LA CLASSIFICA

Digitale e sostenibilità, Trentino Alto Adige al top. Sorpresa Molise

La Fondazione per la Sostenibilità Digitale lancia il Digital Sustainability Index (Disi), il primo indice italiano che misura la sostenibilità digitale di persone, organizzazioni e territori. Marche, Piemonte e Toscana fanalini di coda

Pubblicato il 22 Apr 2022

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La Fondazione per la Sostenibilità Digitale lancia il Digital Sustainability Index, (Disi), il primo indice italiano che misura la sostenibilità digitale di persone, organizzazioni e territori.

Si tratta di un indice che misura il livello di consapevolezza dell’utente nell’uso delle tecnologie digitali quali strumenti di sostenibilità. Serve cioè per misurare le correlazioni tra tre elementi dell’individuo: il livello di digitalizzazione, inteso come rapporto tra la propria competenza percepita e quella desumibile da fattori oggettivi; il livello di sostenibilità, inteso come il rapporto tra consapevolezza sul tema nelle sue dimensioni ambientale, economica e sociale ed i conseguenti atteggiamenti e comportamenti; il livello di sostenibilità digitale, inteso come la propensione dell’individuo ad utilizzare consapevolmente le tecnologie digitali come strumenti a supporto della sostenibilità.

Il Disi è stato costruito su un campione rappresentativo della popolazione italiana sulla base di 3.600 interviste con un mix di modalità (cati/cawi/cami) e realizzato dall’Istituto Piepoli per la Fondazione per la Sostenibilità Digitale.

L’indice è stato presentato oggi in occasione del convegno che celebra del primo anno di vita della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, a cui hanno partecipato il ministro della Mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, la sottosegretaria al Mise, Anna Ascani.

 A cosa serve il Disi

Il Disi, nei suoi risultati di sintesi e nell’analisi dei componenti di dettaglio, è uno strumento utile alle amministrazioni per comprendere su quali leve agire per supportare i cittadini nel percorso di comprensione del ruolo della sostenibilità digitale e dei suoi vantaggi: dall’economia circolare, alla diffusione di strumenti utilizzati per il risparmio energetico, dalle piattaforme di condivisione e riuso alle applicazioni per la gestione della raccolta differenziata, dal fair commerce ai comportamenti sostenibili.

L’indice consente infatti di capire se si debba agire sulla consapevolezza digitale e sulla leva della conoscenza delle tecnologie, se si debba invece operare per promuovere i principi culturali della sostenibilità o stimolare comportamenti sostenibili, oppure se sia necessario far capire meglio come e perché utilizzare la tecnologia specificatamente come leva per lo sviluppo sostenibile.

Il valore che ne è risultato non fornisce (solo) un’indicazione del livello di digitalizzazione del territorio, o di consapevolezza delle persone rispetto ai temi della sostenibilità, ma dà un’indicazione del livello d’uso consapevole delle tecnologie come strumenti di sostenibilità in relazione alla diffusione del digitale e dell’incidenza di comportamenti sostenibili ad esso correlati.

Nella costruzione dell’indice si sono considerati quattro profili di popolazione caratterizzati da specifiche attitudini verso il digitale e verso la sostenibilità, che danno luogo a quattro quadranti:

  • Sostenibili digitali: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti orientati alla sostenibilità ed usano gli strumenti digitali;
  • Sostenibili analogici: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti orientati alla sostenibilità ma non usano gli strumenti digitali;
  • Insostenibili digitali: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti non orientati alla sostenibilità, ma usano strumento digitali;
  • Insostenibili analogici: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti non orientati alla sostenibilità, né usano strumento digitali.

L’analisi delle Regioni italiane

Quella che emerge con il Disi è un’Italia molto diversa rispetto a quella raccontata dalle analisi tradizionali. “Il nostro obiettivo, infatti, non è stato quello di indagare sul livello di digitalizzazione del territorio – spiega il presidente della Fondazione, Stefano Epifani –  ma comprendere come, in rapporto ad esso ed alla percezione del concetto di sostenibilità, le persone siano consapevoli del fatto che la digitalizzazione possa e debba essere strumento a supporto, appunto, della sostenibilità”.

Ne nasce una rappresentazione del paese dalla quale si evidenziano diverse conferme ed alcune sorprese: è il Trentino Alto Adige a guidare la classifica, forte sia di un buon indice di digitalizzazione che di un alto coefficiente di cittadini che sono consapevoli del ruolo della tecnologia a supporto della sostenibilità. Ma in seconda posizione trova posto il Molise, Regione caratterizzata da un bassissimo indice di digitalizzazione.

