Cos’è la direttiva Barnier
L’Italia è alle prese con la trasposizione di una direttiva europea del 2014 (nota anche come “direttiva Barnier”, dal nome del commissario europeo che ne propose l’adozione) che obbliga tutti i paesi Ue a garantire che società di gestione collettiva di diritti d’autore, qual è la Siae (Società italiana degli autori e degli editori) da noi, diventino case di vetro e sportelli efficienti al servizio degli autori e degli editori.
La direttiva non interviene espressamente sulla questione della legittimità di un monopolio legale che in questo settore, almeno in Europa, esiste soltanto in Italia e nella Repubblica Ceca. Ha però l’effetto di scardinare, almeno in parte, monopoli territoriali di fatto (o ‘naturali’) che esistono in tutti i paesi Ue e nella gran parte del mondo. Le nuove regole europee sanciscono, infatti, la libertà per ciascun autore di gestire i propri diritti affidandosi sia a società di gestione collettiva senza scopo di lucro – senza esser vincolato all’organizzazione presente nel paese di residenza, per esempio la Siae per un autore residente a Roma – sia a intermediari o agenti commerciali qual è, per esempio, Soundreef, start-up di diritto inglese fondata da imprenditori italiani. Di questa libertà hanno beneficiato, di recente e con grande clamore mediatico, autori celebri quali Fedez e Gigi D’Alessio, revocando – a quanto pare, per tutti i tipi di diritti riconosciuti dalla legge – il mandato originariamente conferito alla Siae per affidarsi esclusivamente a Soundreef.
Ma perché e con quali obiettivi l’Europa ha voluto aprire alla concorrenza un settore in cui, fino a poco fa, prevaleva nettamente l’idea del monopolio, di diritto o di fatto? La risposta è nel tentativo della Commissione europea di rimuovere le frontiere nell’intermediazione e acquisizione dei diritti all’interno dell’Europa per semplificare le licenze necessarie all’uso digitale di musica protetta da diritti d’autore: per esempio, la vendita di album o brani su iTunes o Google Play o l’accesso a servizi di streaming quali Spotify e Deezer. È per questi mercati, sempre più rilevanti a livello economico, che la direttiva Barnier incoraggia decisamente la concorrenza e stabilisce rigorosi requisiti tecnologici che ciascun intermediario, anche commerciale, deve possedere affinché gli sia consentito gestire il proprio repertorio non più su base nazionale ma paneuropea.
I vantaggi del vecchio sistema
Per ciò che riguarda gli usi non digitali, invece, la direttiva lascia impregiudicata per gli Stati membri la possibilità di mantenere – migliorandolo in termini di efficienza e trasparenza – il sistema non concorrenziale e solidaristico imperniato sull’aggregazione dei repertori musicali su base non solo nazionale ma internazionale.
Per comprendere i vantaggi di questo sistema è importante ricordare come, a livello mondiale, tutti gli organismi di gestione collettiva senza fini di lucro, Siae inclusa, siano in grado – a differenza degli intermediari commerciali – di offrire licenze omnicomprensive in termini di repertorio, in virtù di accordi bilaterali di rappresentanza reciproca che creano o comunque ratificano le aree di esclusiva (o monopoli) territoriali ricordati sopra. Il sistema consente, per esempio, alla Siae di rappresentare in Italia il repertorio della francese Sacem e della tedesca Gema e, a queste ultime, di rappresentare in Francia e Germania il repertorio della Siae. Si tratta, almeno per ora, del modello di gestione più efficiente – avallato anche dalla Corte di giustizia europea – perché permette a utilizzatori commerciali (per esempio radio, Tv, gestori di locali pubblici quali sale da concerto, discoteche, bar) di rivolgersi a una sola società o sportello senza scopo di lucro ottenendo, con una sola autorizzazione, una licenza per tutti i loro repertori, senza dover contrattare con i singoli aventi diritto o le singole società.
In conclusione, sarebbe bene che l’Italia cogliesse l’occasione della trasposizione della direttiva Barnier (pur con ritardo: la scadenza era il 10 aprile 2016) per abolire il monopolio legale della Siae, in conformità con il parere inviato recentemente al governo e al parlamento dall’Autorità antitrust. La Siae resterebbe comunque il gestore collettivo più importante dei diritti d’autore. Però, si permetterebbe ad altri soggetti di offrire i propri servizi direttamente dall’Italia, andando a soddisfare una domanda crescente d’intermediazione (commerciale e non) in settori di mercato (per esempio la musica di sottofondo in negozi e supermercati) o in ambiti (per esempio i concerti dal vivo in cui si esegua il repertorio di un solo autore) in cui agli utilizzatori dei brani non interessino i benefici della gestione aggregata e l’accesso immediato (e illimitato) ai repertori internazionali.
tratto dal sito www.lavoce.info