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Difesa, se l’hi-tech è fuori controllo

Le armi “innovative” stanno trasformando la democrazia Usa e il dibattito su questo tema presagisce una mutazione. E nessuno può dire quanto possa diventare incontrollabile

Pubblicato il 16 Ott 2012

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Anni fa osservai che la disponibilità di hi-tech militare non modificava solo le regole della guerra; ancora prima incideva sulla politica della guerra. Gli sviluppi sono andati oltre ogni immaginazione. Le piattaforme unmanned, in particolare quelle aeree, tolgono alla guerra l’attrito di clausewitziana memoria, spogliando l’esecuzione militare d’ogni rischio e di qual si voglia incertezza: individuato l’obiettivo, si colpisce da migliaia di chilometri senza alcuna remora, certi che l’operazione, quantunque ripetuta migliaia di volte, non ha (apparentemente) conseguenze sulla macchina del consenso.

Inutile entrare nelle aritmetiche delle vittime civili; delle donne, dei vecchi e dei bambini uccisi dalle operazioni dei drone. Anche se solo un innocente avesse perduto la vita, gli agguati dal cielo con armi sofisticatissime non hanno levatura morale più degna del colpo di lupara al riparo d’un muro a secco. Quand’anche tutti i morti fossero tutti nemici – di chi poi? – gli agguati dal cielo sono una depravazione ulteriore della guerra, assimilando l’oligarchia dotata di implacabili hi-tech alla setta degli Hashishin.

Questo progresso che ci precipita nel passato renderebbe persino grottesche, se non fossero tanto tragiche, le condoglianze di Anders Fogh Rasmussen, Nato Secretary-General, alla Turchia per una modesta salva di mortai dell’esercito siriano, con cinque vittime civili. Non importa se il premio Nobel per la pace Barak Obama vincerà le prossime presidenziali. Queste armi stanno trasformando la democrazia Usa e il dibattito su questo tema presagisce una mutazione; nessuno può dire quanto incontrollabile essa possa diventare.

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