I DATI

Digitale, per il 45% delle pmi del Nord Est è marginale o troppo costoso

È quanto emerge dalle rilevazioni dell’Osservatorio Innovazione Digitale del Politecnico di Milano presentate in occasione della prima edizione della Fiera A&T Nordest. Il 36% sta investendo in modo strutturato e ha messo a punto strategie ad hoc ma resta alto il divario. Il 50% punta a elevare le competenze digitali ma solo il 6% ha inserito in azienda figure altamente formate

Pubblicato il 27 Ott 2023

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Il 36% delle Pmi del Nord Est ha consapevolezza della trasformazione tecnologica in corso, investe in innovazione e punta a digitalizzare i processi produttivi per non perdere terreno competitivo sui mercati globali. Una quota del 19% per cento si sta gradualmente attrezzando per il digitale, pur non avendo ancora compreso come poterne sfruttare tutti i benefici, mentre il 45% pensa che implementare tecnologie digitali sia marginale o troppo costoso. E’ questa la fotografia scattata dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle Pmi  del Politecnico di Milano e presentata al convegno di apertura della prima edizione della Fiera A&T Nordest, dedicata a innovazione, tecnologie, affidabilità e competenze 4.0 e 5.0, al polo fieristico di Vicenza. Per accelerare sull’innovazione, rendendo il digitale un asset strategico del territorio e del Paese, e non soltanto delle singole aziende, questo il quadro che emerge dalla ricerca, è necessario che tutti gli attori dell’ecosistema stringano un patto.

Lo scenario su Pmi e digitale

Le piccole e medie imprese italiane negli ultimi tre anni si sono trovate ad affrontare una serie di crisi che ne hanno messo a rischio la continuità operativa – spiega l’osservatorio –  Il 73% ha subito gli impatti dell’aumento dei prezzi sul mercato dell’energia, mentre il 72% ha sofferto a causa della crisi delle catene di approvvigionamento. A fronte di questo scenario, le Pmi che hanno aumentato gli investimenti in digitale nel 2022 rispetto all’anno precedente sono il 24% del campione, metà delle quali con incrementi superiori al 10% e solo il 6% dichiara di averli diminuiti.

A questo si aggiunge il fatto che soltanto il 50% delle Pmi del Nordest conduce attività per l’accrescimento delle competenze digitali, e soltanto il 6% lo fa inserendo figure con elevate competenze digitali. Inoltre, benché il 52% delle Pmi dichiari di aver avviato collaborazioni, solo il 13% lo fa con enti operanti nell’ambito dell’innovazione e del trasferimento tecnologico.

La necessità di una visione a lungo termine

“Gli scenari di incertezza a cui le imprese sono state sottoposte negli ultimi anni possono essere una occasione per spingere le piccole-medie imprese verso la transizione digitale – afferma Niccolò Ulderico Re, ricercatore dell’Osservatorio, che ha curato l’indagine – Il rischio, però, è adottare tecnologie con una visione di breve termine. Per garantire una crescita nel medio-lungo termine è, invece, necessario predisporre un terreno fertile in azienda. Il che si può realizzare potenziando le competenze, collaborando in progettualità con soggetti di differente natura – dalle imprese della propria filiera, a enti di trasferimento tecnologico, dalle università alle startup – e cercando di utilizzare gli incentivi e i bandi pubblici in maniera strutturata”.

Alberto Baban: “C’è bisogno di una salto culturale”

“I dati che emergono dalla ricerca non sono positivi, dobbiamo essere franchi, ma non possiamo puntare il dito sui singoli imprenditori, qui il tema è più ampio – sottolinea Alberto Baban,  presidente del Comitato scientifico industriale di A&T – È difficile stabilire quali siano le ricette per risolvere il problema. C’è bisogno di un salto culturale, deve intervenire l’ecosistema, in primo luogo lo Stato, ma anche i centri accademici e le associazioni di categoria. C’è bisogno di costruire una grande alleanza e di un patto tra tutti gli attori per far comprendere in primo luogo che le tecnologie digitali non sono un fine ma un mezzo e che il progresso tecnologico rappresenta un booster incredibile per la competitività”.

“Chi non lo comprende – prosegue Baban – rischia di rimanere fuori dal mercato. Non stiamo parlando della singola impresa, ma del territorio, dell’intero Paese, quindi c’è un interesse generale forte. Se il nostro sistema industriale sarà competitivo sarà l’intero Paese a guadagnarci. In secondo luogo servono mezzi e risorse e qui introduciamo il tema della formazione che dovrà essere continua, vista la velocità dei processi in atto. Le scuole di formazione, i centri accademici, ma anche le associazioni di categoria devono sollecitare maggiore attenzione. Se oltre metà delle imprese reputa marginale o troppo costosa l’adozione di tecnologie digitali credo che siamo di fronte a un fallimento. Ripeto, del sistema, non certo dei singoli”.

Focus su sostenibilità e digitalizzazione

“Le aziende italiane hanno varie leve sulle quali puntare per vincere le sfide della competizione, tra tutte spiccano l’innovazione di prodotto e di processo – aggiunge Luciano Malgaroli, Ceo di A&T – La ricerca applicata all’industria e la collaborazione tra imprese, centri di ricerca e università sono i requisiti fondamentali per avere un comparto produttivo eccellente e competitivo. Come si evince dall’indagine realizzata dal’Osservatorio Innovazione Digitale nelle Pmi del Politecnico di Milano, le piccole e medie imprese di quest’area devono accelerare il processo di adozione delle nuove tecnologie, in particolare del digitale”.

“Ormai è chiaro che sostenibilità e digitalizzazione sono diventati i requisiti di base per fare impresa e per contribuire allo sviluppo dei territori – conclude Malgaroli – Certo non possono agire da sole, ma di concerto con tutti gli attori istituzionali, economici e accademici che insieme costituiscono l’ecosistema di un territorio. Ecco perché A&T ha voluto affiancare un ampio programma di eventi specialistici all’esposizione di tecnologie, proprio per offrire momenti unici di aggregazione, aggiornamento e confronto. Il territorio del Nordest vanta università, poli d’innovazione e centri ricerca di primario livello ed è per me motivo di grande soddisfazione constatare la risposta corale e convinta del mondo della ricerca per dare vita ad un Comitato Scientifico di alto livello e realizzare un programma di eventi concretamente utile alle aziende”.

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