LE STIME

Digitale, budget in crescita nel 2022. Al raddoppio i finanziamenti nelle startup

Torna ai livelli pre-pandemia il trend degli investimenti in innovazione. Lo scenario fotografato dalla ricerca degli Osservatori della School of Management del Politecnico di Milano. Accelerano i progetti per il 63% delle grandi imprese. A quota 1,461 miliardi le risorse nelle neo-società hi-tech, +118% in un anno

Pubblicato il 01 Dic 2021

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Nel 2022 cresceranno del 4% gli investimenti in Ict delle aziende italiane, riportando il trend ai valori pre-pandemia dopo il rallentamento registrato nel 2021 (+0,9%). Cresce l’adozione dell’open innovation, oggi già praticato dall’81% delle grandi aziende. E già da quest’anno i finanziamenti alle startup italiane raddoppiano e superano quota 1,4 miliardi di euro (+118% rispetto al 2020). I dati emergono dal report realizzato dagli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano e dall’Osservatorio Startup Hi-tech promosso sempre dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con InnovUp – Italian Innovation & Startup Ecosystem.

Lo scenario del digitale italiano

Nel contesto di incertezza legata alla pandemia le imprese italiane hanno compreso come l’Innovazione Digitale sia una leva fondamentale per la competitività e la crescita. “Oggi startup, imprese e pubbliche amministrazioni stanno affrontano la nuova normalità portando con sé due lezioni apprese dalla crisi – afferma Alessandra Luksch, Direttore degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence del Politecnico di Milano –. La prima è che l’innovazione digitale non è un bene di lusso, ma una leva fondamentale per il progresso del business, per la sopravvivenza nei contesti competitivi e per la transizione ecologica. La seconda è che nessuno può salvarsi da solo: in un periodo di forte crisi e discontinuità, l’esigenza di innovare ha portato molte imprese a guardare a stimoli provenienti dall’esterno”.

“L’open innovation oggi è una chiave per accelerare la ripresa – dice Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence -. Le imprese stanno ampliando sempre più anche ad attori non tradizionali il loro ecosistema esterno di innovazione. E le startup sono diventate un attore fondamentale per stimolare lo sviluppo di innovazione anche nelle imprese consolidate, per instaurare partnership, esplorare nuovi trend, nuove tecnologie e nuove opportunità di business”.

Ripresa e investimenti digitali

Tornano a crescere a un ritmo sostenuto gli investimenti in innovazione digitale. Dopo la previsione di crescita del +2,6 del 2019 e del + 2,8% del 2020, nel 2021 la spesa Ict aveva segnato un +0,9%, per poi superare il +4% nelle previsioni 2022. Ma si conferma la propensione a dedicare dei budget per l’innovazione digitale anche in altre funzioni esterne alla Direzione Ict (lo fa il 59% delle grandi imprese), segnale di una spinta a uno sviluppo diffuso dell’innovazione nelle organizzazioni.

Gli investimenti Ict delle grandi imprese nel 2022 si concentreranno soprattutto su sistemi di Information Security e su sistemi di Business Intelligence, Big Data e Analytics, mentre saranno meno prioritarie le aree eCommerce e Smart Working su cui le imprese hanno lavorato molto negli scorsi mesi per rispondere alla pandemia. Anche per le PMI gli investimenti in Information Security sono la priorità, ma sono seguiti da applicazioni di Industria 4.0.

Il “motore” pandemia

Ben il 63% delle grandi imprese italiane ritiene che l’esperienza della pandemia abbia accelerato i progetti di digitalizzazione. Ed è positivo il giudizio sul Pnrr, di cui buona parte dei fondi (49,2 miliardi di euro) sarà destinata ad investimenti in innovazione digitale: il 69% delle grandi aziende ritiene che il Pnrr sia utile per la propria organizzazione e l’80% che lo sia in generale per supportare il Paese.

Nascono le “Direzioni innovazione”

L’organizzazione. L’aumento di investimenti in Innovazione Digitale da parte delle imprese italiane porta la necessità di definire una Governance efficace, strutturando adeguati modelli organizzativi per diffondere il processo di innovazione e una “cultura digitale” in tutta l’azienda. A questo scopo, il 39% delle grandi imprese ha deciso di strutturare una “Direzione Innovazione” o un singolo ruolo dedicato, mentre nelle PMI sono ancora molto rari i ruoli dedicati. Nel 44% delle grandi aziende, oltre alla Direzione Innovazione, sono presenti figure provenienti da altre linee di business incaricate di favorire la gestione e la diffusione di innovazione.

