Il governo degli Stati Uniti potrebbe interrompere definitivamente il suo programma di sviluppo di droni civili. Il motivo? La presenza di componenti tecnologiche fabbricate, almeno in parte, in Cina. Lo ha reso noto ieri il Financial Times, citando due persone informate dei fatti e spiegando che il dipartimento degli Interni degli Stati Uniti sta valutando la possibilità di fermare circa mille unità dopo aver stabilito che il rischio che i droni siano utilizzati da Pechino a fini di spionaggio è troppo elevato.
Parlando col quotidiano di Wall Street, le due fonti hanno precisato che il segretario degli interni David Bernhardt non ha ancora firmato una nota ufficiale: sta però pianificando di ritirare la flotta dallo stato operativo, fatta eccezione per l’insorgere di emergenze nell’ambito della lotta agli incendi e per le attività di addestramento.
Il punto di vista dei produttori cinesi
Se l’amministrazione Trump non si è resa immediatamente disponibile per un commento, l’azienda a cinese Sz Dji Technology, il più grande produttore di droni commerciali del mondo, ha dichiarato oggi che, sebbene non abbia avuto modo di accedere ad alcun documento al riguardo sulla nuova impostazione del governo americano, attende per lo meno di leggere le conclusioni del dipartimento degli Stati Uniti: per il costruttore infatti, nell’ambito della tecnologia utilizzata per la realizzazione dei droni, non sussisterebbero prove credibili a sostegno di una restrizione di così ampia portata.
“Sollecitiamo i responsabili delle politiche e le parti interessate del settore a riunirsi per creare standard chiari che offrano agli operatori dei droni, sia commerciali sia governativi, la sicurezza di cui hanno bisogno per valutare con fiducia la tecnologia dei droni, a prescindere dal Paese in cui venga realizzata”, ha dichiarato la società in una nota.