Google e le multinazionali del web dovranno pagare le imposte in Italia per le attività riferibili al nostro Paese in percentuale ai ricavi. Lo prevede un emendamento del Pd alla delega fiscale, approvato in commissione Finanze della Camera. L’emendamento presentato dal gruppo del Pd delega il governo a emanare, nei decreti legislativi di attuazione, delle norme che prevedano ”l’introduzione, in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con le eventuali decisioni in sede europea, tenendo conto anche delle esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle attività transnazionali, ivi comprese quelle connesse alla raccolta pubblicitaria, basati su adeguati sistemi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale”. Si tratta di quello che in gergo tecnico si chiama ”aportionment”, che consiste che far pagare alle multinazionali con sede fiscale all’estero, le tasse in Italia per la parte di ricavi che si stima sia stata prodotta nel nostro Paese.
Intanto è caccia grossa agli “Over the tax” in Italia, dove l’Agenzia delle Entrate sta passando al setaccio i conti degli Over the top (Ott) e delle altre multinazionali americane che al Fisco italiano nel 2012 hanno pagato microtasse di appena 6 milioni di euro. Lo scrive oggi Massimo Sideri sul Corriere della Sera, aggiugnendo che in questi giorni gli ispettori di Attilio Befera (nella foto) stanno controllando le associazioni che riuniscono la Corporate Usa in Italia, per capire se nel biennio 2010-2011 sono ravvissabili indizi di una “stabilizzazione” di questi uffici nel nostro paese, a partire dagli Ott come Google, Amazon, Facebook, Twitter and co, ma non solo.
L’obiettivo del Fisco, condiviso anche dai grandi paesi europei al G20 di San Pietroburgo di inizio settembre e annunciato dal premier Enrico Letta già a maggio, è smontare la tesi usata dalle aziende Usa, secondo cui le strutture che hanno nei diversi paesi europei, fra cui l’Italia, servono soltanto come appoggio e non sono uffici di vendita. Ed è grazie a questo assunto che poi le vendite concluse ad esempio in Italia vengono contabilizzate in altri paesi, primo fra tutti l’Irlanda e i paradisi fiscali, dove il regime fiscale è molto più propizio per gli Ott. Un metodo, battezzato “Double Irish”, che lascia al Fisco dei paesi come l’Italia soltanto le briciole. Un sistema legale, che fra le maglie larghe della normativa europea sulla tassazione, consente agli Ott e alle multinazionali Usa di trincerarsi dietro al termine di ottimizzazione fiscale.
Basta leggere i conti degli Ott, riportati dal Corriere della Sera, per rendersi conto dell’entità delle somme in gioco. Nel 2012 Amazon, che in Italia opera con due società, ha pagato 717.320 euro con Italia Logistica (203 dipendenti) e 332.180 euro con la Corporate Service. Google ha pagato zero tasse (anzi ha 5.454 euro di credito d’imposta) con la Technology Infrastructure e 1,8 milioni con Google Italy (144 persone). Ma secondo il consensus il mercato pubblicitario italiano di Google è di 700 milioni. Facebook, per il quale si stima una raccolta pubblicitaria di 35-40 milioni, ha dichiarato un giro d’affari di 131.037 euro con la Italy srl. Apple nel 2012 ha pagato 648mila euro con Apple Retail Italia (con un credito d’imposta di 3,177 milioni) e 5,529 milioni con Apple Italia.
Microsoft Italia ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2012 con un giro d’affari di 230,84 milioni, un utile di 11,7 milioni e ha pagato tasse per 16,35 milioni.