Spingere la domanda di reti e servizi digitali, investire in cultura digitale. Ma soprattutto mettere in moto l’execution dei progetti Paese: dall’ultrabroadband fino alla riforma della PA. È questa la ricetta per la digital transformation dell’Italia che ha tenuto banco oggi al convegno romano di CorCom “Telco per l’Italia”.
Ad aprire i lavoro il direttore di CorCom, Gildo Campesato, che ha tracciato un quadro di un Paese profondamente cambiato rispetto a un anno fa. “Molte cose sono accadute – ha detto Campesato – Il piano del governo sulla banda ultralarga si è messo in moto. C’è una maggiore consapevolezza a livello di governo e un maggiore ottimismo da parte delle imprese che la rivoluzione digitale è oramai a portata di mano”.
A sottolineare come la situazione in Italia sia cambiata anche Franco Bassanini, consigliere di Palazzo Chigi. “Non si parla più, almeno non come tema prioritario, di domanda e offerta ovvero se sia più importante l’una o l’altra per la diffusione della banda larga. Abbiamo fatto un salto qualitativo, pur non dimenticando che esiste ancor un problema di domanda”. Un problema che però il governo ha colto in pieno. In questo senso vanno lette sia la riforma Madia sulla PA sia il piano Bul di cui sono stati pubblicati i bandi per le aree bianche.
“La riforma della pubblica amministrazione ha il suo cuore nella digitalizzazione di servizi e processi – ha evidenziato Bassanini – Una maggiore offerta di servizi digitale sarà un driver straordinario per stimolare l’innovazione. Ma non basta: serve investire nella cultura digitale dei dipendenti pubblici, spesso di età elevata. E’ auspicabile un ricambio generazionale nella burocrazia italiana per iniettare personale ‘nativo digitale’”. L’ideale sarebbe una PA nativa digitale, ma lo stesso Bassanini ammette che è difficile realizzarla. “Possiamo però rendere l’amministrazione più efficiente tramite il digitale, sul versante processi e su quello servizi, a partire dai progetti infrastrutturali abilitanti quali Spid, Anpr, e-fattura fino a quelli di e-health”.
Lo sforzo del governo, a detta di Bassanini, è evidente anche nel settore imprese. “Le imprese italiane sono propense all’innovazione – la massiccia adozione del cloud ne è un esempio – e da parte del governo c’è l’intenzione decisa di puntare a sostenere il cambiamento. Il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, vuole rendere strutturali i super ammortamenti per gli investimenti e incentivare la crescita di tutte quelle Pmi che scommettono sull’internazionalizzazione”.
Bassanini ha poi affrontato l’annoso problema delle reti a banda larga e sulla competizione in questo settore. “La competizione partita tra Enel e Telecom per portare la fibra ottica nelle aree remunerative è positiva sia nel caso di concorrenza che di accordo tra i due colossi – ha detto – è partita la competizione per portare la fibra fino alle case. Molti si chiedono se l’Italia possa reggere due reti. E’ un punto interrogativo su cui non ho una risposta, ma non e’ questo il problema. In altri Paesi c’è la concorrenza tra reti di tlc e cable tv e funziona”. Allora, ha concluso, “se in Italia questa concorrenza dovesse incontrare difficoltà e si arrivasse a una spartizione delle aree o a un accordo tra i concorrenti il problema non sarebbe quello, perché l’importante è che finalmente l’infrastruttura si farebbe e farebbe emergere la domanda latente”.
In una videointervista, rilasciata in occasione del convegno, anche l’Ad di Vodafone Italia, Aldo Bisio, ha parlato di Enel e del valore dell’accordo firmato dalla compagnia. Per Vodafone è “un accordo di partnership strategica quello siglato con Enel per portare la fibra in 250 città italiane. I contratti sottoscritti con Enel sono più convenienti rispetto alle alternative potenziali di investimento da soli o a quelle potenziali di acquisto in wholesale dall’incumbent”.
“Vediamo in Enel un grande partner, oltre che un operatore efficiente, con il quale poter realizzare un contributo fondamentale per il Paese e insieme al quale poter finalmente colmare il gap digitale che divide l’Italia dal resto dell’Europa. Si tratta senza dubbio di una grande opportunità, anche dal punto di vista economico” ha proseguito.
“Gli investimenti fatti negli ultimi due anni attraverso il piano Spring, ci hanno permesso di costruire, in tempi brevissimi, una rete in fibra estremamente performante che oggi copre 8,7 milioni di abitazioni, e di offrire servizi in fibra in 300 città – ha ricordato Bisio – La fibra fino alla casa, l’FttH, è un’integrazione oltre che un’evoluzione della rete in fibra fino al cabinet, l’FttC. Siamo convinti che quello dall’FttC sia un passaggio obbligato. Attraverso l’accordo con Enel vogliamo valorizzare i nostri investimenti nell’FttC con un passaggio al fiber to the home che crediamo sia l’unica tecnologia veramente a prova di futuro”.
