Crescono le informazioni in Rete e aumentano i volumi di storage nelle aziende: ma chi amministra tutti questi dati? Chi conserva la memoria vivente dei database sparsi oramai a ogni livello e in ogni parte del mondo? Tra gli addetti ai lavori lo si chiama “Dba”, una sigla che sta per Database Administrator, ma tutti sanno che è il manovratore invisibile, la figura che nei team IT si muove per definizione e senza clamore dietro alle quinte, per far girare la macchina e conservare ciò che di più prezioso hanno le imprese oggi: le informazioni. È tra le figure storiche più “antiche” dell’informatica (tra i suoi antesignani, chi non ricorda lo “schedulatore” per grandi mainframe?), ma con il tempo ha cambiato pelle, svolgendo un lavoro sempre più delicato, complesso e richiesto. E, per altro, ben pagato. Il Bureau of Labour Statistics degli Stati Uniti ha calcolato che nel decennio tra il 2012 e il 2022 i Dba (che oggi sono circa 120mila soltanto negli Usa) cresceranno del 15%, secondo una progressione incrementale che non riuscirà tuttavia a stare al passo dell’incremento previsto per i dati presenti in Rete e nelle organizzazioni.
“La complessità di questo mestiere sta nel fatto che occorre muoversi in sinergia con altri reparti e specialisti IT, dai responsabili del network a quelli dello storage, dai sistemisti agli addetti che operano nei data center per finire con gli sviluppatori, interlocutori privilegiati dei database administrator”, racconta Matteo Picozzi, Dba di Borsa Italiana. Al di là delle competenze specifiche sui prodotti e sui servizi in loro gestione, gli amministratori di archivi digitali devono sapere cioè numerose “lingue” per confrontarsi quotidianamente su temi che spaziano a 360 gradi intorno ai database.
“Il nostro mestiere ruota intorno alla vita del software, all’affidabilità, sicurezza e consistenza dei dati – precisa Picozzi -. Ci occupiamo principalmente di database relazionali, ma all’orizzonte, con l’affermazione progressiva di big data, Internet of Things e application server, saremo chiamati sempre più ad apprendere anche come operare su ambienti aperti e destrutturati”.
“Dal punto di vista del mercato del lavoro oggi esistono due tipologie di amministratori”, racconta Gianluca Hotz, responsabile della divisione Database Relazionali di SolidQ, società di consulenza e data management. “Da una parte ci sono esperti che controllano il funzionamento dei database, li monitorano in termini di accessi, dimensionamento e sicurezza e gestiscono l’operabilità dei diversi task amministrativi, curando le performance attese e la qualità dei dati. Dall’altra ci sono i ‘Dba Full Cycle’, figure più pregiate e difficili da trovare, ma anche meno richieste. Il loro contributo si inserisce nella filiera dell’amministrazione complessiva dei sistemi IT e svolgono attività di troubleshooting a livello molto alto. Interagiscono con lo sviluppo interno ed esterno e mettono il becco un po’ dappertutto, tra funzioni diverse dell’area IT”.
A livello professionale esiste poi una certa polarizzazione, che vede spesso in competizione tra loro gli esperti di tecnologie SQL da una parte e quelli di Oracle dall’altra. Chi è a inizio carriera esercita spesso come consulente esterno, ma è diffusa anche la presenza stabile in azienda, in particolare nelle grandi imprese e nelle società di infrastructure outsourcing. Il vero elemento discriminante resta, comunque, l’esperienza maturata. “È una professione che richiede, infatti, una certa seniority. L’università offre solide basi teoriche, ma non esistono manuali per aggiustare un database, bensì soltanto conoscenze apprese sul campo”, continua Hotz.
È d’accordo Jesus Mapelli, Dba presso Accenture: “Gestire un database non è un lavoro per chi è alle prime armi e spesso si inizia come programmatori o sistemisti per poi passare ai database. Un altro fattore di complessità sono poi le dimensioni da amministrare. Gran parte del lavoro di manutenzione oggi è affidato a routine automatiche, gestite dal software, ma a differenza del passato, quando controllavamo un massimo di 20-30 database per volta, oggi dobbiamo seguirne un numero decisamente maggiore”.
I settori principali d’impiego sono quello finanziario, assicurativo e della grande distribuzione organizzata, ma con la progressiva digitalizzazione dei processi di fatturazione, oggi ogni impresa inizia ad avere bisogno di esperti di database, anche soltanto per controlli periodici in outsourcing. Le retribuzioni ruotano intorno ai 52mila euro lordi all’anno per i quadri e 33mila per gli impiegati, ma per chi ha più di 50 anni le medie si alzano verso i 58mila euro (quadri) e 40mila euro (impiegati). La grande azienda paga meglio, ma l’esperienza maggiore si matura nelle piccole e medie imprese dove è più semplice sperimentare, lavorare su database di piccole dimensioni e forse è anche meno rischioso sbagliare.