L'APPROFONDIMENTO

Digitale fra Pnrr e fondi europei: per le Regioni non sarà una passeggiata

Decisivo agire in maniera proattiva per ricostruire un quadro chiaro delle notevolissime risorse finanziarie disponibili, della divisione dei compiti tra il livello centrale e quello locale, e soprattutto dei bisogni emersi sui territori

Pubblicato il 22 Ott 2021

Luigi Reggi

Analista di politiche pubbliche per l'Information technology e l'innovazione

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Come riportato da CorCom, l’assessore ai sistemi informativi del Friuli-Venezia Giuila Sebastiano Callari è recentemente intervenuto alla Conferenza Stato-Regioni sottolineando l’importanza che ogni Regione definisca in tempi brevi una strategia per lo sviluppo digitale dei propri territori, “per utilizzare in modo adeguato le risorse provenienti dall’Unione europea”.

Una “strategia” digitale regionale si sostanzia in un documento a metà tra l’analisi rigorosa e la visione politica, frutto di un confronto tra rappresentanti eletti, dirigenti delle amministrazioni pubbliche, esperti di settore, partnenariato socio-economico e portatori di interesse. Contiene indicazioni su quali priorità perseguire e su quali fondi pubblici utilizzare per ognuna delle azioni previste, a partire dai punti di forza e di debolezza dello stato della trasformazione digitale nel territorio, nonché dalle opportunità future di sviluppo.

L’adozione di una strategia per le politiche digitali era una delle precondizioni (condizionalità ex-ante) per accedere ai fondi europei 2014-2020, e infatti tutte le regioni italiane ne hanno una, nella forma di un documento a sé stante o di un capitolo della più generale strategia per la ricerca e l’innovazione (Smart Specialization Strategy).

Investire sulle strategie digitali

Alcuni mesi fa ho pubblicato – assieme al Prof. J. Ramon Gil-Garcia, direttore del Center for Technology in Government della State University of New York at Albany – una valutazione indipendente sulla capacità delle strategie digitali regionali di rispondere ai bisogni dei territori.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Government Information Quarterly, ha paragonato una serie di indicatori di contesto (simili a quelli del Desi) con le risorse finanziarie che sono state destinate dalle regioni europee “meno sviluppate” ai vari temi del digitale come la banda ultralarga, i servizi infrastrutturali, l’inclusione digitale, la diffusione dell’Ict nelle imprese e la trasformazione digitale della PA. Da questa valutazione emerge che sì, le attuali strategie digitali nel periodo 2014-2020 sono, complessivamente, coerenti con le caratteristiche dei territori. È una buona notizia. Significa che il requisito stabilito dalla Commissione Europea di dedicare tempo e risorse per analizzare i dati disponibili, ascoltare i territori e adottare un approccio strategico è servito ad avere strategie coerenti con le sfide da affrontare. È ancora di più una buona notizia se si paragona questo risultato con quello ottenuto da uno studio simile riferito al periodo di programmazione precedente, il 2007-2013, quando l’obbligo di approvare un documento strategico non era ancora in vigore (e, infatti, solo poche regioni lo avevano adottato). In quel caso le allocazioni finanziarie dei programmi europei erano disallineate con i bisogni dei territori, anzi le regioni preferivano ignorare sistematicamente i propri punti di debolezza.

Le prossime sfide

Nel periodo 2014-2020, insomma, c’è stato un passo in avanti per i decisori pubblici, che sembra abbiano migliorato la propria capacità di analisi e ascolto nel processo di allocazione delle risorse finanziarie sugli aspetti più urgenti.

Oggi serve ancora un passo in più per affrontare le sfide dei prossimi anni. Innanzitutto, il Pnrr ha ulteriormente complicato il quadro delle risorse disponibili a diversi livelli di governo, sommandosi ai fondi ordinari, ai fondi strutturali e di investimento europei 2021-2027 e alle altre fonti di finanziamento come il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (Fsc). Inoltre, la programmazione delle azioni a livello regionale si è complicata a causa della crescente importanza delle strategie e degli investimenti a livello nazionale, resi ancora più urgenti dai vincoli di spesa del recovery plan. Infine, l’obbligo cogente di analizzare dati e territori per sviluppare una strategia digitale coerente con le priorità di policy non è più previsto nella bozza del nuovo regolamento comunitario, che priva le Regioni di un “incentivo” a essere il più possibile rigorosi nell’analisi.

Sarà quindi decisivo per le Regioni italiane agire in maniera proattiva per ricostruire un quadro chiaro delle (notevolissime) risorse finanziarie disponibili, della divisione dei compiti tra il livello centrale e quello regionale e locale, e soprattutto dei bisogni emersi dal proprio territorio, letti attraverso le numerose lezioni apprese degli anni passati, in termini di successi e fallimenti.

Le prossime sfide riguardano la chiusura del processo di negoziazione con la Commissione Europea sui nuovi Programmi Regionali 2021-2027, che definiranno azioni e linee di investimento per il nuovo settennato, e l’aggiornamento delle strategie regionali per la crescita digitale (“digital growth”) e per la specializzazione intelligente (“smart specialization”).

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