A pochi giorni dalla sentenza emessa dalla Corte Europea a tutela del diritto all’oblio, Google fa sapere di aver ricevuto già molte richieste da parte degli utenti, che chiedono la rimozione di informazioni personali “inadeguate, irrilevanti o non più rilevanti” dal proprio motore di ricerca. La decisione della Corte, che riguarda 500 milioni di cittadini europei, stabilisce che ogni individuo ha diritto all’oblio, e quindi può richiedere ai motori di ricerca la rimozione di informazioni personali (anche di terze parti) che lo riguardano e che sono giudicate “inadeguate, irrilevanti o non più rilevanti”. I trasgressori verrebbero multati.
“Ci sono molte questioni aperte”, ha risposto il presidente esecutivo di Google Eric Schmidt a chi gli chiedeva, durante l’annuale riunione degli azionisti, cosa pensasse della sentenza e delle sue implicazioni. “Un modo semplice per capire cosa sia accaduto è focalizzarsi sul fatto che esiste una conflitto tra diritto all’oblio e diritto di sapere (di essere informati, ndr). Dal punto di vista di Google questo è un equilibrio tra i due”, continua Schmidt. “Google crede, dopo aver analizzato la decisione, che l’equilibrio che è stato colpito sia quello sbagliato”.
Google dovrà probabilmente mettere in piedi un “esercito” di esperti in rimozione di contenuti in ognuno dei ventotto paesi dell’Unione Europea, inclusi quelli in cui Google non ha operazioni, ha dichiarato una fonte anonima all’agenzia Reuters. Uno dei dilemmi che si pone l’azienda di Mountain view è poi se questi esperti dovranno occuparsi di rimuovere contenuti controversi o solo limitarsi a giudicare nel merito e individualmente le richieste di rimozione dei contenuti stessi da parte degli utenti.
I cittadini europei potranno inviare le richieste direttamente alle compagnie interessate, o anche alle autorità locali. Se un motore di ricerca decide di non rimuovere i contenuti, l’utente potrà rivolgersi direttamente alla Corte. Tuttavia, i criteri per determinare quali richieste siano legittime e quali no non sono del tutto chiari a giudicare dalla sentenza della Corte, afferma Jeffrey Rosen, professore di Diritto alla George Washington University.
Google ha già una certa esperienza nella gestione di richieste di rimozione contenuti: sul celebre sito di sua proprietà Youtube, esistono dei meccanismi per rimuovere contenuti che violano i copyright. L’azienda californiana ha automatizzato gran parte di questo meccanismo con un sistema ContentID che controlla automaticamente che i video caricati non contengano particolari contenuti.
La il motore ci tiene a puntualizzare che “la decisione ha implicazioni significative sul modo in cui gestiamo le richieste di rimozione. E’ complicato – non ultimo per il gran numero di lingue implicate e per la necessità di effettuare accurate revisioni. Non appena avremo pensato attentamente a come potrà funzionare, cosa che potrebbe richiedere diverse settimane, informeremo gli utenti”.