Diritto all’oblio, ma non universale. Lo stabilisce la Corte di Giustizia Ue con una sentenza a sostegno delle motivazioni di Google. Secondo la Corte i motori di ricerca – qualora dovessero accogliere una richiesta di “diritto all’oblio” da parte di un utente – non sono obbligati ad applicarla in tutte le sue versioni mondiali. Tuttavia, fatto salvo alcune eccezioni previste dal diritto Ue, vale invece anche per i gestori dei motori di ricerca il divieto di trattare determinati dati personali sensibili.
In questo modo Google dovrà rimuovere i collegamenti ai dati personali sensibili dai suoi risultati di ricerca in Europa, ma non dalle ricerche in altre parti del mondo.
Diritto all’oblio, l’Europa non detta legge
Ma in un’era di Internet senza confini, il caso viene visto anche come “test” per stabilire se gli utenti possono richiedere una totale rimozione di informazioni su se stesse dalle ricerche senza soffocare la libertà di parola e il legittimo interesse pubblico.
Non basta: la decisione è stata guardata da politica e mondo imprenditoriale come un test per verificare se l’Unione Europea sarebbe in grado di estendere le proprie leggi oltre confini.
Oblio, Soro non promuove la sentenza
Non promuove la sentenza Antonello Soro presidente dell’authority italiana per la Privacy, secondo cui “in un mondo interconnesso la barriera territoriale appare sempre più anacronistica”. Non solo: a parere di Soro le motivazioni della decisione avranno “sicuramente un impatto rilevante sulla piena effettività del diritto all’oblio”. A maggior ragione, acquista ulteriormente senso “l’impegno delle Autorità europee di protezione dati per la garanzia universale di questo diritto – dice Soro -, con la stessa forza su cui può contare in Europa. L’equilibrio tra diritto di informazione e dignità personale, raggiunto in Europa anche grazie alla disciplina dell’oblio, dovrebbe rappresentare un modello a livello globale”.
Plaude la decisione Google: “Dal 2014 ci siamo impegnati per implementare il diritto all’oblio in Europa e per trovare un punto di equilibrio tra il diritto di accesso all’informazione e la privacy – fa sapere Peter Fleischer, Senior Privacy Counsel di Google -. È bello vedere che la Corte ha condiviso le nostre argomentazioni; siamo grati alle organizzazioni indipendenti per i diritti umani, alle associazioni del mondo dell’informazione e alle molte altre associazioni in tutto il mondo che hanno presentato le loro opinioni alla Corte”.
Il motore di ricerca aveva precedentemente messo in guardia dai “pericoli” del diritto all’oblio. In un post di due anni fa veniva ribadita l’esigenza di equilibrio tra dati personali sensibili e interesse pubblico. Nessun paese, secondo Google, avrebbe il diritto di imporre regole ai cittadini di un altro.
Il diritto all’oblio è stato sancito dalla stessa corte europea nel 2014. Da allora Google ha ricevuto 845.501 richieste di rimozione.