“Di ventotto ce n’è uno”: la filastrocca che insegna ai bambini la durata dei mesi non si adatta alla fatturazione delle compagnie telefoniche: utenze mobili, fisse o convergenti fisso/mobile che siano. Gli operatori infatti, hanno scelto il mese più anomalo, quell’unico del calendario che non raggiunge i 30 giorni, per farlo diventare la regola. Comprensibilmente, dal loro punto di vista. Non è cosa di oggi. A partire dal 2015 si è passati progressivamente e abbastanza in sordina dal mese “ufficiale” di fatturazione alle quattro settimane, col risultato per le telco di ritagliarsi una “tredicesima” mensilità di ricavi aggiuntivi all’anno. Con una spesa per i consumatori dell’8,6% in più, ha calcolato l’Agcom. Con neanche tanti operatori importanti in giro, in caso di esercizio del diritto di recesso. L’operazione ha infatti riguardato tutti i maggiori player del mercato: Tim, Wind Tre, Vodafone, Fastweb.
Il tema è rimasto per un po’ sottotraccia. Si è iniziato con le tariffe mobili, lasciate al libero mercato e dunque con le modifiche formalmente ineccepibili: a parte i mugugni dei clienti, che non sempre si sono però accorti del cambiamento in arrivo o arrivato. L’operazione si è poi allargata alle tariffe fisse e convergenti, non libere come quelle mobili ma sottoposte al controllo di Agcom. L’Autorità ha diffidato le aziende e poi le ha minacciate di sanzioni se non ritornano sui loro passi. Cosa che gli operatori non hanno nessuna intenzione di fare spontaneamente. In attesa che Agcom quantifichi le annunciate sanzioni, siamo enrati nella fase dei ricorsi al Tar e, poi, al Consiglio di Stato. Né è da escludere che anche l’Antitrust possa decidere di intervenire
Sul tappeto vi sono molte questioni aperte. Vi è stata un’informativa sufficientemente completa e trasparente? L’uniformità di comportamento dei maggiori operatori non costringe il diritto di recesso dei clienti entro limiti di fatto troppo stretti (e qui siamo anche nel terreno dell’Antitrust)? Fino a dove può spingersi il controllo di un’Authorità indipendente senza falsare le dinamiche del libero mercato? È giustificato il timore (e qui entriamo anche nel terreno della politica) che il “calendario telco” susciti un’attrazione irresistibile per altri fornitori di servizi? Fra i proseliti già c’è Sky che ha annunciato di voler partire da ottobre con la tariffazione a 4 settimane, mentre Mediaset potrebbe non disdegnare la cosa. E al trend anche altri fornitori di servizi video o le utility elettriche e del gas. Proprio quello che spaventa la politica
Alla vigilia di una campagna elettorale che si annuncia particolarmente intensa e delicata, i partiti non potevano infatti poteva restare alla finestra. Anna Finocchiaro, ministro per i Rapporti con il Parlamento, ha rivelato che il governo sta studiando la possibilità di fissare una scadenza unica, su base mensile, per il pagamento delle bollette. Insomma tornare alla vecchia consuetudine di milioni e milioni di italiani che le bollette si calcolano a fine mese. Per tutti. Magari grazie a un articolo ad hoc inserito nella legge di Stabilità 2018 che sta per andare in discussione in Parlamento. Difficile trovare in Parlamento molta gente che si opponga.
Per le telco sarebbe una débâcle. Prevedibile? Quel che è certo, è che gli operatori si sono messi su un terreno minato: quello degli aumenti sottotraccia, al di là delle comunicazioni formali via mail ai consumatori, grazie ad escamotage giocati sul filo del calendario. Cambiare pratiche di pagamento radicate in abitudini decennali potrà anche essere economicamente vantaggioso, ma – come è accaduto – la scelta si è trasformata in un boomerang di immagine assai pesante, in un disvalore nel giudizio dei clienti. Cose che durano nel tempo e che vanno a rafforzare pregiudizi non sempre meritati. Mentre i vantaggi economici, se ci sarà un intervento legislativo, saranno stati di breve durata
A difesa delle telco va detto che da molti anni le tariffe sono in calo, a differenza di altri settori. Non solo per la caduta dei prezzi delle tecnologie e i guadagni di efficienza delle imprese, ma anche per una guerra tariffaria che ha conosciuto ben poche soste. Forse sarebbe stato meglio rimanere nella chiarezza del calendario tradizionale e favorendo i ricavi con una limitazione dei ribassi di listino. Gli aumenti surrettizi cambiando le tempistiche di fatturazione stanno dimostrando gambe corte.
E poi chissà. Magari il vecchio appuntamento mensile con la bolletta potrebbe diventare uno dei cavalli di battaglia di altri operatori, magari quell’Iliad che si appresta ad entrare nel mercato italiano con grandi ambizioni di successo a spese degli operatori maggiori. In tal caso, il boomerang non sarebbe soltanto di immagine.