È sempre più diffusa la Corporate Entrepreneurship, l’attività volta a creare stimoli imprenditoriali nella popolazione aziendale. Nella maggioranza dei casi si traduce in formazione su competenze digitali e imprenditoriali (47%) e azioni sul management per introdurre stili di leadership indirizzati al change management (46%).

“In un contesto sempre più sfidante e competitivo, in cui le minacce e le possibili fonti di innovazione sono sempre più dinamiche ed eterogenee, le imprese devono trovare un equilibrio tra l’apertura alla sperimentazione aperta ed esplorativa ed il focus  sul conseguimento degli obiettivi di business – afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico della Digital Transformation Academy -. Per far questo, è necessario fornire un chiaro indirizzo e senso di direzione da parte dei vertici aziendali e contemporaneamente sviluppare una “cultura diffusa dell’innovazione” in azienda, superando gli ostacoli, che sembrano essere soprattutto la difficoltà ad accettare il fallimento come parte integrante del percorso di apprendimento, una ridotta propensione a dedicare spazio e tempo a queste attività e la limitata abitudine ad agire con pensiero creativo”.

A che punto è l’Open innovation

Cresce per le imprese la necessità di individuare meccanismi per stimolare l’ecosistema esterno di innovazione e oggi l’81% delle grandi aziende italiane adotta azioni di open innovation. L’ecosistema di attori da cui le imprese traggono stimoli e spunti di innovazione è sempre più ampio e vario, e sono fondamentali anche attori meno tradizionali: il 69% delle imprese ha realizzato collaborazioni con università e centri di ricerca, il 47% azioni di startup intelligence, il 39% partner scouting con imprese consolidate. Le startup sono un attore fondamentale per stimolare l’innovazione anche in imprese consolidate. Il 49% delle grandi imprese già collabora attivamente con startup, mentre per le PMI è un approccio ancora poco diffuso.

“L’adozione di approcci di open innovation è una pratica sempre più diffusa all’interno delle imprese italiane, soprattutto in quelle di grande dimensione – dice Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence -, con una predilezione per gli approcci ‘inbound’ che puntano a stimolare e sfruttare opportunità provenienti dall’esterno. In particolare, spiccano le collaborazioni con enti di formazione e ricerca, la ricerca di startup e la definizione di partnership con altre imprese. Sta altresì crescendo l’attenzione ad integrare questi spunti con le iniziative interne volte a favorire una cultura interna d’innovazione più esplicita e pervasiva”.

Raddoppiano gli investimenti in startup

Nel 2021 i finanziamenti alle startup italiane raddoppiano e superano quota 1,4 miliardi di euro (+118% rispetto al 2020). Gli investimenti da parte di attori formali si confermano primo comparto a valore, registrando una crescita del 96% e passando dai 294 milioni del 2020 ai 576 milioni del 2021. Dopo la crescita bloccata nel 2020 a seguito dell’emergenza sanitaria, i finanziamenti da attori informali tornano a salire, toccando quota 449 milioni di euro (+92%).

La componente dei finanziamenti internazionali determina in modo significativo il raddoppio degli investimenti, passando dai circa 130 milioni di euro del 2020 agli oltre 435 milioni di quest’anno.

Si tratta di un “passaggio epocale” per il nostro ecosistema, che finalmente “sfonda” la soglia rappresentativa del miliardo di euro di investimenti annui, mostrando una crescita annua senza precedenti (addirittura superiore al balzo effettuato tra il 2017 e il 2018).

In questo incoraggiante contesto, gli investimenti da parte di attori formali (fondi VC indipendenti, fondi CVC aziendali e fondi GVC) confermano il loro tradizionale ruolo di guida per l’intero ecosistema, registrando una crescita del 96% e passando dai 294 milioni del 2020 ai 576 milioni del 2021.

Queste alcune delle evidenze emerse dall’Osservatorio Startup Hi-tech promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con InnovUp – Italian Innovation & Startup Ecosystem.

“Il dato degli investimenti segna la forte ripresa dell’ecosistema a seguito della crisi legata alla pandemia, la cui parola d’ordine nel 2020 era stata “tenuta” a fronte della situazione di emergenza affrontata da numerose startup” dichiara Antonio Ghezzi, Direttore dell’Osservatorio Startup Hi-Tech “Sembra infatti esserci stato un effetto pressoché immediato a seguito delle diverse misure messe in atto a livello istituzionale, testimoniate dalla recente iniezione di ulteriori 2 miliardi al Fondo Nazionale Innovazione, che si vanno ad aggiungere agli 1,3 miliardi già allocati in passato e che bene hanno sostenuto l’ecosistema”.

