L’ultima Newsletter del Garante Privacy italiano sforna i primi provvedimenti sul diritto all’oblio già vagliati e negati da Google. La nostra Authority replica in tutti i casi lo stesso diniego del motore di ricerca salvo due ipotesi. Entrambi i giudicanti contrappongono diritto all’oblio e interesse pubblico. La giurisprudenza della Corte di Giustizia UE rifugge da questa contrapposizione netta e pone in primo piano il principio della proporzionalità. Ci chiediamo allora: dov’è l’applicazione del principio di proporzionalità in queste pronunzie?
Non disponendo delle carte sottese ai ricorsi dobbiamo attenersi alle risultanze del singolo provvedimento. Da qui si capisce che in molti casi il richiedente aveva mal posto la domanda perché invocava la deindicizzazione laddove era necessaria la contestualizzazione o l’aggiornamento e così il Garante ha rigettato il ricorso. Comunque in tutti i provvedimenti si registra la mancata applicazione del principio di proporzionalità. Pare che i provvedimenti del Garante nostrano e di Google abbiamo applicato la disciplina sul diritto all’oblio considerando l’eccezione anziché la regola.
La regola evidente sia nella giurisprudenza che nella prassi come vedremo di seguito consiste nel procedere al bilanciamento dando prevalenza alla data protection. Poi si ammette l’eccezione della persona di rilievo pubblico ma si tratta di un’eccezione. Dunque risulta inammissibile e interpretativamente scorretto applicare la disciplina riducendo tutto alla dicotomia oblio contro interesse pubblico. Il principio di proporzionalità costituisce il corrimano nella disciplina del cosiddetto diritto all’oblio (meglio definito come diritto all’autodeterminazione informativa digitale) così come sancito a partire dalla giurisprudenza e dai provvedimenti generali del Garante nostrano fino a giungere alle Linee guida dei Garanti Privacy Ue sull’applicazione del diritto all’oblio siglate il 26 novembre 2014.
Cassazione 5525/2012, leading case nostrano sul diritto all’oblio. “La liceità del trattamento trova fondamento nella finalità del medesimo, quest’ultima costituendo un vero e proprio limite intrinseco del trattamento lecito dei dati personali, che fonda l’attribuzione all’interessato del potere di relativo controllo (tanto con riferimento alle finalità originarie che ai successivi impieghi), con facoltà di orientarne la selezione, la conservazione e l’utilizzazione. L’interessato ha diritto a che l’informazione oggetto di trattamento risponda ai criteri di proporzionalità, necessità, pertinenza allo scopo, esattezza e coerenza con la sua attuale ed effettiva identità personale o morale (c.d. principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza) (D.Lgs. 196/2003, art. 11). Gli è pertanto attribuito il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, nonché di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l’aggiornamento, l’integrazione (D.Lgs. 196/2003, articolo 7).
Al di là delle specifiche fonti normative, è in ogni caso il principio di correttezza (quale generale principio di solidarietà sociale – che trova applicazione anche in tema di responsabilità extracontrattuale – in base al quale il soggetto è tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonché volto alla salvaguardia dell’utilità altrui – nei limiti dell’apprezzabile sacrificio –, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità in ordine ai falsi affidamenti anche solo colposamente ingenerati nei terzi: cfr. Cass., 20 febbraio 2006, n. 3651; Cass., 27 ottobre 2006, n. 23273; Cass., 15 febbraio 2007, n. 3462; Cass., 13 aprile 2007, n. 8826; Cass., 24 luglio 2007, n. 16315; Cass., 30 ottobre 2007, n. 22860; Cass., Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28056. Da ultimo cfr. Cass., 27 aprile 2011, n. 9404; Cass., 19 agosto 2011, n. 17685) a fondare in termini generali l’esigenza del bilanciamento in concreto degli interessi, e, conseguentemente, il diritto dell’interessato ad opporsi al trattamento, quand’anche lecito, dei propri dati. }}. (Cass. civ., Sez. III, 5 aprile 2012, n. 5525).
La voce degli Ermellini ci lascia concludere che anche il diritto di cronaca trova il limite del rispetto del diritto della persona all’identità personale e alla protezione dei dati personali. In sintesi anche il diritto di cronaca si ferma di fronte al diritto all’autodeterminazione informativa quando dal bilanciamento delle libertà in gioco derivi un sacrificio sproporzionato a quest’ultima. Garante Privacy italiano, 11.12.2008. “Archivi storici on line dei quotidiani: accoglimento dell’opposizione dell’interessato alla reperibilità delle proprie generalità attraverso i motori di ricerca” “Ritenuto che, tenuto anche conto che… una perenne associazione al ricorrente della stessa, nei termini predetti, comporta un sacrificio sproporzionato dei suoi diritti (cfr. art. 2, comma 1, del Codice); ritenuto pertanto di dover dichiarare, nel caso di specie, parzialmente fondato il ricorso e di dover indicare, quale misura a tutela dei diritti dell’interessato, che la pagina web che contiene i dati personali del ricorrente oggetto del ricorso sia tecnicamente sottratta, all’atto della ricerca del nominativo del ricorrente, alla diretta individuabilità tramite i più diffusi motori di ricerca esterni, pur restando inalterata nel contesto dell’archivio consultabile telematicamente accedendo all’indirizzo web dell’editore resistente”.
