Che la questione sia finita in polemica era prevedibile, ai limiti dell’ovvio. La decisione del ministro Luigi Di Maio di non “cedere” la delega alle Comunicazioni è arrivata inaspettata, una doccia fredda. Non tanto per l’alleato Matteo Salvini quanto per il convitato di pietra, Silvio Berlusconi. “Una cosa gli avevo chiesto..”: così titola a tutta pagina il Corriere della Sera riferendo i malumori del Cavaliere nei confronti dell’alleato leghista. “Gli avevo chiesto solo una cosa… Adesso quello se potrà ci farà chiudere le televisioni”, si legga ancora sulle colonne del quotidiano di via Solferino.
Di ufficiale in realtà non c’è mai stato nulla, ma i patti si sa, quasi mai si traducono in “contratti”. E che ci fosse un patto fra Berlusconi e Salvini è cosa stranota, altrimenti il Cavaliere non avrebbe mai ceduto sul fronte della formazione del governo giallo-verde. E in quel patto non potevano che esserci le Comunicazioni, alias il destino di Mediaset. La delega, per la logica delle “poltrone da spartire” avrebbe dovuto essere di matrice salviniana e quindi di centro-destra. Ma così non è andata. Di Maio ci ha ripensato e ha deciso non solo di non delegare a un salviniano, ma di non delegare affatto.
Le voci che circolano riguardo all’inversione di rotta sono parecchie. Si dice che in cambio del silenzio-assenso sul caso Aquarius, i 5 Stelle abbiano ri-avocato la “competenza” sulle Comunicazioni. Ma si dice, ancor di più, che Di Maio non voglia correre rischi mediatici ossia levate di scudi e inneggiamenti all’inciucio in un momento delicatissimo considerata da un lato la deludente tornata elettorale appena conclusasi in numerosi comuni e dall’altro la forte ascesa, più che mediatica, del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Si dice ancora che Di Maio voglia rivedere il dossier delle nomine ossia delle “spartizioni” ai vertici di Cdp e soprattutto della Rai, che pur rientra sotto il cappello delle Comunicazioni. E poi ci sono Enel, Eni, Fincantieri, Poste, Leonardo, Enav, Mps, Terna, Snam, Italgas. Insomma un ricco e variegato pacchetto in cui spicca l’intera partita 5G che coinvolge trasversalmente il mondo dell’emittenza televisiva (e dunque anche Mediaset), delle Tlc, dell’industria degli apparati. E c’è chi ipotizza, altra campana fra le più accreditate, che in realtà sia solo questione di tempo. Ossia che una volta sciolto il nodo Rai, il ministro dello Sviluppo e del Lavoro mollerà i dossier restanti e quelli prossimi venturi nelle mani di qualcun altro. Ma, appunto, solo al momento opportuno.
Non c’è dunque niente ancora di scontato. Matteo Salvini appena arrivato a Palazzo Chigi per la cerimonia del giuramento dei sottosegretari e incalzato dai giornalisti sulla questione ha detto che oggi sentirà Berlusconi. “Non solo sulla delega alle telecomunicazioni ma sul pacchetto completo”, ha puntualizzato. L’ex presidente del Consiglio per il momento ha preferito tacere, quantomeno in via ufficiale, ma ci ha pensato la deputata di Forza Italia Federica Zanella, già presidente Corecom Lombardia a lanciare il j’accuse: “Da molti anni mi occupo di Telecomunicazioni e non ho mai visto Luigi Di Maio seduto ad alcun tavolo inerente la materia. Prendiamo atto del fatto che tiene la delicatissima delega alle Tlc, oltre a presiedere un super ministero che accorpa lavoro e sviluppo economico. Tralasciando la considerazione sufficientemente scontata su un curriculum che non sembra adeguatissimo a tali ruoli, mi domando se il vicepremier Di Maio creda di giocare a risiko con la conquista di posizioni come dei territori del gioco con i suoi carrarmatini gialli o si renda conto dell’importanza delle tematiche di cui dovrà occuparsi. Per quanto concerne le Tlc sul tavolo ci sono dossier fondamentali da affrontare, che rappresentano un “asset” molto significativo per il nostro sistema Paese”.