Italia più lenta di Papua Nuova Guinea e Namibia nel download delle connessioni domestiche? Lo ha sostenuto di recente uno studio internazionale diffuso da Netindex.com della società Ookla, suscitando reazioni, e qualche perplessità, tra gli addetti ai lavori. Se infatti è nota l’arretratezza italiana nell’Ict rispetto ad altri Paesi, desta comunque una certa sorpresa l’accostamento della nostra nazione a Stati molto più poveri e quasi del tutto privi di infrastrutture come quelli citati sopra. E infatti la statistica di Netindex richiede una riflessione più approfondita.
Secondo l’indagine, con una velocità media di “scaricamento” di 5,95 Mbps, a fronte di una media europea di 16,69 Mbps, l’Italia è ancora molto indietro su questo fronte. Nella classifica mondiale si piazza soltanto all’85esimo posto (su 180): meglio di lei fanno, oltre alle già citate Papua e Namibia, Tajikistan , Ruanda e l’isola di Guam.
Sempre stando a Netindex, l’Italia si colloca al 38esimo posto per il costo per Mbps (4,7 euro) e al 26esimo per diffusione delle connessioni broadband ogni 100 abitanti: 22,1 linee a banda larga ogni 100 abitanti, contro i 41,6 della Svizzera e i 39,4 dei Paesi Bassi. La media dei paesi Ocse è di 26 linee ogni 100 abitanti.
Un quadro certamente non positivo. Ma secondo Cristoforo Morandini, Associated Partner Between, “lo studio Netindex, pur riportando alcuni elementi, non fornisce un’analisi completa sulle cause del non soddisfacente posizionamento dell’Italia rispetto ad altri Paesi”.
A suo dire sono almeno tre le motivazioni che ci hanno portato a un cattivo posizionamento nella classifica. Innanzitutto “l’assenza storica in Italia di cable operator o operatori della tv via cavo”, che, essendo dotati delle necessarie infrastrutture, sono soliti vendere la banda larga in alcuni Paesi anche per la telefonia. Nell’ambito dell’Unione europea, secondo dati diffusi a fine 2011 dalla Research Report Commission della Ue, Paesi come l’Olanda e Malta hanno una copertura pari al 98,5% delle tecnologie Standard cable, seguiti da Belgio (95,9%) e Finlandia (78%), giusto per fare qualche esempio. In Italia lo Standard cable semplicemente non esiste. “Dal momento che le tecnologie basate su cavo sono caratterizzate da velocità superiori a quelle tipiche dell’ Adsl ‘da centrale’ – commenta Morandini – è evidente che in Paesi come l’ Italia, l’assenza di Cable Operators comporta velocità medie più basse rispetto agli altri”.
Un’altra ragione è la mancanza, almeno per il momento, di una significativa copertura Vdsl (Very-high-bit-rate digital subscriber line), tecnologia Dsl che garantisce una trasmissione dati più veloce dell’Adsl, e di un’altrettanto significativa copertura FTTx, ovvero tutte quelle architetture di rete per la banda larga che utilizzano la fibra ottica per l’ultimo miglio.
Infine, sottolinea l’esperto, la relativa lentezza del download italiano è dovuta soprattutto allo scarso entusiasmo degli italiani per offerte con velocità superiore a 7 Mbps. “Il punto chiave – spiega – è che questa limitata penetrazione delle offerte ad alta velocità va addebitata non ad una inadeguatezza delle reti nazionali, ma alla scarsa risposta del mercato, testimoniata dal fatto che i clienti hanno preferito sinora sottoscrivere offerte commerciali che prevedono velocità non superiori a 7 Mbps”.
Peraltro, rimarca Morandini, è l’intero contesto socio-culturale italiano che non ha ancora abbracciato in pieno la “cultura IT”. Secondo il rapporto Istat 2011 “Cittadini e Nuove Tecnologie”, tra le principali cause della limitata penetrazione degli accessi ad Internet nelle famiglie italiane ci sono la “mancanza di capacità/attitudine” (41%) e “l’assenza di interesse” (26,7%), mentre la “non disponibilità di connessione a larga banda” incide solo per il 2,4 %. In definitiva “questa poco lusinghiera classifica non dipende, sostanzialmente, dallo stato delle reti nazionali, quanto dalla complessiva situazione socio-culturale”.