La Corte di Giustizia UE nella storica pronunzia del 13.05.2014 individua come fulcro centrale dell’applicazione della disciplina la considerazione comparata (o bilanciamento) tra la finalità del trattamento e l’eccessivo uso della notizia: “92 Quanto all’articolo 12, lettera b), della direttiva 95/46, la cui applicazione è subordinata alla condizione che il trattamento di dati personali sia incompatibile con la direttiva stessa, occorre ricordare che, come si è rilevato al punto 72 della presente sentenza, un’incompatibilità siffatta può derivare non soltanto dal fatto che tali dati siano inesatti, ma anche segnatamente dal fatto che essi siano inadeguati, non pertinenti o eccessivi in rapporto alle finalità del trattamento, che non siano aggiornati, oppure che siano conservati per un arco di tempo superiore a quello necessario, a meno che la loro conservazione non si imponga per motivi storici, statistici o scientifici. 93 Da tali prescrizioni, dettate dall’articolo 6, paragrafo 1, lettere da c) a e), della direttiva 95/46, discende che anche un trattamento inizialmente lecito di dati esatti può divenire, con il tempo, incompatibile con la direttiva suddetta qualora tali dati non siano più necessari in rapporto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati. Tale situazione si configura in particolare nel caso in cui i dati risultino inadeguati, non siano o non siano più pertinenti, ovvero siano eccessivi in rapporto alle finalità suddette e al tempo trascorso. 94 Pertanto, nell’ipotesi in cui si constati, in seguito a una domanda della persona interessata ai sensi dell’articolo 12, lettera b), della direttiva 95/46, che l’inclusione nell’elenco di risultati – che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome – dei link verso pagine web, legittimamente pubblicate da terzi e contenenti informazioni veritiere relative alla sua persona, è, allo stato attuale, incompatibile con il citato articolo 6, paragrafo 1, lettere da c) a e), a motivo del fatto che tali informazioni appaiono, alla luce dell’insieme delle circostanze caratterizzanti il caso di specie, inadeguate, non pertinenti o non più pertinenti, ovvero eccessive in rapporto alle finalità del trattamento in questione realizzato dal gestore del motore di ricerca, le informazioni e i link in parola di cui al suddetto elenco di risultati devono essere cancellati”.
Linee Guida Garanti Privacy UE 26.11.2014 sull’applicazione della Corte Giustizia UE 13.05.2014 “Guidelines on The implementation of The Court of Giustice of The european Union Judgement on Google Spain and Inc./ Agencia espagnola de proteccion de datos (AEPD) and Mario Costeja Gonzales, C-131/12”: qui la regola fondamentale sancita e’ il bilanciamento degli interessi in gioco in cui quasi sempre deve prevalere il diritto alla data protection salvo l’unica eccezione della persona di rilievo pubblico: “2. A fair balance between fundamental rights and interests In the terms of the Court of Justice of the European Union (hereinafter: Court, CJEU), “in the light of the potential seriousness of the impact of this processing on the fundamental rights to privacy and data protection, the rights of the data subject prevail, as a general rule, over the economic interest of the search engine and that of internet users to have access to the personal information through the search engine”. However, a balance of the relevant rights and interests has to be made and the outcome may depend on the nature and sensitivity of the processed data and on the interest of the public in having access to that particular information. The interest of the public will be significantly greater if the data subject plays a role in public life. 2. Un giusto equilibrio-bilanciamento tra i diritti e gli interessi fondamentali Nei termini della Corte di giustizia dell’Unione europea ( in prosieguo : Court , CGUE ), alla luce della potenziale gravità degli effetti di questo trattamento sui diritti fondamentali alla vita privata e alla protezione dei dati, i diritti della persona interessata prevalgono, come regola generale, sull’interesse economico del motore di ricerca e su quello degli utenti Internet di avere accesso alle informazioni personali attraverso il motore di ricerca.
Tuttavia, un bilanciamento dei diritti e degli interessi in gioco deve essere fatto e il risultato può dipendere dalla natura e dalla sensibilità dei dati trattati e dall’interesse del pubblico ad avere accesso a tali informazioni particolari. L’interesse del pubblico sarà significativamente maggiore se la persona interessata ha un ruolo nella vita pubblica”. In conclusione pare che i provvedimenti del Garante nostrano e di Google abbiamo applicato la disciplina sul diritto all’oblio considerando l’eccezione anziché la regola. I Garanti Privacy UE lo dicono chiaramente: la regola e’ procedere al bilanciamento dando prevalenza alla data protection. Poi ammettono l’eccezione della persona di rilievo pubblico ma si tratta di un’eccezione. Dunque risulta inammissibile e interpretativamente scorretto applicare la disciplina riducendo tutto alla dicotomia oblio contro interesse pubblico.
* autrice del libro “Difendersi da Internet” (Il Sole 24 Ore)