IL REGOLAMENTO

Digital Services Act, ok del Parlamento Ue: stretta su contenuti e algoritmi

Tra le nuove norme rimozione diretta dei contenuti illegali o nocivi, responsabilità legale delle Big Tech nei confronti degli utenti, più opzioni per negare il consenso alla pubblicità mirata e una maggiore trasparenza sui sistemi di intelligenza artificiale. Ora la palla passa al Trilogo

Pubblicato il 20 Gen 2022

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Via libera del Parlamento europeo al Digital Services Act (Dsa), il disegno di legge Ue che impone alle grandi piattaforme online come Google, Apple, Facebook e Amazon una maggiore responsabilità sul controllo e la moderazione dei contenuti. Il testo è stato approvato in assemblea plenaria con 530 voti favorevoli, 78 contrari e 80 astenuti. Tra le principali misure licenziate dagli eurodeputati vi sono la rimozione diretta dei contenuti illegali o nocivi, la responsabilità legale per le Big Tech nei confronti degli utenti, più opzioni per negare il consenso alla pubblicità mirata e una maggiore trasparenza sugli algoritmi.

Via libera anche al mandato per il regolamento che servirà come posizione negoziale dell’Eurocamera nelle discussioni con la Presidenza francese del Consiglio per raggiungere un accordo sulla legislazione. Il Dsa mira a creare uno spazio digitale più sicuro in cui i diritti degli utenti siano protetti, anche attraverso regole per contrastare prodotti, servizi o contenuti illegali online. Inoltre, migliorerebbe la responsabilità e la trasparenza degli algoritmi e tratterebbe la moderazione dei contenuti.

Digital Services Act, cosa prevede

La proposta di legge sui servizi digitali, avanzata dalla Commissione europea nel dicembre 2020, definisce competenze e responsabilità chiare per le piattaforme online come di vendita e social. Così come approvato dai deputati, il Dsa istituisce un meccanismo di “notifica e azione” e garanzie per la rimozione “senza indebito ritardo” di prodotti, servizi o contenuti illegali online. I deputati hanno poi incluso salvaguardie più rigorose per garantire che le notifiche siano trattate in modo non arbitrario e non discriminatorio e nel rispetto dei diritti fondamentali, compresa la libertà  di espressione.

Negli ultimi vent’anni “le piattaforme online sono diventate sempre più importanti nella nostra vita quotidiana, portando nuove opportunità, ma anche nuovi rischi. E’ nostro dovere assicurarci che ciò che è illegale offline sia illegale online. Dobbiamo assicurarci di mettere in atto regole digitali a beneficio dei consumatori e dei cittadini”, ha detto dopo il voto l’eurodeputata socialista Christel Schaldemose, responsabile del dossier per il Parlamento Ue.

Le piattaforme di dimensioni molto grandi saranno soggette a obblighi specifici sulla diffusione di contenuti illegali e nocivi e la disinformazione, incluse disposizioni in materia di valutazioni dei rischi obbligatorie, misure di attenuazione dei rischi, audit indipendenti e trasparenza dei cosiddetti “sistemi di raccomandazione” (algoritmi che determinano ciò che gli utenti vedono).

Rispetto al testo originario avanzato da Bruxelles, gli eurodeputati hanno introdotto l’esenzione da alcuni obblighi per le micro e piccole imprese, rafforzato le misure sulla pubblicità mirata con più  opzioni per gli utenti che vogliono rifiutare o revocare il loro consenso. Vietate poi le tecniche di targeting indirizzate ai minori o che prendono di mira gruppi vulnerabili e le tecniche ingannevoli o di i nudging per influenzare il comportamento degli utenti attraverso modelli occulti. Previsti anche maggiore trasparenza nell’uso degli algoritmi e il diritto al risarcimento da parte degli utenti. Tra gli emendamenti approvati l’impegno per le Big Tech al rispetto della libertà di espressione e del pluralismo dei media. Il via libera apre la strada per negoziare il testo di legge finale con il Consiglio Ue, che rappresenta i Paesi membri.