Focus anche sull’asta frequenze a 700 Mhz.”Non c’è dubbio che le frequenze 700 debbano essere liberate dagli operatori televisivi ai fini del grande contributo che possono apportare, sia in termini ‘capacitivi’ sia in termini di copertura ai servizi che noi saremo in grado di offrire” tuttavia “crediamo che per dare un’accelerazione siano necessarie due condizioni”. Bisio ha spiegato che le condizioni per la gara delle frequenze sono: “uno, che le frequenze 700 siano effettivamente rese disponibili da parte degli operatori televisivi. Due, che ci sia la disponibilità degli apparati, sia dei terminali nelle mani dei clienti sia dell’elettronica per la costruzione delle reti. Se queste due condizioni dovessero verificarsi, anche noi saremmo favorevoli ad anticipare il rilascio delle frequenze 700 e l’asta conseguente”, ha aggiunto. “Veniamo da un’asta per le frequenze in Banda L dello scorso anno con prezzi largamente superiori a quelli che, per esempio, hanno pagato i nostri colleghi di Vodafone Germania”, ha concluso.
Per Simone Battiferri, direttore ICT Solutions & Service Platforms di Tim, in Italia la domanda è un problema “storico”. “Solo una famiglia su due ha un abbonamento a banda larga a fronte di una su sette in Francia – ha sottolineato il manager – Indubbiamente siamo indietro rispetto agli obiettivi dell’Agenda digitale che, però, non sono solo infrastruttrali”. Battiferri ha ricordato che se la Ue chidede una penetrazione dell’e-commerce tra le imprese del 33%, l’Italia è solo al 7%; stessa situazione sul fromte consumer dove lo shopping online registra una percentuale del 26% mentre i targert Ue lo vogliono al 50%. Male anche l’e-gov: 25% contro il 12% italiano.
In questo quadro Telecom Italia è fortemente impegnata a sostenere la digitalizzazione del Paese. “Abbiamo una copertura di banda ultralarga al 45% e stendiamo 250 km di fibra all’ora. E nel 2015 abbiamo raggiunto 3 milioni di abitazioni”. Basta? Non di certo. “Resta centrale avviare un percorso di stimolo alla domanda, soprattutto sul versante PA. In questo senso sono indispensabili progetti abilitanti come Spid, Anagrafe unica e fatturazione elettronica. Ma serve fare di più sui settori scuola e sanità”.
La diffusione di servizi digitali non è leva di trasformazione solo per la PA ma anche per le telco che, per accompagnare il cambiamento, cambiano anch’esse pelle. Come racconta, in una videointervista, l’Ad di Fastweb Alberto Calcagno. “Da fiber company Fastweb sta diventando una infrastructure company – ha spiegato Calcagno – La fibra è infatti solo uno degli ingredienti di un mercato che sta subendo una complessa evoluzione. Allora puntiamo sempre più sui servizi mobili 4G, sul wifi come ponte tra l’indoor in fibra e il mobile e sui datacenter per sostenere le imprese. Così contribuiamo alla digital transformation del Paese”.
Più critico l’intervento di Federico Protto, Ad di Retelit, che pur evidenziando l’impegno, anche economico, del governo sulle aree bianche, teme che gli stessi bandi non siano sufficientemente aperti “a una pluralità di soggetti.”
“Inoltre – ha evidenziato Protto – ci sarebbe piaciuto che nei bandi si fosse prestata attenzione anche alle reti per le imprese e non solo al consumer”. Protto ha poi sottolineato l’importanza delle regole Agcom per l’accesso alla reti. “Applicare al meglio quelle regole è la vera sfida”, ha concluso.
Anche Luca Torrigiani, Country Sales Director Large Account e PA, BT Italia, guarda con attenzione particolare al mondo delle imprese. “BT, in quanto fornitore di servizi alle imprese, ha un osservatorio privilegiato. Ecco perché crediamo che al centro dell’azione debba esserci la qualità del servizio e non tanto la quantità di banda erogata. La PA digitale è certo una leva di domanda ma bisogna focalizzare l’attenzione sulle prestazione abilitate dall’Internet of Things”.
Antongiulio Lombardi, Direttore Affari Istituzionali e Regolamentari di 3 Italia, ha posto in evidenza il ruolo delle reti mobili come strumento per colmare il digital divide “in quanto sostituto affidabile e meno costoso del fisso e per la sua facilità di upgrade”.
“Ma la vera sfida è quella culturale – ha avvisato Lombardi – E’ necessario che gli utenti sappiano usare strumenti e servizi innovativi in maniera consapevole. In questo quadro è centrale il ruolo della scuola per far crescere la cultura digitale”.
A chiudere il ragionamento Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale. “Bisogna riorganizzare le energie e capire come accelerare l’execution”. Per Catania “ora è necessario puntare su tre grandi obiettivi e portarli a compimento di qui ai prossimi 24-36 mesi: “iniettare” il digitale all’interno dei cda, creare degli innovation hub sui territori come sostegno alle imprese e iniettare risorse digitali nelle Pmi, investendo in formazione”.
Altro settore chiave è la PA: “Lo Spid, l’Anagrafe unica e il fascicolo sanitario elettronico, oltre ad essere essenziali driver di innovazione, sono anche straordinario veicoli di cultura digitale”. “Ma per realizzare questi progetti Paesi è necessaria una forte partnership pubblico-privato perché oggi stiamo riprogettando il Paese e serve il contributo di tutti”, ha concluso.