Dopo Confindustria Digitale tocca ad Asstel scendere in campo contro il ddl Quintarelli. “Siamo decisamente contrari al varo di una legge nazionale in materia di net neutrality, in quanto il tema è già ben disciplinato da un regolamento europeo che, completato dal BEREC nell’agosto 2016, ha dimostrato di poter assicurare, sotto la vigilanza delle diverse Autorità nazionali di regolamentazione delle Tlc, un quadro normativo chiaro e coerente per tutti gli Operatori di Telecomunicazione in Ue, stabilendo medesime condizioni concorrenziali e d’investimento. Un’eventuale legge specifica italiana sarebbe non solo fonte di forte incertezza normativa, ma costituendo delle barriere per il mercato nazionale ne peggiorerebbe l’attrattività verso i capitali esteri, con il rischio di penalizzare gli investimenti infrastrutturali nelle nuove reti su cui oggi il Paese punta per rilanciare la crescita”. Non usa mezze misure Dina Ravera, presidente di Assotelecomunicazioni-Asstel, nell’esprimere la forte preoccupazione della filiera delle Tlc a fronte della calendarizzazione al Senato per questa settimana, del ddl 2484 sulla neutralità delle reti e piattaforme, noto come ddl Quintarelli.
Il provvedimento si basa sul concetto di neutralità della rete. In altre parole, si vorrebbe impedire ai provider di far sì che alcuni contenuti siano più indicizzati di altri, in quanto più facili da reperire. Chi si oppone alla nuova legge afferma che il nostro ordinamento ha già recepito un regolamento europeo proprio su questo punto, quindi non vi sarebbe necessità di un’altra normativa. Quintarelli, invece, sostiene che la sua proposta sarebbe complementare e integrativa rispetto al regolamento europeo, introducendo un intero apparato sanzionatorio per evitare gli abusi che mancherebbero nel testo comunitario.
Per Ravera sorprende “questo voler insistere da parte del Parlamento italiano nel produrre una norma che creerebbe solo problemi di sovrapposizione e compatibilità con quella comunitaria, secondo una logica di differenziazione del contesto nazionale, in pieno contrasto con la costruzione del Mercato unico delle telecomunicazioni”.
“Non si ravvisa alcun motivo – conclude la presidente di Asstel – per mettere in discussione un corpus normativo comunitario capace di bilanciare diverse esigenze e che per questo costituisce il paradigma di riferimento per le condotte di tutti gli attori del digitale in Ue”.