Il botto è stato improvviso e imprevisto ed ha colpito Leo
Apotheker, numero uno di Sap, “dimissionato” dai vertici della
società.
A pochi giorni di distanza hanno lasciato l’azienda, con
motivazioni differenti, altri due top manager con responsabilità
di direttore generale e di direttore della divisione Business
Intelligence. Al posto di Apotheker il Consiglio di amministrazione
del colosso tedesco delle applicazioni enterprise ha nominato due
Ceo: un tecnologo e uno con forti competenze di gestione dei
conti.
Nel giudizio dei più, Apotheker ha pagato i risultati negativi
degli ultimi mesi, soprattutto sul fronte particolarmente
“sensibile” dei ricavi da licenze software. È vero che la
debacle dei ricavi da licenze ha toccato, chi più chi meno, tutti
o quasi i maggiori player del settore, ma nel caso di Sap a questo
calo si sono aggiunti altri fattori negativi.
Ad esempio la pessima gestione del nuovo programma di manutenzione,
Enterprise Support, che nelle intenzioni del management doveva
garantire maggiori introiti alle casse della società, e che ha
invece scatenato una mezza rivolta tra le aziende utenti,
costringendo Sap a una mezza ritirata con un bilancio disastroso in
termini di immagine verso i clienti.
Apotheker è stato anche responsabile di una situazione di stallo
nel percorso di evoluzione tecnologica del “prodotto Sap” in
versione software-as-a-service, denominata Business ByDesign, che
la stessa società ha ammesso non essere in grado di garantire
l’integrità e la disponibilità necessari per le applicazioni
critiche di tipo pay per use.
Quelli di Sap non sono soltanto problemi interni. La sua
“crisi” riflette anche le difficoltà del comparto delle
applicazioni business enterprise, che nel prossimo futuro potrebbe
crescere a ritmi nettamente inferiori a quelli conosciuti negli
ultimi 15 anni. Queste difficoltà sono esplose nel corso di una
crisi economica che non poteva riversarsi anzitutto sul comparto
degli Erp, che mediamente assorbe, soprattutto nelle grandi
aziende, circa il 10% dell’intero budget IT.
Gli Erp continuano ad essere un asset irrinunciabile per la vita
delle aziende, ma sono sempre più le indagini che mostrano come
per molte aziende utenti dietro quella sigla si nascondono spesso
più problemi che non benefici; insomma una realtà assai meno
rosea di quella descritta nelle case history citate dai vendor.
Capita così che nemmeno il 10% delle aziende impegnate
nell’implementazione di un progetto Erp riesca a fare il go-live
nei tempi previsti, con i costi programmati e raggiungendo i
benefici attesi.
Una volta in produzione si scopre poi che la mole di molte di
queste implementazioni è tale da ostacolare il continuo tentativo
di adeguare software e funzionalità ai frenetici cambiamenti del
mercato, con l’amara conclusione di trovarsi sempre e comunque in
ritardo.
Come affrontano le proprie difficoltà i player del mercato
enterprise? Ad esempio intensificando attenzione e sforzi verso il
mercato delle medio-piccole aziende, ma con proposte che in qualche
caso mostrano la corda. Molti clienti imputano ad alcuni di questi
software il fatto di avere in realtà origine da modelli e
tipologie di aziende di fascia superiore, poco adatti quindi a
rispondere alle esigenze di flessibilità e adattabilità richieste
dal mercato di fascia più bassa. È l’inadeguatezza di queste
offerte ad aprire spazi a offerte di nicchia o del tutto
particolari come le Acg di Ibm.
Quello che sembra emergere è che i grandi vendor di applicazioni
enterprise non potranno più continuare a macinare fatturato e
margini seguendo sostanzialmente le modalità di marcia fin qui
seguite. La quasi saturazione del mercato dei grandi utenti ha
inevitabilmente rallentato l’afflusso dei ricavi da licenze
software, mentre i costi di manutenzione e supporto sono ormai
diventati troppo alti da consentire ulteriori rincari salvo
innescare, come ha dimostrato il caso di Sap, reazioni furiose
delle aziende clienti.
Se non ci sarà un’uscita rapida dalla situazione di difficoltà
economiche su scala globale, i vendor dovranno saper cambiare
direzione di marcia, rinnovando contenuti, funzionalità, modalità
di offerta e modelli di go to market, articolando l’offerta su
nuovi settori verticali di industry. Con tutte le incertezze del
caso, naturalmente, trattandosi spesso di nuovi percorsi ancora in
parte inesplorati o poco consolidati.
Non tutti concordano con un’analisi del genere. Alcuni
osservatori e rappresentanti dell’offerta parlano di difficoltà
congiunturali, legate alla crisi economica e sottolineano le enormi
potenzialità ancora inespresse presenti sui mercati delle grandi
economie ormai più che emergenti (il Bric di Brasile, Russia,
India e Cina) e nell’allargamento del target delle applicazioni
enterprise a nuovi settori di industry come quelli della sanità,
delle utilities, dei media ecc.
E chissà che anche il cloud computing e il SaaS, una volta
individuati modelli di business adeguati, non diventino per i
grandi vendor un’occasione per il rilancio.