Gli emendamenti nel dettaglio

  • No alla pubblicità targetizzata. L’emendamento S&D, Verdi, Renew Europe e La Sinistra prevede di estendere il divieto di pubblicità targetizzata, che la commissione sul Mercato interno (Imco) aveva già previsto nel suo mandato per i minori, ai dati personali elencati nel primo comma, articolo 9 del regolamento generale sulla protezione dei dati, ovvero dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche o l’appartenenza sindacale. Le piattaforme online assicurano che rifiutare il consenso non sia per il destinatario più difficile o dispendioso in termini di tempo rispetto a dare il consenso.
  • La norme anti-discriminazione nella pubblicità. “Le piattaforme online assicurano che i destinatari dei servizi possano facilmente scegliere con cognizione di causa se dare il proprio consenso al trattamento dei loro dati personali a fini pubblicitari, fornendo loro informazioni rilevanti, tra cui informazioni su come i loro dati saranno monetizzati”, dice la modifica approvata e presentata da S&D, Verdi, Renew Europe e La Sinistra.
  • Liberta di espressione e pluralismo nei media. “Nelle loro condizioni generali i prestatori di servizi intermediari rispettano la libertà di espressione, la libertà e il pluralismo dei media e gli altri diritti e libertà fondamentali sanciti dalla Carta, nonché le norme applicabili ai media nell’Unione”, si legge in un emendamento del Ppe approvato dalla sessione plenaria del Parlamento Ue al Digital services act (Dsa). Un altro emendamento approvato, presentato dalla commissione per le libertà civili (Libe), ha inoltre specificato che le condizioni generali “non conformi” non saranno “vincolanti per i destinatari”.
  • Rappresentanza legale collettiva per le Pmi. I prestatori di servizi intermediari che si qualificano come microimprese o piccole o medie imprese (Pmi), e che non riescono a fruire dei servizi di un rappresentante legale, potranno chiedere al coordinatore dei servizi digitali dello Stato membro in cui l’impresa intende designare il rappresentante legale di fruire di una rappresentanza collettiva. Lo prevede un emendamento della commissione Industria (Itre) approvato dalla sessione plenaria del Parlamento Ue al Digital services act (Dsa).

Il Digital Markets Act

Lo scorso 16 dicembre il Parlamento Ue ha dato il via libera all’avvio dei negoziati con i governi Ue al Digital Markets Act, la proposta di regolamento sui mercati digitali che insieme al Digital Services Act, è uno dei pilastri del pacchetto digitale presentato dalla Commissione europea il dicembre 2020.

Nello specifico, il Dma vieta alcune pratiche impiegate dalle grandi piattaforme che agiscono come gatekeeper, i controllori dell’accesso al mercato, e permette alla Commissione di realizzare indagini di mercato e di sanzionare i comportamenti non conformi. Il testo è stato approvato con 642 voti favorevoli, 8 contrari e 46 astensioni.

La proposta di regolamento si applicherà alle principali imprese che forniscono i servizi di piattaforma di base, tra cui servizi di intermediazione online, social network, motori di ricerca, sistemi operativi, servizi di pubblicitaà online, di cloud computing e per la condivisione di video. Al riguardo, gli eurodeputati hanno incluso, rispetto alla proposta originale, i browser, gli assistenti virtuali e le smart Tv.

Tra i punti chiave della proposta, anche la previsione di restrizioni alle “acquisizioni killer”. In caso di inosservanza sistematica, la Commissione potrebbe limitare la possibilità dei gatekeeper di effettuare acquisizioni in settori relativi alla Dma al fine di porre rimedio o prevenire ulteriori danni al mercato interno. I gatekeeper dovranno anche informare la Commissione di qualsiasi prevista concentrazione.

Sanzioni “non inferiori al 4% e non superiori al 20%” se un gatekeeper non rispetta le regole. Altre modifiche introdotte dai deputati riguardano la definizione di gatekeeper sulla base di determinate soglie (fino a 8 miliardi di euro di fatturato e una capitalizzazione di mercato di 80 miliardi di euro; servizio di piattaforma di base fornito in almeno tre paesi dell’Ue e con almeno 45 milioni di utenti al mese); l’elenco di obblighi e divieti. Ma anche i requisiti supplementari sull’uso dei dati per la pubblicità mirata e sull’interoperabilità dei servizi; la possibilità di disinstallare le applicazioni software preinstallate da un servizio della piattaforma principale, come le app, in qualsiasi momento; l’applicazione delle norme Ue; e il ruolo delle autorità nazionali garanti della concorrenza.

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