Gli investimenti in startup hi-tech italiane nel 2021

Dei 193 round di finanziamento registrati nel 2021, 115 (pari al 60%) risultano essere “primi round”, vale a dire il primo investimento in assoluto per la startup. Questo valore risulta in perfetta linea con quello registrato lo scorso anno, quando i primi round erano stati 94 (pari al 55% dei round 2020). Il taglio medio degli investimenti in primo round è passato da 4,7 milioni del 2020 ai 4 milioni del 2021, dunque registrando un lieve calo. La forte crescita di quest’anno è quindi spiegata maggiormente dalla tendenza degli investimenti raccolti nei round successivi: nel 2021 infatti, questi ultimi registrano una media per singolo round pari a 12 milioni di euro, contro i 9 milioni del 2020.

“Le startup sembrano essere sempre più un veicolo per attrarre capitale all’interno del nostro Paese, un tema che la politica e le istituzioni nazionali dovranno continuare ad affrontare con continuità nei prossimi anni – commenta Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Hi-Tech -. Rispetto ad ecosistemi europei più maturi, quali Francia, Germania e Spagna, l’Italia è riuscita quest’anno a ridurre notevolmente il gap esistente, nonostante la dimensione relativa al nostro ecosistema corrisponda ancora a circa un ottavo di quello francese, un sesto di quello tedesco e tre quinti di quello spagnolo”.

Investitori formali e informali

I finanziamenti provenienti da attori formali (ovvero i fondi di Venture Capital (VC) indipendenti, i fondi di Corporate Venture Capital (CVC) aziendali e il Governmental Venture Capital (GVC) o Finanziarie Regionali) confermano il loro tradizionale ruolo di guida per l’intero ecosistema grazie a un’importante crescita di circa il 96%, passando dai 294 milioni di euro del 2020 ai 576 milioni del 2021. È al comparto degli investitori formali, che hanno giocato il ruolo di attore istituzionale fondamentale per il nostro Paese, a cui si deve buona parte dell’impresa odierna dell’ecosistema italiano, che dopo un anno particolarmente difficile come il 2020 è riuscito a far segnare un +118% negli investimenti complessivi.

I finanziamenti da attori informali (che includono Venture Incubator, Family Office, Club Deal, Angel Network, Independent Business Angel, piattaforme di Equity Crowdfunding e aziende non dotate di fondo strutturato di CVC), seconda componente che determina il valore complessivo, registrano a loro volta una crescita superiore al 92%, passando dai 245 milioni di € del 2020 ai 449 del 2021. Tale incremento rispecchia il trend di crescita dell’ecosistema e conferma la forte rilevanza del comparto informale per il tessuto imprenditoriale italiano, giocando anch’esso un ruolo di guida al fianco del comparto formale nella ripresa dell’ecosistema.

I finanziamenti internazionali

La terza ed ultima componente – quella dei finanziamenti internazionali – determina in maniera significativa il raddoppio degli investimenti del 2021, passando da circa 130 milioni di euro del 2020 agli oltre 435 milioni di quest’anno, e portando così il comparto – che lo scorso anno aveva registrato una forte contrazione – a un vero e proprio exploit con un valore più che triplicato, e tornando a costituire circa un terzo dell’intero ecosistema come nel 2019.

I capitali attratti dall’ecosistema startup hi-tech da parte di player esteri nel 2021, provengono prevalentemente dagli Stati Uniti (74%), seguiti dall’Europa (25%) e in minore parte dall’Asia (0,43%).

“Il risultato di quest’anno accorcia la distanza che ci separa dai principali Paesi europei, per quanto riguarda il volume dei finanziamenti annui che sostengono le nostre startup. Dobbiamo quindi essere orgogliosi del salto in avanti, ma non possiamo ancora ritenerci pienamente soddisfatti” dichiara Angelo Coletta, Presidente di InnovUp “E’ necessario che lo Stato renda strutturale l’iniezione di liquidità nell’ordine di grandezza di diversi miliardi di euro nell’ecosistema e non solo una misura “una tantum”, al fine di avviare un circolo virtuoso che generi un mercato in grado di crescere autonomamente: le startup che operano all’interno dei Paesi europei più sviluppati da questo punto di vista sono sostenute da un mercato pubblico/privato del venture capital che raccoglie decine di miliardi l’anno, è quindi fondamentale ridurre sempre di più questo gap”.

“Il 2021 – dice Ghezzi – ha rappresentato un anno di conferma e di evoluzione: come testimoniato dall’eccellente risultato ottenuto dall’ecosistema italiano, il tessuto di startup, aziende, fondi, business angel, e molti altri attori in gioco ha dimostrato di sapersi adattare al contesto emergenziale e fare di necessità virtù all’interno di questa nuova normalità”.

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