In questo caso a posizionarla così in alto nella classifica è l’alta percentuale di cittadini molisani che – pur in condizioni infrastrutturali spesso critiche – danno grande importanza sia alla sostenibilità che al digitale come strumento a supporto della sostenibilità. Seguono Lazio, Friuli Venezia Giulia e Sardegna. Marche, Piemonte e Toscana chiudono la classifica. A penalizzare queste regioni non è tanto il coefficiente di digitalizzazione che – fatta eccezione per le Marche – è al di sopra della media italiana, ma il rapporto molto sfavorevole tra utenti digitali ed utenti digitali che hanno consapevolezza del possibile ruolo della tecnologia come strumento della digitalizzazione, oltre a comportamenti conseguenti.

“Da evidenziare, quindi, come l’indice non evidenzi la diffusione assoluta degli strumenti digitali o una generica cultura d’uso del digitale – prosegue Epifani – ma la consapevolezza del fatto che la digitalizzazione debba essere funzionale alla sostenibilità ed il conseguente uso degli strumenti digitali al supporto dei processi di sostenibilità ambientale, economica e sociale”.

Emerge quindi come anche regioni digitalmente avanzate – ad esempio la Lombardia – possano avere difficoltà a declinare tale condizione con la capacità di sfruttarla per migliorare le performance dei propri cittadini in termini di comportamenti sostenibili. Allo stesso tempo, regioni che fanno della sostenibilità la propria bandiera (ad esempio l’Umbria) scontano, a causa di una scarsa cultura della sostenibilità digitale, una peggiore condizione in classifica.

Gli identikit

Se dovessimo tracciare il profilo socio-demografico dei quattro cluster identificati nella ricerca, questi sarebbero i profili emergenti:

  • Sostenibili Digitali (26% degli italiani): Sono prevalentemente uomini di età dai 18 ai 44 anni (55% del cluster). Laureati con un reddito superiore ai 30000. Vivono per lo più in grandi centri urbani del Nord Est e del Centro.
  • Insostenibili Digitali (25% degli italiani): Sono prevalentemente uomini di età dai 18 ai 44 anni (56% del cluster). Diplomati e laureati con un reddito fino a 30000 euro. Vivono per lo più in grandi centri urbani del Nord Ovest e del Sud e Isole.
  • Insostenibili Analogici (31% degli italiani): Sono prevalentemente donne di età superiore ai 44 anni (58% del cluster). Diplomati con un reddito fino a 40000 euro. Vivono per lo più in piccoli e medi centri urbani del Sud e Isole.
  • Sostenibili Analogici (18% degli italiani): Sono sia uomini che donne di età superiore ai 44 anni (56% del cluster). Hanno un titolo di studio medio basso. Vivono per lo più in piccoli centri urbani del Nord e del Centro.

Digitale e sostenibilità, cosa pensano gli italiani?

Per quanto riguarda la percezione del valore della digitalizzazione, l’88% degli italiani la considera un’opportunità, contro il 12% che la considera una minaccia. Uno scostamento di 3 punti rispetto alla rilevazione del 2021, nella quale la tecnologia era considerata un’opportunità per il 92% degli intervistati. Approfondendo il dato, il 26.9% degli italiani ritiene che la tecnologia rappresenti una grande opportunità, il 61.2% la vede come un’opportunità della quale comprendere i rischi, i 7.4% come una minaccia della quale cogliere le opportunità ed il restante 4.6% una minaccia assoluta.

Leggermente peggiorata la percezione dell’urgenza di affrontare temi come quelli dell’inquinamento e del cambiamento climatico rispetto alla rilevazione del 2021. Per il 71.5% degli italiani (erano il 74.5% l’anno scorso) il cambiamento climatico è un problema non più procrastinabile, così come l’inquinamento (73.1% contro il 77.1% dello scorso anno). Da notare come per il cluster dei “sostenibili analogici” la percentuale sia del 69.3%, mentre per i “sostenibili digitali” la quota salga al 78.7%.

Grande attenzione degli italiani verso la necessità di aumentare il proprio livello di conoscenza sui temi della sostenibilità: il 90% degli italiani ritiene di doversi informare di più, contro il 10% che si dichiara soddisfatto del suo livello di competenza. Perfettamente ripartite le opinioni sulla facilità per un cliente di capire se una azienda sia sostenibile: il 50% degli intervistati lo ritiene facile, il 50% difficile.

Contrastanti le opinioni sul ruolo della tecnologia per la sostenibilità: l’83% degli italiani considera la tecnologia utile per il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità. Tuttavia, ben il 57% degli italiani è d’accordo nel considerare la tecnologia digitale come fonte di diseguaglianze, perdita di posti di lavoro ed ingiustizia sociale. Un dato certo non positivo, ma comunque migliore di quello dello scorso anno, quando tale percentuale era del 65%.

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