Addio alla soglia minima del 50% per lo smart working nella Pubblica amministrazione. Fino alla definizione della disciplina del lavoro agile nei contratti collettivi del pubblico impiego, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, le amministrazioni pubbliche potranno continuare a ricorrere alle modalità semplificate relative al lavoro agile, ma sono liberate da ogni rigidità. È la novità del decreto legge “proroghe” approvata oggi in Consiglio dei ministri su proposta del ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta.
“Facciamo tesoro della sperimentazione indotta dalla pandemia e del prezioso lavoro svolto dalla ministra Dadone – sottolinea il ministro – per introdurre da un lato la flessibilità coerente con la fase di riavvio delle attività produttive e commerciali che stiamo vivendo e dall’altro lato la piena autonomia organizzativa degli uffici. Fino a dicembre le amministrazioni potranno ricorrere allo smart working a condizione che assicurino la regolarità, la continuità e l’efficienza dei servizi rivolti a cittadini e imprese. Un percorso di ritorno alla normalità, in piena sicurezza, concordato con il Comitato tecnico-scientifico e compatibile con le esigenze del sistema dei trasporti”.
A regime, dall’inizio del 2022, la norma conferma l’obbligo per le amministrazioni di adottare i Pola (Piani organizzativi del lavoro agile) entro il 31 gennaio di ogni anno, riducendo però dal 60% al 15%, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, la quota minima dei dipendenti che potrà avvalersi dello smart working.
Nel provvedimento secondo slittamento anche la disciplina sul golden power che il decreto Ristori aveva già prorogato al 30 giugno che ora si allunga al 31 dicembre 2021. Fino a fine anno dunque il Governo potrà ricorrere ai poteri speciali del golden power per tutelare le aziende italiane, che operano in settori strategici nazionali, da scalate ostili di soggetti interni all’Ue.
Smart working nella PA, cosa cambia con il dl Proroghe
Ecco le principali novità chiarite in una nota del ministero della PA:
- la norma non limita – stante il perdurare del contesto emergenziale che ancora affligge il Paese – la flessibilità organizzativa di ogni Pubblica amministrazione per quanto concerne l’utilizzo del lavoro agile, ancorandola non più a una percentuale ma al rispetto di principi di efficienza, efficacia e customer satisfaction e liberandola dalla rigidità derivante dalla soglia del 50% prima prevista;
- mantiene inalterato il necessario rispetto delle misure di contenimento del fenomeno epidemiologico e della tutela della salute adottate dalle autorità competenti;
rinvia alla contrattazione collettiva (che ha preso avvio proprio in data 29 aprile presso l’Aran) la definizione degli istituti del lavoro agile, ma ne consente fino al 31 dicembre 2021 l’accesso attraverso le modalità semplificate di cui all’articolo 87 del decreto legge n. 18 del 2020 (quindi senza la necessità del previo accordo individuale e senza gli oneri informativi a carico della parte datoriale); - mantiene – a regime e dunque fuori dal contesto emergenziale – il Pola (Piano organizzativo del lavoro agile) riducendone dal 60% al 15% la misura minima di attività da svolgere in lavoro agile, aumentando la capacità organizzativa delle singole amministrazioni e prevedendo che, in caso di mancata adozione del Pola, il lavoro agile sia svolto da almeno il 15% del personale che ne faccia richiesta;
- consente implicitamente alle amministrazioni che entro il 31 gennaio 2021 hanno adottato il Pola con le percentuali previste a legislazione allora vigente di modificare il piano alla luce della disciplina sopravvenuta.
Il commento della Fp Cgil
“In questo momento abbiamo amministrazioni a diverse velocità: alcune sono riuscite ad organizzarsi e adesso si stanno confrontando per fare in modo di efficientare il lavoro agile, altre invece, che chiedono di tornare a lavorare in presenza, non si sono riuscite ad organizzare e hanno fatto un po’ di pasticci – commenta Natale Di Cola, segretario Fp Cgil di Roma e del Lazio, intervenendo a Radio Cusano Campus – Adesso servono investimenti in capitale umano, in tecnologia, ma soprattutto servono manager capaci in grado di cambiare l’organizzazione del lavoro. La modalità mista è il futuro, l’errore che si fa è pensare che lo smart working sia una cosa temporanea. Bisogna organizzare la modalità mista in base al tipo di servizio delle PA. Abbiamo sempre detto che deve valutare la PA qual è la percentuale migliore di smart working. La cosa che ci preoccupa e che non ci convince sono gli obblighi, l’opportunità di scegliere come organizzarsi è la strada giusta. Bisogna organizzare il funzionamento delle PA in maniera flessibile. Bisogna anche cambiare il rapporto tra dirigente e lavoratore, perché se il dirigente vuole sempre avere il lavoratore in ufficio solo perché lo deve controllare e non gli interessa la qualità del lavoro, non si fanno passi avanti”.