“La tecnologia è diventata una parte importante della vita delle persone e siamo d’accordo con l’obiettivo della Commissione Europea di lavorare insieme a un internet più responsabile e innovativo”: Matt Brittin, Presidente Emea di Google fa il punto con CorCom sulle novità che si profilano nell’ambito del Digital Services Act e in particolare su rischi e opportunità legati al nuovo “pacchetto” di misure europee. “Siamo felici di poter collaborare con la Commissione alla costruzione di nuove regole sulla condotta e sulla responsabilità online, in un’ottica di supporto e promozione dell’innovazione e della creatività. Allo stesso tempo, è importante tenere ben presenti i bisogni reali delle persone”.
A tal proposito secondo una recente ricerca commissionata per conoscere meglio l’opinione dei consumatori europei, “le persone affermano di ottenere vantaggi significativi da Google e sono soddisfatte dalla possibilità di scelta dei servizi digitali”, puntualizza Brittin evidenziando che “l’80% degli italiani che va su internet vede Google portare vantaggi sostanziali alla propria vita, sia professionale sia personale, mentre il 70% concorda sul fatto che abbiamo un impatto positivo per l’economia del Paese. Il 70% degli intervistati afferma inoltre di poter facilmente abbandonare le impostazioni predefinite quando non è soddisfatto, e il 50-80% – a seconda delle diverse tipologie di servizi – trova facile accedere all’offerta di terze parti rispetto alle informazioni del motore di ricerca iniziale”.
Brittin, il Digital Services Act non sarà una passeggiata per le web company come Google, almeno stando alle notizie e alle iniziative a livello di Commissione e Parlamento Ue in vista della deadline di dicembre. Si chiede una stretta severa sui contenuti e sulla pubblicità mirata. Cosa pensa del dibattito in corso?
Dall’inizio della pandemia c’è stato un aumento complessivo del 60% nell’utilizzo di internet, e in cinque mesi abbiamo assistito a un balzo in avanti di cinque anni nel modo in cui le persone vanno online. I cittadini chiedono di poter fare di più con la tecnologia, e non di meno: per questo vogliamo che venga messa in atto una regolamentazione che apra maggiori possibilità alle persone e alle imprese. Per quanto riguarda contenuti e pubblicità, nel corso degli anni abbiamo lavorato a stretto contatto con le autorità indipendenti di regolamentazione per rispondere alle domande sulle nostre attività, e continuiamo a farlo. È fondamentale che le nuove regole siano pensate e strutturate in modo adeguato: il nostro riferimento è la Direttiva Ecommerce e incoraggiamo la politica europea a introdurre regole più chiare per la notifica di contenuti illegali, proteggendo nel contempo i diritti fondamentali di espressione e di accesso all’informazione.
Google ha già manifestato parecchie perplessità riguardo alle nuove regole evidenziando che le misure potrebbero provocare un effetto boomerang in termini di innovazione digitale e dello sviluppo di nuovi servizi. Quali sono gli aspetti che considerate maggiormente critici?
La legislazione non è ancora stata resa pubblica, quindi aspettiamo di vedere la versione finale, ma quando parliamo con i policy maker cerchiamo di sottolineare l’importanza dei dettagli. Sono responsabile per l’attività di Google in Emea e per quello che posso vedere il Dsa potrebbe avere un impatto negativo molto concreto sul benessere di decine di migliaia di aziende e decine di milioni di europei. Le nuove regole potrebbero impedire a Google e a un certo numero di altre società tecnologiche di sviluppare nuovi prodotti di grande utilità, oppure di integrare i propri servizi a vantaggio dei cittadini e delle imprese, così come abbiamo fatto finora. Le integrazioni tra i prodotti sono necessarie per innovare e per permettere un funzionamento migliore per gli utenti e le imprese. Per fare solo un esempio, se si utilizza la Ricerca di Google per cercare “ristorante etnico vicino a me”, Google Maps mostra dove si trovano i posti più vicini e fornisce i dettagli per contattarli. Altri link consentono di prenotare un tavolo – oppure di organizzare la consegna a domicilio. Il Dsa potrebbe impedire a Google di sviluppare servizi che seguono questa dinamica, con un effetto negativo per gli utenti. Questo avrebbe chiaramente un impatto non solo sul modo in cui le persone utilizzano Google, ma anche sulle migliaia di ristoranti che hanno offerto i propri servizi a milioni di clienti in Europa durante la pandemia, proprio attraverso Google.
