FISCO

Digital tax, trattativa Ocse e proposta autonoma: la Ue lavora su un doppio binario

In sede Ecofin è emersa la volontà di proseguire i colloqui a livello globale: si punta a raggiungere l’accordo entro la metà del 2021. Contestualmente l’Europa presenterà, entro il 2023, un pacchetto a livello comunitario per ripagare il debito emesso con il Recovery Fund

Pubblicato il 17 Mar 2021

web-tax

Sulla digital tax la Ue lavora su un doppio binario e punta ad accelerare. All’Ecofin di ieri è emersa ancora chiaramente la volontà dei ministri delle Finanze di raggiungere l’accordo con l’Ocse entro la metà di quest’anno.

Il presidente di turno dell’Ecofin, il portoghese Joao Leao, ha spiegato che la Ue è ancora convinta che la soluzione migliore sulla tassazione dei giganti del web sia trovare un consenso a livello globale, soprattutto ora che l’amministrazione Usa guidata da Joe Biden ha aperto alla ripartenza delle trattative globali.

“Trovare un consenso globale, un contesto multilaterale, è la strada giusta”, ha detto al termine della riunione, confermando però anche la volontà della Ue di procedere da sola con una soluzione soltanto europea “se non ci sarà un accordo all’Ocse”. I capi di Stato e di governo torneranno sulla questione nel vertice Ue della prossima settimana.

Intanto entro il 2023 la Commissione dovrà presentare una proposta per una web tax Ue, che sarà uno strumento separato dalla digital tax Ocse. La digital tax Ue farà parte delle cosiddette risorse proprie del bilancio Ue, che serviranno a ripagare il debito che la Commissione emette con il Recovery fund.

A sgomberare il campo dalle ultime perplessità è stata l’amministrazione Biden che, a differenza di Trump non sembra intenzionata a mettere il bastone fra le ruote. “L’Ue – ha spiegato il vice-presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis – ha accolto con favore il cambiamento di posizione degli Usa” in materia di tassazione digitale che dovrebbe rendere possibile una intesa in ambito Ocse entro il 2021″.

Contemporaneamente proseguono i lavori preparatori per “proporre un prelievo digitale Ue che dovrebbe integrare il processo Ocse”. Secondo Dombrovskis “la crisi rende più importante un accordo sulla fiscalità delle aziende digitali e su questioni come le aliquote minime”. Questo accordo, ha concluso, “è necessario per migliorare i gettiti e per far sì che tutti versino la propria quota di tasse”.

Ancora non si conoscono i dettagli della proposta Ue ma dall’Ecofin rassicurano che non andrà in conflitto con quella Ocse.

La web tax nell’accordo Next Generation Ue

A luglio Paolo Gentiloni, ha presentato il pacchetto sulla cooperazione fiscale Ue che rappresenta un primo passo per la creazione – almeno nelle intenzioni della Commissione – di un’area fiscale comune. Al centro della strategia la collaborazione amministrativa tra gli Stati membri per combattere l’abuso fiscale, ad esempio attraverso controlli fiscali congiunti.

La Commissione stima che le perdite annuali di entrate nell’Ue dovute evasione fiscale internazionale da parte di privati è stata sia di 46 miliardi di euro, l’elusione dell’imposta sulle società di oltre 35 miliardi e le frodi sull’Iva transfrontaliere a di 50 miliardi.

Nell’accordo sul Next Generation Eu dovrebbe invece vedere la luce la tassa sui colossi del web che potrebbe fruttare fino a 1 miliardo di euro l’anno. Il lavoro dell’Ocse per la tassazione delle aziende “con una presenza digitale significativa” ne dovrebbe costituire la base di partenza. Senza un accordo Ocse l’Europa procederà da sola.

La trattativa Ocse sulla digital tax

L’Ocse a fine gennaio 2020 ha raggiunto un accordo cui partecipano 137 Paesi per trovare la quadra entro fine 2020 ha riconosciuto, nel recente report “Tax and Fiscal Policy in Response to the Coronavirus Crisis”, che nella situazione critica generata dalla pandemia di coronavirus, diventa cruciale rispondere in maniera efficace alla sfide poste dalla digitalizzazione e garantire misure per la tassazione minima delle big tech. Secondo l’Ocse il forte impulso all’utilizzo di servizi su piattaforme digitali – basti pensare alla diffusione dello smart working e della didattica a distanza – possono rappresentare un nuovo stimolo a cercare un accordo a livello internazionale sulla web tax.

In seno all’Ocse è operativa la “task force on digital economy” volta ad esaminare le regole concernenti la distribuzione dei profitti delle imprese digitali al fine di arrivare a un nuovo quadro condiviso di norme su dove vadano corrisposte le imposte e quale quota dei profitti possa essere tassata da ogni giurisdizione coinvolta.

Secondo obiettivo della task force è quello di architettare un nuovo sistema che assicuri che le multinazionali del digitale paghino una quota minima di imposte, al fine di proteggere gli Stati dal fenomeno della Base Erosion and Profit Shifting (BEPS), ovvero l’insieme di strategie di natura fiscale che talune imprese pongono in essere per erodere la base imponibile e dunque sottrarre imposte al fisco.

Ma l’abbandono del tavolo delle trattative da parte degli Usa e le conseguenti frizioni con la Ue, impegnata a varare una digital tax entro il 2023, rischiano di rallentare il raggiungimento dell’accordo definitivo.

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