ICANN

Donuts, è giallo sulla start up arraffa-domini

E’ rivolta tra gli addetti ai domain names contro la piccola azienda che punta a fare incetta dei futuri suffissi. Una denuncia all’Icann chiede di bloccare l’operazione: “Pericolo di cybersquatting”

Pubblicato il 05 Nov 2012

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Un’azienda poco conosciuta, Donuts, sta puntando a fare incetta dei nuovi domini Internet annunciati l’anno scorso ma in questo modo sta suscitando molti dubbi negli addetti ai lavori, sia perché se ne potrebbe accaparrare una quota superiore a quella di giganti come Google e Amazon, sia perché un’impresa a cui è collegata, Demand Media, è stata più volte ritenuta inaffidabile dall’Icann (Internet corporation for assigned names and numbers), organismo statunitense che gestisce appunto i domini in rete.

Forte di oltre 100 milioni di dollari di venture capital, Donuts (una start up fondata da Paul Stahura e impegnata proprio nella registrazione di domini sul web) sta spendendo circa 56 milioni di dollari per acquistare 307 dei nuovi 1930 top-level domain names (Tld), che invece di .com o .it hanno suffissi come .book, .app, .law ma anche .facebook, .africa, .banca e molto altro. La piccola azienda punta a un bottino decisamente consistente, se si pensa che Google finora ha prenotato solo 99 dominii e Amazon 76. Ogni richiesta di dominio costa 185.000 dollari. Il problema è che, se Donuts otterrà i domini richiesti – la partenza ufficiale dei nuovi indirizzi è prevista dal 2013 – ne cederà 107, in base a un accordo già stretto, a Demand Media, di cui tra l’altro Stahura è stato presidente e Chief operating officer.

Ma Demand Media non gode di buona reputazione presso l’Icann. A luglio Jeffrey Stoler, un avvocato dello studio legale McCarter & English che rappresenta i proprietari di Tld, ha scritto all’Icann. Nella lettera si sottolinea che Donuts ha “chiari legami” con Demand Media ma soprattutto si ricorda che la stessa Demand Media e altre sue sussidiarie hanno già ricevuto decine di giudizi negativi (bad-faith rulings) da parte di gruppi di lavoro sulle controversie organizzati e gestiti dalla stessa Icann. Esempi di bad faith, cattiva fede, sono quando un’azienda acquista un dominio per bloccare un rivale che abbia usato in precedenza quel nome o lo usa deliberatamente per far credere agli utenti che si trovano in un sito diverso da quello che in realtà è. Per questi motivi l’Icann, sostiene Stoler “può e deve respingere le richieste di Donuts, Demand Media e delle loro rispettive sussidiarie e affiliate”. Ma Donuts respinge le accuse al mittente. “Non consentiremo agli operatori che usano i nostri domini – ha detto uno dei fondatori, Jonathan Nevett – di fare cybersquatting (occupazione illegale del cyberspazio, ndr) o phishing (tentativi di rubare le informazioni degli utenti online, ndr) e, se succederà, chiuderemo certamente i siti”.

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