Le imprese femminili accelerano su digitale e green. Ma una su due non investee per questo servono strumenti a sostegno degli investimenti. A dirlo il V Rapporto sull’imprenditoria femminile, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Centro studi Tagliacarne e Si.Camera.
La ripresa post pandemia ha convinto un ulteriore 14% di imprese femminili ad iniziare ad investire nel digitale (a fronte dell’11% delle aziende maschili) e un 12% a investire nel green (contro il 9%). A queste si aggiunge, in misura equivalente alle imprese non femminili, un 31% di aziende che ha aumentato o mantenuto costante gli investimenti in tecnologie digitali in questi anni, e il 22% che ha fatto altrettanto nella sostenibilità ambientale (contro il 23% delle altre imprese). Le donne d’impresa, quindi, si sono lanciate nella duplice transizione che le politiche europee sostengono con forza e che rappresenta il core del Pnrr italiano. Ma non senza difficoltà. La metà delle imprese femminili, infatti, ha interrotto gli investimenti o addirittura esclude di volerli avviare nel prossimo futuro.
“Di fronte alle grandi sfide poste dal Pnrr al sistema produttivo nazionale, le donne italiane a capo di una impresa stanno rispondendo positivamente, accelerando sul fronte degli investimenti digitali e in tecnologie più rispettose dell’ambiente”, commenta il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “Ma questa inclinazione va sostenuta ed aiutata. Le imprenditrici, infatti, sentono l’esigenza di migliorare la formazione alle nuove tecnologie 4.0 e green sia a livello scolastico che universitario, di avere un accesso più facile alle risorse finanziarie, di semplificare le procedure amministrative. E chiedono anche una forte e costante attività di sensibilizzazione su questi temi, per comprenderne meglio la portata e gli effetti. Sulla loro strada, le imprenditrici troveranno le Camere di commercio, che non hanno mai fatto mancare il proprio supporto a tutte quelle donne già impegnate o che aspiravano a impegnarsi nel mondo dell’impresa”.
Il numero delle imprese femmnili
A fine giugno 2022, l’esercito delle imprese femminili conta un milione e 345mila attività, il 22,2% del totale delle imprese italiane. Questo universo ha caratteristiche proprie rispetto alle imprese gestite da uomini: una maggior concentrazione nel settore dei servizi (66,9% contro il 55,7%), minori dimensioni (il 96,8% sono micro imprese fino a 9 addetti, contro il 94,7% delle maschili), una forte diffusione nel Mezzogiorno (il 36,8% delle imprese guidate da donne opera in queste regioni, contro il 33,7% delle non femminili). Le analisi effettuate mostrano anche che le imprese femminili hanno una minore capacità di sopravvivenza: a tre anni dalla loro costituzione, restano ancora aperte il 79,3% delle attività guidate da donne, contro l’83,9% di quelle a guida maschile e, dopo cinque anni, la quota delle imprese femminili che sopravvivono è del 68,1%, contro il 74,3% delle altre.
Più giovani donne, però, scelgono la via dell’impresa: le imprese giovanili femminili sono il 10,5% del totale delle aziende condotte da donne, mentre l’imprenditoria giovanile pesa il 7,6% sull’insieme delle imprese maschili. Fondare una impresa rappresenta anche una via importante di integrazione sociale ed economica e questo vale ancora di più per le donne. Le imprenditrici di origine straniera sono infatti percentualmente più numerose: tra le imprese femminili, quelle guidate da straniere sono l’11,8%, a fronte del 10,4% di quelle condotte da uomini.
Nel secondo trimestre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021, il numero delle imprese femminili è rimasto sostanzialmente stabile, crescendo di 1.727 unità (+0,1%).
Il confronto con lo scorso anno mostra un incremento delle imprese femminili soprattutto nell’industria (+0,3%) e nei servizi (+0,4%), tra le società di capitali (+2,9%), nel Mezzogiorno (+0,6%), tra le imprese straniere (+2,6%).