Il proliferare di fake news attraverso il web è innegabile ed è necessario venire a capo della questione: Google nel corso degli anni ha messo a punto numerose iniziative per contrastare il fenomeno ma si sta assistendo a una vertiginosa esplosione delle notizie false in rete. Come pensate di risolvere il problema?
Lavoro su questo tema da molti anni e sono orgoglioso dei progressi che abbiamo fatto. Abbiamo lavorato a stretto contatto con le autorità, dalla Commissione Europea ai governi nazionali, per contrastare più efficacemente gli effetti della disinformazione. Siamo anche tra i primi firmatari del Codice di Condotta sulla Disinformazione della Commissione. Abbiamo lavorato duramente fin dall’inizio della pandemia per fare in modo che i nostri utenti avessero accesso a informazioni di alta qualità sul coronavirus. Abbiamo collaborato con le autorità sanitarie, anche in Italia, per garantire che le persone avessero accesso a informazioni pertinenti e aggiornate sulla situazione, sia sulla Ricerca che su Maps. Abbiamo migliorato anche le nostre norme e i processi per prevenire la diffusione di informazioni errate su YouTube. Un esempio sono gli aggiornamenti al nostro sistema di raccomandazioni dei video, per ridurre l’emergere di alcune forme di disinformazione, tra cui quella sui vaccini covid. Quello che questa crisi ha portato in evidenza è l’importanza di una collaborazione efficace tra governi, autorità sanitarie e piattaforme digitali per contrastare la disinformazione.
Gli algoritmi stanno dimostrando di non essere in grado di arginare gli illeciti. Ci sarà bisogno di più competenze e professionisti per attivare azioni decisive?
Gli algoritmi forniscono contenuti di alta qualità sulla Ricerca, ci aiutano a rimuovere contenuti pericolosi e supportano le attività di milioni di persone e organizzazioni con prodotti come Gmail, Maps e gli strumenti di intelligenza artificiale. Ovviamente l’intelligenza umana e la competenza sono essenziali in tutto quello che facciamo, ma la tecnologia non è l’unico settore in cui le competenze digitali possono essere trasformative. Molto prima del coronavirus, era chiaro che i lavori del futuro – quasi tutti i lavori a cui possiamo pensare – avrebbero richiesto una nuova serie di competenze digitali.
Pensiamo per esempio a un ristoratore, a un artigiano tradizionale, a un agricoltore oppure a un negoziante: quello che hanno in comune è un’opportunità per far crescere la propria attività grazie al web. La maggior parte delle volte, però, ci siamo resi conto che quello che mancava erano le conoscenze per farlo. Ecco perché alcuni anni fa abbiamo avviato due importanti programmi in Italia per offrire formazione gratuita di competenze digitali a Pmi (Eccellenze in Digitale) e giovani in cerca di lavoro (Crescere in Digitale), che hanno aiutato 500.000 persone a ottenere le giuste competenze digitali per far crescere la loro carriera o imprese. Basandosi su questo successo, quest’estate abbiamo annunciato “Italia in Digitale“, un nuovo piano per accelerare la ripresa economica del Paese offrendo una serie di strumenti, formazione e partnership, come parte di un investimento di 900 milioni di dollari nel Paese. Con il suo nuovo impegno, Google è ora impegnata ad aiutare più di 700.000 PMI e individui a digitalizzare, con l’obiettivo di portare il numero totale a più di 1 milione entro la fine del 2021.