In Europa tre aziende su quattro hanno difficoltà a riprendersi da
un disastro informatico. A dirlo la ricerca Emc “European
Disaster Recovery Survey 2011”, che ha messo in luce come il 74%
delle imprese non creda di poter ripristinare completamente i
propri sistemi o i dati, e che oltre la metà delle organizzazioni
(54%) ha perso dati o subito interruzioni di sistema nel corso
degli ultimi 12 mesi. Questi risultati evidenziano come ci sia
ancora molto da fare da parte delle aziende in tema di backup e
disaster recovery per garantire continuità alle proprie operazioni
nel caso di un disastro, ma anche di più banali interruzioni dei
servizi IT.
La ricerca ha inoltre evidenziato che non servono avvenimenti
straordinari per causare problemi alla business continuity. Tra le
principali cause di downtime e perdita dei dati ci sono nel 61% dei
casi problemi a livello di hardware, di interruzioni di
alimentazione (42%) e infine problemi a livello software, che si
riscontrano nel 35% dei casi. Solo nel 7% dei casi di rilevano
interruzioni di sistema o perdite di dati derivanti da disastri
naturali mentre il sabotaggio da parte dei dipendenti si attesta
all’8%. Indipendentemente dalla causa, il 44% delle aziende ha
rivisto e modificato le procedure di backup e recovery a seguito di
un incidente. Inoltre, sempre a seguito di un disastro, il 27%
delle aziende ha aumentato la spesa in backup e recovery.
“I risultati della ricerca mostrano che c’è bisogno di
ripensare le strategie di backup e recovery in Europa – sottolinea
Kelly Ferguson, Director of Emea Marketing, Emc Backup Recovery
Systems Division – Viviamo un momento economico in cui gli
investimenti hanno bisogno di essere fatti in maniera saggia e non
può esserci tolleranza per le interruzioni di business a causa di
un fallimento di sistema. Attraverso un approccio al backup di
prossima generazione adeguatamente pensato, le aziende possono
migliorare sia il ripristino dalle interruzioni di alimentazione
nel quotidiano, sia i ripristini a seguito di incidenti più
gravi.”
La spiegazione della Ferguson assume ancora più significato se si
tiene conto che le interruzioni sistema portano perdite nei
profitti. Lo studio ha identificato tre tipologie misurabili di
impatto sul business: perdita di produttività dei dipendenti
(43%); perdita dei profitti (28%) e ritardo nello sviluppo di
prodotti (27%).
Le interruzioni di sistema per le aziende intervistate sono
risultate essere mediamente di due giorni lavorativi persi. Questo
equivale a 28.391 ore lavoro, per un’azienda con circa 2.000
dipendenti.
Le aziende stanno spendendo, in media, il 10% dei loro budget IT in
attività di backup e ripristino, e il 29% delle aziende non crede
di spendere abbastanza. Per le attività di backup e recovery, il
40% delle aziende si affida ancora al nastro, con un costo annuale
medio stimato in 74euro uro fra trasporto, archiviazione, test e
sostituzione dei nastri. Nei casi in cui il nastro è utilizzato a
scopo di disaster recovery, il 10% delle aziende ha un dipendente
che porta a casa una copia dei nastri di backup con sé.
Complessivamente, l’80% delle aziende che utilizzano il nastro
sta cercando di sostituirlo.
“E’ possibile – si legge nel report – prepararsi ad
interruzioni di routine o incidenti più gravi se si adotta un
approccio di nuova generazione al backup. La reazione dopo un
disastro è quella di spendere di più in soluzioni di backup e
recovery, ma nel corso di un’interruzione il danno avviene ed è
misurabile in termini di tempo e denaro. Aumentando la conoscenza
dei problemi più comuni che affrontano le aziende oggi e le
relative conseguenze economiche, le organizzazioni possono rivedere
proattivamente le proprie strategie di backup e recovery per
garantire di poter rispondere alle richieste di business”.