Due terzi delle città dell’Unione europea non hanno gli strumenti per mettere in atto i progetti per il contrasto al cambiamento climatico e quasi la metà è indietro nella trasformazione digitale. Lo rileva lo studio della Banca europea degli investimenti (Bei) “The state of local infrastructure investment in Europe: Eib Municipalities survey 2020”. La maggior parte delle amministrazioni locali europee riferisce una serie di gap negli investimenti in infrastrutture che colpisce soprattutto i settori della green economy, della digitalizzazione e dei trasporti urbani.
Si tratta di un ritardo che contrasta con le strategie e gli investimenti di larga scala previsti dal Recovery fund e dai piani di ripresa nazionali, come il Pnrr italiano. Le autorità locali, infatti, ricorda il report della Bei, rappresentano il 45% di tutti gli investimenti pubblici e ciò le rende un elemento chiave per la riuscita dei progetti di ripresa economica e sociale e tutela dell’ambiente.
Il report si basa sul sondaggio tra quasi 700 città dell’Unione europea condotto nell’estate del 2020, a pochi mesi dall’inizio della pandemia di Covid-19.
Città indietro nella transizione digitale e verde
Dopo la crisi finanziaria del 2008 gli investimenti infrastrutturali delle città erano ripresi, ma l’ultimo anno ha rallentato gli sforzi e accentuato le criticità, aggiungendo nuove aree a un gap mai sanato: la digitalizzazione e i progetti green. La principale difficoltà riscontrata dalle amministrazioni locali è la scarsità di fondi, ma pesano anche la molteplicità di norme e le limitate capacità tecniche.
“La maggior parte delle città dell’Ue ci ha detto che i loro investimnti restano inadeguati. La mancanza di capacità tecniche e di pianificazione sono tra i maggiori ostacoli. Molte amministrazioni locali non hanno mezzi sufficienti per gestire le sfide della transizione digitale e climatica”, ha affermato la Chief economist del Bei, Debora Revoltella. “Per raggiungere i suoi obiettivi l’Europa deve aiutare le città ad attrezzarsi”, ha proseguito Revoltella, aggiungendo che “la buona notizia è che le città sono desiderose di mettersi al passo”.
L’impatto del Covid-19 sugli investimenti
Nei tre anni prima della pandemia gli investimenti infrastrutturali erano aumentati per quasi due terzi delle città dell’Unione europea, ribaldando un trend di austerità durato dieci anni. Gli incrementi più sostanziosi si erano registrati per gli investimenti nelle aree strategiche delle infrastrutture digitali e sociali e nella mitigazione dei cambiamenti climatici. Le differenze tra regioni restavano: in Europa del Sud gli investimenti delle amministrazioni locali erano piatti o addirittura in diminuzione. E comunque per tutte le amministrazioni cittadine occorreva investire ancora di più, soprattutto nella transformazione digitale.
Il Covid-19 ha introdotto una nuova variabile nell’andamento degli investimenti pubblici. le priorità si sono indirizzate sempre di più sulle infrastrutture digitali e sociali e la carenza di risorse è emersa con prepotenza soprattutto per le città del Sud d’Europa, dove il 38% riferisce di essere indietro negli investimenti in digitale.
Inoltre la rinnovata attenzione sul digitale e il sociale ha lasciato indietro i progetti legati alla green economy, col rischio che uno dei due pilastri dei piani di ripresa e resilienza diventi sempre più fragile.
Mancano i fondi ma anche le competenze
In generale, quasi l’80% delle città dell’Ue considera la carenza di fondi il primo ostacolo a investire. Ma anche le competenze sono una barriera: per quasi due terzi degli intervistati mancano le capacità di gestione dei progetti green e per quasi la metà non ci sono competenze per condurre i progetti di digitalizzazione.