Dal momento in cui la Corte di giustizia europea ha stabilito che esiste il “diritto all’oblio” sul web, è nato anche un nuovo tipo di business. Una delle attività delle agenzie di comunicazione e di consulenza legale, sta diventando quella di cancellare i contenuti dei propri clienti da Google e dagli altri motori di ricerca. Tanto che il settimanale Time l’ha definita la “nuova industria del diritto a dimenticare”. Del diritto all’oblio inoltre, è la notizia più recente, si discuterà a Roma il 10 settembre, in un incontro pubblico organizzato dallo stesso Google. Il motore di ricerca di Mountain View, da maggio a questi giorni, ha ricevuto oltre 90mila richieste di cancellazione dei link “inadeguati o non più pertinenti” per un totale di oltre 250mila pagine web. Dall’Italia sono già seimila. Alla normativa inoltre si è già adeguando il motore di ricerca Bing e si dovrà adeguare anche Yahoo!
Non appena è stata emessa la sentenza dalla Corte di giustizia europea, è spuntato online anche il nuovo servizio Forget.me, lanciato da Bertrand Girin, fondatore del progetto e di una società di reputazione online per i vip. “Penso che ci sia un grande mercato, per una reale domanda” ha detto Girin a Time magazine. L’iscrizione al servizio è gratuita ma si potrà utilizzare a fondo poi con l’opzione premium. “Permette così alle persone di evitare passaggi legali e burocratici, ed è quindi più snello e facile rispetto alla procedura diretta di Google” spiega il fondatore. La società di consulenza americana Kelsey inoltre, prevede per il 2014 che le piccole e medie imprese spenderanno 3,5 miliardi di dollari per gestire la loro reputazione online.
“Quando Google ha messo online il suo form per compilare la domanda abbiamo visto un vuoto da colmare” ha spiegato Girin in un’intervista, al New York Times. In poco tempo il sito ha superato la quota di 17mila utenti registrati, che hanno presentato più di 2,500 richieste di rimozione di 7,600 link su Big G. Un’altra azienda che monitora la presenza online dei propri clienti, ha “sviluppato un algoritmo apposito, in modo da segnalare i link da rimuovere” spiega Andy Donaldson della società britannica Hit Research, che ha dichiarato di aver inviato centinaia di richieste per i propri clienti. “Tutto questo è un nuovo business per noi” ha aggiunto Donaldson.
“Il numero dei nostri contatti è aumentato del 50%, dall’inizio di maggio” ha spiegato a Time magazine, Simon Wadsworth di Ignyte, “perché la sentenza dell’Ue ha fatto capire alle persone che è possibile modificare le cose online e noi siamo contenti di poterli aiutare. Alcuni addirittura pensano che ci sia il pulsante Canc, per rimuovere i link da Google”.
“Non siamo d’accordo con la sentenza, ma rispettiamo l’autorità della Corte Unione Europea”, con queste parole sulle pagine del Guardian il vice presidente e responsabile dell’ufficio legale di Google, David Drummond, affronta il nodo del diritto all’oblio.
La questione cruciale è riuscire a bilanciare il diritto alla privacy di una persona con il diritto all’informazione di un’altra. Questa sentenza ha fatto in modo che l’Europa sia una nuova frontiera nel web, in quella “balcanizzazione di Internet” a cui Tim Berners-Lee vuole porre rimedio con una Carta dei diritti per la rete.
Qual è e dove sta, il confine tra diritto all’oblio e diritto alla privacy? “Nessun confine è, semmai, un problema di cerchi concentrici” spiega l’avvocato e esperto di diritto di Internet, Guido Scorza, al Corriere delle Comunicazioni. C’è inoltre una questione che ha del paradossale, perché Internet e il web non hanno confini fisici, quindi se si cerca con Google.com, casca il palco, perché lì non si possono rimuovere link. Per questo è stato definito anche il “diritto che non c’è”. Tanto che spuntano siti come “Hidden from Google” fatto da un programmatore del New Jersey, che raccoglie e ordina i risultati rimossi sul motore di ricerca. O altri contenuti vengono propagati per quello che è definito come ”effetto Streisand”.
“Il diritto all’oblio, quello vero e non quello che viene, spesso, contrabbandato per diritto all’oblio – spiega Scorza – è una declinazione particolare del diritto alla privacy ovvero diritto a che, trascorso un certo periodo di tempo, altri cessino il trattamento dei miei dati personali anche laddove tale trattamento era all’origine legittimo in nome, ad esempio, del prevalente diritto di cronaca. A proposito di confini, però, sia il diritto alla privacy, sia il diritto all’oblio hanno invalicabili confini che coincidono – o, almeno, dovrebbero coincidere – nell’emergere di altri diritti di pari rango. Penso, in particolare, al diritto della collettività ad informarsi, sapere e conoscere il proprio presente e la propria storia”.
Come dovrebbe essere bilanciato il diritto all’oblio di una persona con il diritto del pubblico di sapere? chiede Google, annunciando per questo 10 settembre a Roma la prima riunione dell’Advisor council. Il comitato consultivo dei saggi con Jimmy Wales di Wikipedia e l’italiano Luciano Floridi, professore di Filosofia ed Etica dell’Informazione all’Università di Oxford, poi Sylvie Kauffmann, direttore editoriale del quotidiano francese Le Monde e altri.
“Stiamo costituendo un comitato consultivo che raccolga le opinioni degli europei e ci aiuti così a esaminare la questione – scrive l’ufficio legale di Google – . Il comitato consultivo terrà le consultazioni in Europa questo autunno. Abbiamo intenzione di trasmettere le consultazioni in streaming in diretta e di registrarle”. In seguito alle consultazioni il comitato pubblicherà i risultati, che Google si augura saranno “utili per sviluppare le nostre policy in questo ambito”. Il comitato inviterà anche i governi, le aziende, i media, il mondo accademico, il settore tecnologico, le organizzazioni che si occupano di tutela dei dati e altre organizzazioni a dare il proprio contributo, “al fine di far emergere e approfondire le relazioni complesse che intercorrono tra il diritto di sapere e il diritto alla privacy”.
Si terranno incontri sul tema del diritto all’oblio, tra settembre e dicembre anche a Madrid, Parigi, Varsavia, Berlino, Londra e Bruxelles. Gli esperti che vorranno presentare la propria testimonianza agli incontri pubblici possono inviare una domanda, fino all’11 agosto, attraverso un modulo online.