirata dei programmi di welfare per le fasce più vulnerabili e una maggiore sicurezza pubblica, dal momento che le forze dell’ordine affermano che l’applicazione delle leggi diventa più efficace e i tempi di risposta più rapidi. Il 74% delle organizzazioni del settore pubblico che stanno implementando gli ecosistemi di dati o lo hanno già fatto dichiara inoltre una maggiore resilienza contro gli attacchi informatici.
L’importanza di dare una risposta congiunta
“Che si tratti di pandemia, di problemi sociali come la disoccupazione giovanile o di crisi climatica e della biodiversità, le sfide che dobbiamo affrontare oggi richiedono una risposta congiunta da parte delle amministrazioni. Ecco perché è essenziale che ci sia una regolare condivisione dei dati – spiega Domenico Leone, Public sector director di Capgemini in Italia – Creare una cultura in cui il processo decisionale sia basato sui dati in tempo reale è un percorso a lungo termine e tutti i player dell’ecosistema devono dimostrare fiducia e sicurezza. Al contempo, i benefici misurabili in termini di esperienza dei cittadini ed efficienza delle pratiche governative dimostrano che la condivisione dei dati è la strada da intraprendere”.
Le barriere
Il 56% delle organizzazioni del campione affronta problemi legati alla fiducia, come la reticenza dei cittadini a condividere le informazioni oppure dubbi relativi alla qualità dei dati coinvolti. Lo studio inoltre evidenzia il ruolo cruciale delle risorse umane: per le organizzazioni del settore pubblico è infatti indispensabile disporre del giusto set di competenze e di una cultura data-driven, oltre a sviluppare programmi di training olistici che permettano ai dipendenti di acquisire le competenze necessarie in termini di data management, intelligenza artificiale e gestione della privacy. Solamente il 55% delle organizzazioni afferma di aver offerto al proprio personale percorsi di training per un uso etico dei dati dei cittadini.
Fiducia e tutela della privacy
Secondo al ricerca l’integrazione di privacy e sicurezza fin dalla fase di progettazione è determinante per il successo degli ecosistemi di dati collaborativi, in modo da garantire alle organizzazioni un equilibrio tra i vantaggi della condivisione dei dati e la necessità di salvaguardare i dati sensibili dei cittadini. A tal fine è necessario disporre di solide strutture di governance e di architetture data mesh, oltre a utilizzare tecnologie Pet finalizzate a garantire la tutela della privacy come privacy differenziale, federated learning e homomorphic encryption.