L’Italia è tradizionalmente rappresentata come il Paese fanalino di coda della trasformazione digitale a livello europeo. Ma vi sono ambiti di sviluppo – attualmente non rappresentati negli indicatori tradizionali – che testimoniano rilevanti miglioramenti e posizioni di leadership del nostro Paese. Il progresso verso un’economia e una società digitale, come misurato dal Digital Economy and Society Index (Desi) della Commissione europea vede l’Italia al 18esimo posto in Ue, con un punteggio di 49,3 (su 100), rispetto al 52,9 della Germania, al 53,3 della Francia e al 60,8 della Spagna.
Ma secondo l’edizione 2023 dell’Osservatorio Strategico sulla Trasformazione Digitale dell’Italia elaborato da The European House – Ambrosetti esistono altri KPI che testimoniano i miglioramenti dell’Italia. L’Italia si conferma infatti al primo posto per copertura 5G (anche nelle aree rurali) e segnali positivi emergono anche dalle imprese, che hanno aumentato la quota di vendite tramite e-commerce (passate dal 13% al 18% dei ricavi, superando la media Ue), e dai cittadini (quelli che usano Internet almeno una volta a settimana sono passati dall’80% all’83% e quelli che interagiscono con la PA online dal 36% al 40%). I gap più evidenti invece riguardano il capitale umano (in riferimento, ad esempio, alla frequenza di accesso a Internet per la popolazione in età lavorativa e alla percentuale di laureati in discipline Ict) e la digital intensity (indice che misura l’utilizzo delle tecnologie digitali da parte delle imprese).
L’edizione 2023 dello studio è stata realizzata in collaborazione con Fondazione Ibm Italia ed è stata presentata al Forum finale che si è svolto ieri a Roma, e che ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali, delle imprese e del sistema della formazione e della ricerca, con l’obiettivo di facilitare e aprire un confronto costruttivo sulle questioni più importanti da affrontare per il percorso di digitalizzazione dell’Italia.
Il posizionamento rispetto a cybersecurity e sostenibilità
Per quanto concerne la cybersecurity, l’Italia registra un posizionamento migliore rispetto alla media europea in tutti e tre gli indicatori (imprese che adottano misure per la sicurezza Ict, decimo in Ue, imprese che hanno definito o aggiornato le policy di sicurezza Ict negli ultimi due anni, ottavo, e imprese che informano i dipendenti sugli obblighi di sicurezza Ict, nono).
Rispetto alla sostenibilità, l’Italia si posiziona sopra alla media europea nel tasso di penetrazione degli Smart Meter (quarta in Ue, con il 99%), tuttavia, valorizzando ancora poco l’apporto della tecnologia all’interno delle aziende: l’Italia è infatti 15esima per quota di imprese che utilizzano l’Internet of Things per la gestione dei consumi energetici (8%) e 19esima per intensità di utilizzo delle tecnologie Ict per la sostenibilità.
L’impatto del Pnrr sulla transizione digitale del Paese
Tra le principali economie dell’Unione Europea, quella italiana si caratterizza per il livello di Pil pro-capite più basso rispetto ai livelli del 2000, anche a causa di una debole “produttività multifattoriale” (la componente residuale della crescita riconducibile anche alla digitalizzazione). In questo contesto, esiste una forte correlazione positiva tra digitalizzazione e produttività, motivo per cui il Pnrr rimane un’opportunità fondamentale per la digitalizzazione dell’intero sistema-Paese. I fondi destinati alla digital transition, presenti nel Pnrr italiano, sono infatti maggiori rispetto a quelli di Francia, Germania e Spagna messi assieme.
Dalle stime di The European House – Ambrosetti, la digitalizzazione della PA e la maggiore produttività delle imprese, abilitata dalle tecnologie e dal digitale, potranno pesare per il +1,2% annuo del Pil al 2027, fornendo quindi un importante impulso per il rilancio e la competitività del sistema-Paese, nonché per il raggiungimento degli obiettivi del Digital Compass 2030. Al tempo stesso, sono da tenere in considerazione i punti di criticità emersi nella fase di implementazione di 11 misure della Missione Digitalizzazione.
L’AI sarà un game-changer nel percorso di trasformazione digitale
Entro il 2030, il mercato dell’intelligenza artificiale crescerà di 20 volte rispetto al 2021: in questo quadro, l’Europa, nonostante la propria eccellenza scientifica, registra un forte ritardo negli investimenti per l’AI.
Le opportunità per l’Italia sono estremamente rilevanti, quantificabili in 312 miliardi di euro di valore aggiunto annuo (18,2% di Pil o 1,6 volte il valore del Pnrr) a parità di ore lavorate. Il Rapporto dell’Osservatorio, però, analizza anche le principali sfide nel dispiegamento dell’AI, tra cui l’explainability dei risultati, i bias nei risultati, la gestione dei dati e della privacy, l’affidabilità dei risultati e i rischi indiretti.
Le linee d’azione per accelerare la transizione digitale del sistema-Paese
L’Osservatorio ha infine individuato una serie di linee d’azione da adottare per promuovere gli elementi di competitività legati alla digitalizzazione del sistema-Paese: serve innanzitutto un approccio multidisciplinare alla formazione e allo sviluppo delle competenze in ambito digitale, valorizzando il ruolo di Transizione 4.0 e del futuro programma 5.0; bisogna poi rendere l’etica e l’inclusione i principi guida della transizione digitale, formulando un principio di garanzia di etica e inclusione da applicare allo sviluppo dei progetti digitali della Pubblica Amministrazione, sul modello del principio “once only”; è necessario anche permettere a cittadini e imprese di cogliere i benefici dell’intelligenza artificiale tramite un New Deal dell’AI per stimolarne la diffusione a livello di sistema-Paese, valorizzando il ruolo di Competence Center e Digital Innovation Hub, prevedendo forme di incentivazione e accesso semplificato (es. attraverso «innovation voucher», defiscalizzazione o altri strumenti), e favorendo la formazione in azienda; occorre infine abilitare lo sviluppo della cybersecurity in chiave competitiva nelle imprese attraverso l’attività di accompagnamento alle imprese, per esempio tramite incentivi per l’acquisto di soluzioni di cybersecurity (in primis per le imprese impattate dalle nuove normative) e modelli di collaborazione di filiera.