Il Consiglio Competitività dell’Ue ha approvato il mandato negoziale sul Digital markets Act (Dma) dopo aver dato il via libera sulle due proposte di regolamento approvate dalla Commissione europea alla fine dello scorso anno.
Nei giorni scorsi la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento dell’Ue ha adottato la sua posizione sulla proposta del Digital markets act che stabilisce quali aziende ricadono nella categoria di gatekeeper (le imprese che forniscono servizi di piattaforma di base) e quali comportamenti saranno accettabili da parte delle Big tech e quali invece saranno ritenuti sleali e passibili di sanzione.
Il mandato negoziale approvato ora dal Consiglio Ue resta sulla stessa linea guida: obblighi per i gatekeeper, ovvero le grandi piattaforme online attive nel mercato Ue, e maggiori poteri agli Stati membri e alle competenti autorità nazionali.
La Commissione europea gestirà un meccanismo di monitoraggio, che obbliga i gatekeeper a inviare a Bruxelles, dopo sei mesi dalla loro designazione, un rapporto dettagliato sulle misure messe in atto per soddisfare gli obblighi previsti dal regolamento. La relazione dovrà essere aggiornata ogni anno. Insieme alla relazione dettagliata i gatekeeper dovreanno inviare anche una versione sintetica, che sarà resa pubblica dalla Commissione.
Le sanzioni che la Commissione potrà imporre ai gatekeeper che non rispettano gli obblighi del regolamento non dovranno essere superiori al 10% del loro fatturato totale “mondiale” nell’esercizio finanziario precedente.
Il Consiglio Ue ha anche indicato alcune richieste di modifica che ora dovranno essere negoziate con il Parlamento europeo.
La definizione di gatekeeper
Il cuore della regulation resta il contenimento del potere di mercato dei gatekeeper e, quindi, la definizione dei parametri che rendono una piattaforma tale. Il Consiglio Ue ha modificato la soglia dei ricavi nell’Area economica europea a 6,5 miliardi di euro l’anno per gli ultimi tre anni, anziché 6,5 miliardi negli ultimi tre anni, come previsto dalla proposta iniziale della Commissione.
Resta l’altra possibilità, già contenuta nella proposta della Commissione, che prende in considerazione la capitalizzazione media di mercato o il valore di mercato equivalente pari ad almeno 65 miliardi nell’ultimo anno finanziario.
La soddisfazione di uno dei due requisiti fa ricadere una piattaforma online che offre un servizio di base nella definizione e quindi negli obblighi del gatekeeper.
Gli obblighi dei gatekeeper
I gatekeeper dovranno evitare di rendere difficile o complicato l’annullamento di un servizio da parte degli utenti finali. I gatekeeper dovranno inoltre giustificare le misure adottate per garantire che il software di applicazioni terze non metta in pericolo l’integrità dell’hardware o del sistema operativo madre. Specifica simile è stata inserita nella parte contenente l’obbligo per i gatekeeper di garantire l’interoperabilità con i servizi accessori forniti da soggetti terzi.
I gatekeeper inoltre dovranno fornire agli inserzionisti e agli editori che lo richiedono non solo l’accesso agli strumenti di misurazione delle prestazioni dei servizi forniti dal gatekeeper, ma anche l’accesso ai dati aggregati. I gatekeeper devono anche consentire di modificare l’impostazione predefinita dei loro sistemi operativi che indirizzano gli utenti finali a prodotti o servizi offerti dai gatekeeper stessi.
Negli obblighi riguardanti i servizi ancillari, un’altra modifica stabilisce che i gatekeeper non debbano peggiorare le condizioni o la qualità dell’accesso e dell’interoperabilità forniti agli utenti commerciali o alle imprese fornendo loro servizi accessori.
Inoltre, i gatekeeper non devono in alcun modo segmentare, dividere, suddividere, frammentare i suoi servizi attraverso accordi contrattuali, commerciali, tecnici o ogni altro mezzo, per eludere le soglie quantitative” che definiscono una piattaforma online come gatekeeper (articolo 11 del regolamento sulle misure anti-elusione).
La Commissione europea può esentare un gatekeeper da questi obblighi ma dovrà rivedere la sua eventuale decisione di ogni due anni. La Commissione aveva previsto possibili esenzioni per motivi di interesse pubblico. Il Consiglio Ue ha eliminato il riferimento alla “pubblica morale” tra i motivi che potrebbero spingere la Commissione europea a esentare un gatekeeper dal rispetto di un obbligo; restano, invece, la sanità pubblica o la pubblica sicurezza.
Il dialogo tra gatekeeper e Commissione e i poteri di Bruxelles
I gatekeeper potranno chiedere alla Commissione europea di avviare un dialogo per determinare se le misure che intendono attuare o hanno attuato per garantire il rispetto degli obblighi previsti dal Digital markets act siano efficaci. La Commissione, da parte sua, potrà decidere di invitare terze parti interessate a presentare proprie osservazioni in merito alle misure che il gatekeeper deve implementare.
Il Consiglio dell’Ue indica che le piattaforme online dovranno avere modo di presentare osservazioni entro un termine ragionevole per dimostrare di non rientrare tra le imprese che possono essere designate dalla Commissione europea come gatekeeper. La Commissione Ue dovrà avere il potere di adottare linee guida su qualsiasi aspetto del Digital markets act con lo scopo di agevolare la sua effettiva attuazione e applicazione.
Inoltre, la Commissione potrà condurre un’indagine di mercato allo scopo di esaminare se un gatekeeper si è impegnato in una non conformità sistematica. Una indagine di mercato sui gatekeeper potrà essere aperta dalla Commissione anche su richiesta di almeno tre Stati membri. La Commissione avrà quattro mesi di tempo per decidere se la richiesta è fondata o meno.
Le penalità periodiche
Per i gatekeeper non compliant la Commissione potrà aprire procedure di infrazione; il Consiglio ha allungato da tre a cinque anni il periodo entro il quale Bruxelles, dal periodo dell’infrazione, potrà comminare una delle sanzioni pecuniarie previste dal regolamento. Oltre alla sanzione del 10% massimo del fatturato mondiale, è prevista anche la possibilità che la Commissione imponga penalità periodiche. Non dovranno essere superiori al 5% del fatturato è prevista per il gatekeeper che non rispetta l’obbligo di notifica.
Dsa: social, marketplace e motori di ricerca devono essere più “responsabili”
Il Consiglio Ue Competività ha adottato anche il mandato negoziale sul Digital services act (Dsa). La commissione sul mercato interno (Imco) del Parlamento europeo è ancora al lavoro sugli emendamenti di compromesso e il mandato negoziale dell’Europarlamento non è ancora pronto; solo dopo potranno iniziare i negoziati interistituzionali (trilogo).
Ma intanto il Consiglio Ue fa sapere che con la nuova versione proposta del Dsa si rafforzano gli strumenti per rendere responsabili le aziende online che forniscono servizi nell’Ue da qualunque parte del mondo. La proposta segue il principio secondo cui ciò che è illegale offline deve esserlo anche online. La legge riguarda i fornitori di servizi di intermediazione, come i social media e i marketplace online e anche, ha specificato il Consiglio, i motori di ricerca.
Il testo del Consiglio aumenta inoltre le tutele per i minori online, aggiunge obblighi per i marketplace online e i motori di ricerca e regole più severe per le grandi piattaforme (Vlop, very large online platforms). I grandi motori di ricerca e le piattaforme Vlop dovranno stabilire una serie di misure per la compliance.
Tutti i servizi di hosting, e non solo le piattaforme online, avranno l’obbligo di informare le autorità se sospettano gravi attività illecite.