Nasce il colosso del fashion retail on line. La fusione tra Yoox e Net-a-porter – annunciata con un accordo vincolante che permetterà di chiudere l’operazione dopo l’estate – darà vita a un’entità da 1,3 miliardi di euro di ricavi, 2 milioni di clienti in 180 paesi. Sede, management e diritti di voto assicurano la guida italiana al nuovo soggetto. La svizzera Richemont, proprietaria di Net-a-porter, deterrà la metà del capitale, ma solo il 25% dei diritti di voto. Il fondatore di Yoox, Federico Marchetti, sarà l’amministratore delegato e la fondatrice di Net-a-Porter, Nathalie Massenet, il presidente. Al completamento della fusione verrà promosso un aumento di capitale fino a 200 milioni per finanziare nuove opportunità di crescita, anche per favorire l’ingresso di nuovi investitori e mantenere la massima flessibilità finanziaria. “L’ unione delle competenze distintive ci permetterà – spiegato Marchetti – di rafforzare il legame con i marchi del lusso, offrendo loro maggiori opportunità su una piattaforma indipendente, completa e specializzata, che opera a livello globale”.
L’obiettivo è anche quello di richiamare nell’ azionariato i grandi gruppi del lusso che vorranno entrare, mentre è certo che la nuova entità continuerà ad essere quotata alla Borsa di Milano. E Piazza Affari ha premiato la novità con un balzo del 31% in tre sedute. Ancora oggi il titolo di Yoox è in luce con un +6,5% a 27,43 euro. Apprezzamento è arrivato anche dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. “Complimenti a Federico Marchetti e al team di Yoox. Tanto di cappello, bravissimi. E in bocca al lupo”, ha scritto Renzi su Twitter poco dopo l’ufficializzazione dell’ intesa, secondo la quale Richemont non potrà nominare più di 2 membri del consiglio di amministrazione della nuova società su un minimo di 12.
Via libera anche dagli analisti finanziari, anche se per ora non vi sono grandi revisioni nei giudizi su Yoox, che è in utile da diversi esercizi mentre la promessa sposa non ha mai ottenuto bilanci in nero. Quello che viene apprezzato – oltre a una forte difesa dalla possibile concorrenza di Amazon – è soprattutto l’integrazione tra due business apparentemente simili ma in realtà abbastanza differenti: il gruppo italiano è specializzato nella vendita di prodotti meno cari a volte della stagione precedente, quello con base finora a Londra di articoli a prezzo pieno di fascia più alta, che teoricamente possono offrire margini migliori.