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E-commerce, passo avanti Ue sul geoblocking. Ma il copyright rimane tabù

Geoblocking, il Consiglio Ue approva la bozza di regulation contro la discriminazione basata sulla nazionalità per la vendita di beni e servizi tra paesi. Ma per il mercato audiovideo e e-book rimangono le stesse regole attuali. Ora la palla al Parlamento

Pubblicato il 28 Nov 2016

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Il Consiglio della Ue ha votato sì alla bozza di normativa che vieta il geo-blocking non giustificato tra gli Stati membro. La regolazione vuole eliminare ogni discriminazione basata sulla nazionalità del cliente o il suo paese di residenza nell’accesso e nell’acquisto di prodotti o servizi all’interno del mercato unico digitale dell’Ue e dare impulso decisivo all’e-commerce.

“Fare shopping online in un paese Ue diverso dal proprio così come lo fanno i suoi residenti è ciò che i cittadini si aspettano oggi”, ha detto Peter Žiga, Presidente del Consiglio Ue e ministro dell’Economia slovacco. “Daremo stimolo all’e-commerce e i cittadini europei avranno più scelta di prodotti e servizi. Questo può accadere solo se si crea una garanzia di sicurezza e trust tra chi vende e chi compra e, con la decisione di oggi, raggiunta in pochi mesi dalla prima presentazione della proposta, spianiamo il terreno a una rapida apertura dei negoziati col Parlamento; potremmo concludere l’intero processo già l’anno prossimo”.

Il testo approvato dal Consiglio Ue cerca di eliminare le discriminazioni di accesso a prezzi, vendite o condizioni di pagamento per consumatori e aziende in linea con quanto indicato dalla Direttiva europea sui Servizi, che esclude alcuni settori: finanza, audio-visivo, trasporti, sanità, servizi sociali. La nuova norma sul geo-blocking rispetta inoltre le norme già in vigore e applicabili sulle vendite cross-border, per esempio quelle sul copyright.

La bozza di normativa sul geo-blocking descrive i tre casi in cui chi vende beni o servizi non può discriminare tra i suoi clienti modificando le “general terms and conditions”, prezzi compresi, solo perché si trovano in paesi Ue diversi.

Il primo: quando il trader vende beni che sono forniti in uno Stato membro in cui il trader già offre la consegna o che sono ritirati in una location su cui c’è già intesa col cliente.

Il secondo caso: quando il trader fornisce servizi “elettronicamente”, come per i servizi cloud, di data warehousing, website hosting, fornitura di firewalls. Non vale invece per i servizi la cui caratteristica principale è la fornitura di accesso o l’utilizzo di opere protette da copyright o la vendita di opere protette da copyright in forma non fisica, come e-book e musica online.

Terzo caso: quando il trader fornisce servizi che sono goduti dal cliente nel paese in cui opera il trader, per esempio alloggio in hotel, eventi sportivi, noleggio auto, parchi di divertimento.

Non viene vietata la differenziazione di prezzo; quindi i trader possono offrire, se vogliono, diverse condizioni generali di accesso, compresi prezzi diversi, a specifici gruppi di clienti in specifici territori. E ovviamente i trader non sono obbligati a fornire i loro beni e servizi fuori dallo Stato membro in cui effettuano la consegna.

Vale invece che, all’interno dei provvedimenti anti-discriminazione, il trader non può fornire diverse forme di pagamento ai clienti in base al paese di residenza, né può limitare o bloccare l’accesso del cliente alla sua interfaccia online solo in base alla nazionalità del cliente.

I negoziati tra Consiglio, Parlamento e Commmissione Ue saranno avviati non appena il Parlamento si sarà accordato sulla sua posizione sulla normativa sul geo-blocking.

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