Dalla data driven decision alla data driven governance. La sfida delle smat city si gioca tutta su questo percorso, basato sullo uno sfruttamento intelligente e condiviso dei dati. Lo spiega a CorCom, Gianni Dominici, direttore generale di FPA.
Dell’importanza dei dati nel governo dei territori se ne è parlato in occasione di IcityLab.
Con IcityLab abbiamo messo al centro, in maniera ancor più decisa, il ruolo dei dati e della conoscenza nell’amministrazione della città e nella crescita dei territori. La filosofia sottesa alla manifestazione è che alla base del buon governo ci debba necessariamente essere la capacità di prendere decisioni – politiche, imprenditoriali, civiche che siano – sulla base dell’esatta conoscenza di quello che avviene nel territorio stesso. Si tratta di fare della data driven decision la leva verso la data driven society: un processo in grado di trasformare i dati grezzi in informazioni su cui prendere decisioni che siano pilastri per la trasformazione della città un territorio intelligente, sostenibile e inclusivo. E anche produttivo, dato che le informazioni sono una miniera incredibile di business.
Uno dei temi al centro del dibattito è stata la città resiliente. Di che si tratta?
In fisica la resilienza viene definita come la capacità dei materiali di resistere alle sollecitazioni esterne. Trasferita sul piano urbanistico, ma anche sociale, consiste nella capacità di una città di adattarsi e crescere anche quando colpita da eventi traumatici, come alluvioni e terremoti, oppure se afflitta da “catastrofi non naturali” croniche come disoccupazione, problemi di mobilità e mancanza di spazi verdi, ad esempio.
La città resiliente è quella capace di elaborare strategie di risposta efficaci per resistere agli “urti”, dunque?
Non solo. La resilienza non implica solo sviluppare strategie di risposta e adattamento alle sollecitazioni esterne, ma anche mettere in campo percorsi trasformativi atti a migliorare le città anche in un’ottica di prevenzione. Le città resilienti sono quelle che hanno consapevolezza dell’esposizione a determinati rischi e conseguentemente predispongono un piano proattivo ed integrato per prevenirl. In questo contesto i dati giocano un ruolo centrale.
Ma serve una PA fortemente innovativa per leggere e trasformare i dati in buon governo.
È necessario un forte cambio culturale sia a livello amministrativo sia politico. Abbiamo bisogno di una PA disposta a introdurre innovazioni organizzative al suo interno, con una migliore definizione dei ruoli e delle competenze, una PA che dia il giusto spazio alla formazione e alla sensibilizzazione. Al tempo stesso abbiamo bisogno di una classe politica in grado di metabolizzare e di utilizzare al meglio le informazioni per elaborare una conoscenza sempre più precisa del territorio. Bisogan scommettere di più sull’empowerment della pubblica amministrazione.
Anche quest’anno è stata presentata la classifica delle città più smart d’Italia, con molte novità metologiche. Ce le spiega?
La nostra indagine si arricchisce di novità. L’obiettivo non cambia: fotografare la situazione delle città italiane nel percorso verso città più intelligenti, ovvero più vicine ai bisogni dei cittadini, più inclusive, più vivibili. E non cambia neppure la scelta delle dimensioni tematiche: si analizzano le dinamiche urbane riguardo ai pilastri del paradigma delle città intelligenti – economy, living, environment, people, mobility, governance e legality. Si arricchiscono invece il modello di lettura e la base dati puntando a dare rappresentazione non solo, e non tanto, della “smartness” delle città ma anche della capacità di risposta dei territori rispetto alle proprie specificità e vulnerabilità. Da un lato è, infatti, possibile dar conto, attraverso i dati, della capacità dei governi locali di operare scelte capaci di spingere lo sviluppo urbano verso traguardi sostenibili, dall’altro è importante leggere tali iniziative tenendo in considerazione la natura dei bisogni e dei rischi che differenziano tra loro le città. La base dati per il 2016 si amplia, gli indicatori presi in analisi passano da 84 a 105. Oltre agli indicatori derivati dalle fonti statistiche ufficiali, FPA ha quest’anno effettuato diverse indagini ad hoc per cogliere le fenomenologie ancora non “cristallizzate”. Alcune tra le più interessanti: open data, sharing economy, makers & fablab, capacità di attrazione finanziamenti Ue per la ricerca, indici di performance delle amministrazioni sui social network, pianificazione partecipata, e molte altre. Metteremo la nostra piattaforma a disposizione di tutti gli stakeholders.
Per realizzare le smart city “resilienti” ci vogliono i soldi. Le risorse ci sono?
C’è il Pon Metro 201-2014 che però è ancora bloccato. La capacità finanziaria del programma di circa 892 milioni di euro (588 milioni da FESR e FSE, più 304 milioni dal cofinanziamento nazionale) è distribuita per un importo fino a 90milioni di euro per ciascuna delle città del sud Italia e circa 40milioni di euro per le città di centro nord e Sardegna.