Bassa propensione all’imprenditorialità, poche competenze digitali specifiche e una consapevolezza della potenza della Rete che spesso si ferma a Internet e ai social media. A tracciare il profilo degli studenti universitari italiani è la seconda edizione della ricerca “Il futuro è oggi: sei pronto?”, elaborata da University2Business coinvolgendo oltre 2.600 studenti e 168 HR manager per fotografare la maturità dell’ecosistema digitale università-lavoro. Lo scenario restituito dal report della società del Gruppo Digital 360, focalizzata sulla promozione della cultura innovativa nelle università italiane, mette in guardia sui ritardi accumulati dal nostro Paese su questi temi e suona anche come un monito al mondo dell’impresa a fare di più e in fretta.
“Gli studenti e le divisioni HR sono concordi nell’indicare l’innovazione digitale come il più potente motore dell’economia mondiale nei prossimi anni – spiega Andrea Rangone, ceo di Digital 360 -. La consapevolezza non manca, ma sia gli universitari sia le risorse umane faticano a mettere in atto azioni concrete per sbloccare l’enorme potenziale delle cultura e dell’imprenditoria 2.0”. La vera sfida, aggiunge Rangone, è “non rinviare l’attuazione di iniziative dirette che colleghino scuola e impresa, cultura e lavoro, perché non basta sapere cosa faccia Airbnb o cosa sia l’e-commerce per fare il grande salto”.
Il dato fondamentale che emerge dallo studio è il gap che c’è tra la consapevolezza circa le potenzialità delle nuove frontiere digitali e l’effettivo impegno a sviluppare competenze ad hoc. Se infatti le digital skill vengono considerate pilastri formativi da due terzi degli universitari italiani, per poco più della metà (53%) di quest’ultimi lo stato dell’arte racconta di una conoscenza base del web e di Facebook&Co. Quasi sconosciuti alla platea degli studenti nostrani risultato Seo/Sem e piattaforme come Google Adwords: li conosce appena il 9% della platea studentesca. La percentuale sale, ma di pochissimo (12%), se si analizza l’esperienza di gestione di un blog o di un portale Internet. Non va troppo meglio guardando la conoscenza delle professioni del futuro (social media specialist, data scientist o Seo specialist), note solo a una minoranza di studenti che oscilla fra il 25 e il 40% del campione significativo totale a seconda del singolo ruolo.
C’è da segnalare anche una differenza di genere, con le studentesse che hanno meno propensione imprenditoriale, minori competenze di programmazione e più in generale digitali rispetto ai colleghi maschi. Curioso pure il dato che riguarda coloro che hanno già le idee chiare sul proprio futuro: il 47% vorrebbe lavorare in un’azienda tradizionale, mentre la parte restante vorrebbe iniziare in un contesto 2.0 come una startup innovativa o un gigante hi-tech. Ancora, nei processi di recruiting, il 59% degli studenti pensa che le competenze digitali in un neolaureato siano “essenziali” (19%) o “molto importanti” (50%) per l’assunzione. Mentre le esperienze imprenditoriali sono importanti nella scelta di un neolaureato per il 67% del campione intervistato.
Interessante tanto quanto la fotografia sul mondo dell’università italiana è lo stato dell’arte nelle aziende italiane di medie e grandi dimensioni, in particolare nelle divisioni HR. Fa ben sperare il fatto che oltre il 69% dei manager HR riconosca all’innovazione digitale il ruolo di driver principale dell’economia nei prossimi decenni.
“Dobbiamo far dialogare due universi fondamentali per il futuro del nostro Paese: la presenza di propensione all’innovazione nelle aziende o nelle università non significa automaticamente innovare- sottolinea Fabio Bocchi, HR & Organization senior advisor di University2Business -. Non dobbiamo accontentarci ma, favorendo la nascita di un vero ecosistema 2.0, cavalcare in modo deciso la dirsuption positiva che l’innovazione è in grado di generare su tutto il sistema Italia”.
Non a caso, 8 responsabili su 10 evidenziano la necessità di inserire nuove competenze digitali in azienda, anche se solo il 20% delle grandi e medie imprese ha predisposto un piano ad hoc per la formazione2.0. Il 66% degli HR Manager evidenzia poi un impatto della trasformazione digitale sulla propria azienda nei prossimi 3 anni ben superiore a quello che si è verificato nell’ultimo triennio. In questa transizione, il 91% si attende un incremento del contributo al cambiamento da parte della funzione risorse umane.
Del resto, evidenzia il rapporto, per gestire la trasformazione digitale, è necessario avere in azienda competenze adeguate o attrarle dall’esterno. Nella ricerca di nuovi profili senior con 3/5 anni di esperienza lavorativa, le competenze digitali sono fondamentali o molto importanti per l’81% dei responsabili delle risorse umane, mentre quelle imprenditoriali sono valutate meno strategiche, con quasi la metà degli intervistati che le ritiene non importanti.
È fondamentale però anche mappare e monitorare il livello di diffusione delle competenze digitali eimprenditoriali fra i dipendenti già presenti in azienda e su questo aspetto la situazione appare critica: solo il 20% degli HR Manager ha realizzato una mappa delle competenze digitali/imprenditoriali per iruoli manageriali (la percentuale sale leggermente nel caso di neolaureati, 23%, e per i ruoli specialisticidigitali, 34%). Insomma, di strada da fare ce n’è ancora molta. E rinviare ulteriormente tutte queste sfide rischia di far perdere al nostra Paese la grande opportunità di fare la voce grossa nell’economia globale.
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