Il periodo dell’emergenza Covid-19 ha dato una spinta decisa alla diffusione del digitale su scala nazionale e internazionale. E ora che si sta tornando alla normalità sarà importante che quella spinta non si affievolisca, ma anzi che si riescano a indirizzare gli sforzi delle aziende in modo più razionale, per consentire loro di raccogliere il massimo dei vantaggi dalla digital transformation che hanno avviato. Per riuscirci sarà importante che le aziende si trasformino, fisicamente e culturalmente, in realtà “data driven”, in grado cioè di trarre dai dati che raccolgono tutte le indicazioni che servono per essere sempre più competitive sul mercato. E’ questo il quadro che emerge dall’analisi di Filippo Ligresti, vice president e general manager di Dell Technologies Italia, in concomitanza con l’inizio del Dell Technologies Forum. Al centro del ragionamento, passata la fase dell’emergenza e della necessità per le aziende di acquisire velocemente tutti gli strumenti per consentire lo smart working, dai laptop ai notebook ai software, lo scenario da qui in avanti sarà caratterizzato dalla centralità dei dati, a partire dalle piccole e medie imprese, che rappresentano l’asse portante dell’economia italiana.
“Tutti ormai sono consapevoli dell’importanza dei dati, perché alcuni grandi player del web, che fanno del dato un patrimonio fondamentale, hanno dimostrato che estrarre informazioni non ovvie dai dati mette le aziende nelle condizioni di avere un vantaggio competitivi. Oggi però in questo campo siamo di fronte a tre paradossi. Il primo è che spesso le aziende credono di essere pronte a questa trasformazione, ma poi nella realtà si scontrano con la difficoltà di inserire la cultura data-driven nella catena di funzionamento interna. Il secondo è che – malgrado già oggi molte aziende siano già in possesso di una quantità di dati superiore a quella che siano in grado di analizzare – stanno comunque cercando di raccoglierne ancora di più, e questo innesca un circolo vizioso. Arriviamo così al terzo paradosso: si parla tanto di cloud e di infrastrutture tecnologiche flessibili e adattabili as-a-service, ma solo un numero limitato di aziende riesce a compiere i passi necessari per sfruttare l’opportunità. In questo quadro è importante sottolineare che l’Italia si comporta in modo simile ai Paesi del resto d’Europa, abbiamo recuperato lo svantaggio e ora siamo allineati alla media”.
La cybersecurity da “Cenerentola” a priorità
In questo panorama un capitolo a parte lo merita la cybersecurity, che – dopo anni in cui non era considerata una priorità – con la pandemia e la diffusione massiccia dello smart working ha acquisito un ruolo di primo piano anche per le piccole e medie imprese italiane: “E’ aumentata la consapevolezza di quanto sia importante mantenere in sicurezza dati, infrastrutture e sistemi – spiega Ligresti – Lavoriamo con grande attenzione e determinazione per aiutare a rendere le infrastrutture dei clienti più sicure e per mitigare i rischi, garantendo in caso di attacco di poter ripristinare infrastrutture, applicazioni e servizi nel più breve tempo possibile”.
“Il concetto base è che il digitale impatta tutti i processi con una forza senza precedenti, e bisogna adeguarsi – spiega Ligresti – Ci stiamo rendendo conto che lo scenario è ancora quello di un futuro non perfettamente definito, per affrontare il quale è fondamentale riuscire a mantenersi flessibili, contando su infrastrutture che abbiamo la giusta potenza. La logica del cloud è il tassello abilitante, lo hanno capito tutti: il cloud per noi è il punto di partenza su cui sviluppiamo tutte le nostre tecnologie, mentre emerge che i clienti hanno prevalentemente bisogno di infrastrutture ibride, in parte private con risorse proprie e in parte disponibili sul mercato pubblico. Inoltre le imprese hanno capito che il lavoro non è più legato a un luogo fisico è che i dati – come dicevamo – sono fondamentali per la competitività. Il settore su cui si sta facendo la differenza in questo momento è probabilmente la sicurezza – sottolinea – che ha una declinazione specifica per tutti i punti che abbiamo toccato finora: se fino a pochi mesi fa l’atteggiamento prevalente era quello di chi riconosceva il problema ma non se ne sentiva toccato direttamente, ora stiamo assistendo a un cambiamento: negli ultimi mesi è emerso con chiarezza quanto sia un tema critico, e non una Cenerentola. E infine aggiungerei il fatto che – se pure ci sia ancora una certa prudenza a fare investimenti – la sensibilità verso il digitale in questo momento è alta, nonostante tutte le incognite legate ai temi geopolitici e al loro riflesso sulla supply chain e scarsezza di materie prime, o alle possibili conseguenze di eventuali nuove ondate pandemiche”.
