Negli Usa è avviato un dibattito tra tecnologi, antropologi e scienziati sull’impatto delle tecnologie digitali nell’evoluzione umana. Dopo l’enfasi dei successi dell’innovazione si è incominciato a riflettere su come il “salto digitale” costituisca un evento di proporzioni mai conosciute nella storia. Attraverso i social media, Internet ha messo gli strumenti di comunicazione su scala globale nelle mani di miliardi di individui. Una nuova frontiera si è aperta e una sorta di trasparenza permanente sembra conquistata. Servizi come YouTube, Facebook, Twitter, Tumblr, Instagram, WhatsApp e Snapchat generano nuovi media alla pari del telefono o della televisione, ad una velocità dirompente. Ci sono voluti decenni per gli ingegneri per sviluppare e implementare reti telefoniche e televisive e di conseguenza la società aveva qualche tempo per adattarsi. Oggi un servizio di social-media può essere sviluppato in settimane e centinaia di milioni di persone possono utilizzarlo entro mesi. Questo intenso ritmo di innovazione non dà più il tempo per adattarsi. L’impatto sulle nostre vite e sulle istituzioni sarà sempre più profondo. I governi, gli eserciti, le chiese, le università, le banche e l’intera società si sono invece evoluti per prosperare in un ambiente epistemologico relativamente oscuro, in cui la maggior parte della conoscenza era locale, i segreti venivano facilmente tenuti, e le persone erano, se non cieche, miopi.
Quando queste organizzazioni si trovano improvvisamente esposte alla luce del giorno, per la trasparenza o l’invasività indotta dagli strumenti della comunicazione globale ben presto scoprono che non possono più fare affidamento su metodi antichi. Esse devono rispondere alla nuova trasparenza o estinguersi. Scatta perciò la corsa ad interfacce di protezione tra i loro affari interni e il mondo pubblico. Per analogia, dobbiamo aspettarci che alle pressioni indotte dalla tecnologia digitale e dalla conseguente trasparenza sociale le istituzioni risponderanno dotandosi sempre più di strumenti di segretezza e di auto-presentazione. Attraverso i social network, voci e opinioni ora possono propagarsi in tutto il mondo nel giro di pochi giorni, se non ore. Con i sondaggi trasparenti pubblici sempre più disponibili, le società di informazione e gli analisti politici stanno per affrontare un’esistenza sempre più difficile. D’altra parte, le stesse pressioni inducono anche all’evoluzione degli assetti organizzativi. C’è da parte delle nuove tecnologie una pressione darwiniana a selezionare le organizzazioni più piccole, che annunciano un’era nella quale si potrà dire “troppo grande per avere successo.”
A questo rispondono le istituzioni globali, cercando invece in segrete stanze di esercitare un controllo sempre più ramificato delle varie articolazioni sociali. Le rivelazioni di Snowden circa il funzionamento interno della National Security Agency dimostrano come nell’era della trasparenza un unico individuo possa interrompere le malefatte di Stato. Oggi l’Nsa proprio a causa di Snowden dice di voler cambiare il suo ambiente operativo. Con ottimismo si potrebbe credere che questo periodo di turbolenze ci spingerà verso organizzazioni più in linea con i codici morali della società e verso nuovi modi per correggere il comportamento deviante. La nuova trasparenza porterà invece ad una proliferazione di strumenti e tecniche per la guerra delle informazioni. Nella migliore delle ipotesi sistemi sempre più complessi di crittografia e decrittografia. C’è un aspetto auto-limitante, per questo emergente, nel nuovo ordine umano. Proprio come le colonie di formiche possono fare cose che le singole formiche non possono, le organizzazioni umane possono anche trascendere le capacità e gli ideali degli individui, dando luogo a sovrumani ricordi, opinioni, piani, azioni, forse anche valori sovrumani. Nel bene e nel male, dunque, siamo su un percorso evolutivo.