Sono i dati che daranno nuova linfa alle smart city. Ne è convinto Gianni Dominici, direttore generale di Forum PA, che spiega a CorCom cosa vuol dire cavalcare la data revolution per rifondare le città.
Perché i dati sono indispensabili per rendere una città intelligente?
Parlare di dati oggi significa parlare di trasparenza delle amministrazioni, politiche consapevoli, nuove opportunità di business, servizi efficienti e a misura di cittadino. I dati, insomma, sono la vera ricchezza a disposizione di governi, territori, imprese, associazioni di cittadini attivi.
La PA ha iniziato ad “aprire” le informazioni. La rivoluzione è iniziata?
Indubbiamente ci sono grandi movimenti dentro la PA. Ma quello che manca, e su cui bisogna lavorare, è la consapevolezza di cosa si può davvero fare con i dati e le competenze per gestirli al meglio. Bisogna fare cultura digitale, dunque.
Il tema del digital gap culturale tiene banco nel dibattito italiano da molti anni. Ci sono degli strumenti operativi che possono aprire un percorso?
Sono i dati che ci possono aprire la strada. In occasione di Sce2015, in programma dal 14 al 16 ottobre a Bologna, verrà presentato il rapporto di Forum PA ICity Rate che ogni anno disegna la mappa delle città intelligenti italiane, analizzando 106 Comuni capoluogo e stilandone la classifica sulla base di variabili e indicatori statistici definiti. La ricerca, per la prima volta, riprende quest’anno esattamente gli stessi indicatori dell’edizione precedente, così da permettere un raffronto su base storica. Si tratta di 72 indicatori statistici che consentono di descrivere la situazione delle città in sei dimensioni: economy, living, environment, people, mobility e governance, secondo uno schema consolidato nelle analisi internazionali delle smart cities.
Come può ICity Rate diventare un abilitatore di innovazione urbana?
ICity Rate è anche una piattaforma tecnologica che vuole essere funzione e strumento di un modo diverso di valutare i dati e le informazioni. È funzionale come strumento gratuito a disposizione di tutti coloro che operano nelle città, fornendo un set unico di indicatori con completezza e trasparenza; è strumentale alla diffusione di una nuova cultura di governo delle città che metta la conoscenza al centro dei poteri decisionali. Per realizzarlo abbiamo elaborato una metodologia, l’abbiamo testata, l’abbiamo condivisa con gli stakeholders. Infine l’abbiamo esplicitata in un sito dedicato aperto a tutti e la mettiamo a disposizione delle città, assieme ai dati che sono accessibili liberamente e agli indici che possono essere navigati, ma anche personalizzati a seconda delle necessità e delle politiche.
È uno strumento anche per iniziative che vengono dal basso?
È una piattaforma a disposizione di tutti. Abbiamo tenuto conto anche del fatto che per i dati si è aperto un fronte nuovo ovvero quello delle informazioni prodotte dai cittadini. Basti pensare al fenomeno del crowdsensing che si riferisce ai dati prodotti nell’ambito di attività personali e professionali. Anche in questo caso si rileva la necessità di razionalizzare e mettere a sistema questi dati per renderli fruibili e a sostegno dell’innovazione.
Poi c’è tutta la mole di dati che proviene dall’interazione sui social network. Servono anche questi per rivitalizzare le smart city?
Anche in questo caso si tratta di informazioni centrali. Stiamo parlando del cosiddetto “sentiment analisys”.
Di che si tratta?
Di informazioni, aggiornate ogni secondo in tutto il mondo, che possono essere elaborate e utilizzate per modelli predittivi o per capire i gusti e le opinioni del pubblico. E ancora, ci sono i dati provenienti dai sistemi di Citizen Relationship Management, fondamentali per comprendere bisogni e comportamenti dei cittadini e i Census Data utilizzati per la ricerca, la pianificazione delle policy e il business marketing. I dati sono tanti e preziosi, ma bisogna saperli interpretare. La nuova sfida digitale che l’Italia si deve preparare ad affrontare è questa.
È una sfida di conoscenza, dunque?
Esattamente. Come scrive scrive Goldsmith nel suo ultimo libro “The responsive city”: “Se non la conosci non la puoi gestire”. Un buon governo del territorio deve essere capace di prendere decisioni sulla base della conoscenza di ciò che avviene. Il Data driven decision è la conseguenza virtuosa di un processo in grado di trasformare i dati grezzi in conoscenza.