I numeri e le prospettive di Dell Technologies
Il periodo della pandemia è stato per Dell Technologies un momento di crescita a ritmi sostenuti, proprio come conseguenza della corsa al digitale e allo smart working delle aziende su scala globale, come testimoniano i dati sulle vendite di laptop e Pc portatili. “Non siamo ancora nella nuova normalità, ma iniziamo a entrarci – afferma Ligresti – In Dell abbiamo riaperto i nostri uffici la settimana scorsa. Gli ultimi sono stati 18 mesi caratterizzati da una grande accelerazione della trasformazione digitale e dall’aumento significativo dell’uso del digitale in tutti i settori. Siamo all’alba della più grande trasformazione economica della nostra storia, che porterà tutti i business a essere caratterizzati da forti fondamenta digitali, con una incredibile quantità di dati che avranno bisogno di metodologie di analisi sempre più sofisticati e un ruolo centrale che sarà giocato da machine learning e intelligenza artificiale. Oggi il digitale è al centro di ragionamenti, investimenti e prospettive anche nelle Pmi. L’altra eredità della pandemia – continua Ligresti – sono i grandi investimenti in arrivo in ambito infrastrutturale: il Pnrr porterà altre risorse importanti, e anche queste sono tendenzialmente allacciate con il digitale, che è una delle missioni del piano: il digitale diventerà l’infrastruttura portante della società moderna”.
Il new normal: è il momento della progettualità
Per Dell Technologies, dicevamo, queste nuove prospettive hanno aperto la strada a opportunità di crescita senza precedenti, come spiega lo stesso Ligresti: “Bisogna distinguere tra l’emergenza in cui ci siamo trovati in passato e la situazione attuale – sottolinea – Nella fase dell’emergenza è emersa la richiesta di strumenti, a partire dai notebook, con volumi senza precedenti. Quanto ci ha consentito di chiudere il migliore anno della nostra storia in termini di risultati finanziari, con un aumento di volumi senza precedenti, in doppia cifra anno su anno. Quest’anno invece cambia la prospettiva: molte emergenze sono state già indirizzate, non c’è più la ricerca di strumenti a qualsiasi prezzo, non ci sono più le stesse disponibilità di budget. Su quest’anno il risultato sarà caratterizzato da un grande bilanciamento. Ora, usciti dall’emergenza, è il momento della progettualità, disegnando i luoghi di lavoro del futuro, in cui ci troveremo di fronte a team che non sono tutti nello stesso luogo né tutti in remoto, aiutando i nostri clienti a collezionare, custodire, metter in sicurezza ed elaborare una massa di dati sempre più grande che diventa un patrimonio aziendale, utile per decidere sullo sviluppo di nuovi prodotti e trasformare le offerte incontrando le esigenze di clienti e scenari in rapido e continuo cambiamento”.
Lo studio Forrester: siamo nell’era del “Data paradox”
A supporto dell’analisi di Filippo Ligresti ci sono i risultati di uno studio globale di Forrester Research presentato in occasione del Dell Technology Forum: secondo cui il 73% delle imprese italiane ha visto una crescita dei dati generati internamente, mentre oltre il 60% dichiara di averne raccolti di più rispetto al passato. La ricerca commissionata da Dell, che analizzato le risposte dei decision-maker in 45 paesi del mondo, riporta come in Italia oltre il 70% delle aziende abbia difficoltà a raccogliere, analizzare e prendere decisioni basate sui dati, anche a causa della mancanza di competenze interne.