SENTIERI DEL VIDEO

Diario di un pendolare (quasi coolhunter hi-tech)

Treno, metro e bus: ottime torri di avvistamento per osservazioni etno-digitali. Ecco come si ritualizza l’incrocio tra smartphone e tablet con le dita e i chilometri dei viaggiatori

Pubblicato il 15 Ott 2012

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Passando buona parte del mio tempo sui mezzi pubblici posso effettuare, del tutto gratuitamente, delle analisi etnografiche sui comportamenti dei miei compagni di viaggio. Se qualche azienda fosse disposta ad assumermi come “coolhunter”, un segnalatore di tendenze urbane (anzi, interurbane), si faccia viva.

Intanto, sono spariti i giornali gratuiti che prima si ammucchiavano sui sedili e sul pavimento di autobus e treni. Ci sono ancora, nelle stazioni della metro, alcuni (pochi) addetti alla distribuzione gratuita ma il feeling dei clienti è diminuito. Resistono i periodici specializzati: ad esempio di annunci immobiliari. I giornali a pagamento sono ancora acquistati, ma è una abitudine limitata ad alcuni affezionati, di età elevata e condizione (sedicente) benestante. Cosa fanno tutti gli altri? Chi può, soprattutto in treno, dorme, recuperando le ore di sonno mancanti. Gli altri sono occupati dai loro aggeggi elettronici, i personal devices. Alcuni sono dediti alla propria colonna sonora personale attraverso iPod e similari (con auricolari), con la sparizione quasi totale dei lettori Mp3. In più del 50% dei casi il lettore audio è contenuto nei cellulari. I computer sono in grande aumento: notebook e una percentuale stabile di netbook che gradualmente cede ai tablet. Nei tablet la percentuale di iPad è schiacciante: qualche Samsung e tutto il resto non esiste. La fruizione dei video è limitata ai treni a lunga percorrenza; quasi sempre da computer o tablet, mentre gli appositi lettori di dvd si vedono sempre meno, e le playstation portatili sono riservate ai ragazzini. Sui percorsi brevi si lavora, si scorre la posta, la chiavetta per connettersi a Internet è molto diffusa. I cellulari ce li hanno tutti, questo si sa, alcuni ne hanno due mentre solo le cameriere dell’Est ne hanno tre, di cui uno per parlare col paese natio. Resiste una percentuale di maleducati, o di esibizionisti, che parlano a voce altissima nel cellulare. Molti emigrati parlano a voce alta in lingue che nessuno capisce, come se la loro privacy fosse protetta dall’incomprensione della lingua. Diversamente da paesi più civili, chi esorta a moderare il tono rischia una coltellata.

La percentuale di smartphone sul totale dei cellulari è in costante aumento. Motorola e Nokia sono in diminuzione, Samsung e Apple si dividono il mercato, c’è qualche smartphone cinese e tutto il resto non esiste. Diversamente dal mercato dei tablet, Apple qui non è riuscita a connotarsi come propria di una élite culturale: si vedono in giro persone che si autonominano membri di questa élite, magari con tablet o computer Apple, che hanno un telefono Samsung. Per il possessore di smartphone la chiamata vocale è solo una componente minoritaria di un continuo smanettamento.

Ecco, ancora due fermate e siamo arrivati. Il treno, con tutti i posti occupati e molti in piedi, sembra una fabbrica ottocentesca in cui tutti gli operai sono curvi sul loro banco di lavoro. Tutti fanno qualcosa, nessuno guarda fuori dai vetri (sporchissimi) il paesaggio ben noto. L’orario di lavoro comprende ormai ogni istante della vita attiva, nessuno fa una sola cosa alla volta.

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