LA MOSSA

E’ ufficiale, Vivendi al 19,9% di Telecom: “Investimento di lungo termine”

L’aumento della quota attraverso l’acquisto di azioni sul mercato. Torna di attualità il tema del cambio di governance nella compagnia italiana: i francesi chiederanno posti nel cda?

Pubblicato il 06 Ott 2015

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Vivendi ha portato la sua partecipazione in Telecom Italia al 19,88% del capitale ordinario e ha in bilancio le azioni ordinarie a 1,14 euro. Lo ha comunicato il gruppo francese in una nota e con una precedente comunicazione alla Sec, ricordando di essere diventato il primo azionista di Telecom il 24 giugno. In quella data ha raggiunto il 14,9% del capitale in seguito allo scambio azionario con Telefonica legato alla cessione della brasiliana Gvt e con acquisti successivi. Vivendi spiega nella nota di aver aumentato la quota al 19,9% “attraverso l’acquisto di azioni sul mercato” e che l’operazione conferma la volontà di “sostenere la società telefonica nel lungo periodo e di sviluppare le sue attività in Sud Europa”.

Alcune fonti hanno detto a Reuters la scorsa settimana che Vivendi si era mossa per salire al 19% circa del capitale ordinario di Telecom Italia nel tentativo di aumentare la sua influenza sul gruppo. Nelle settimane precedenti la stampa italiana aveva scritto che Vivendi era intenzionata a salire rapidamente al 20% di Telecom Italia, anche per fronteggiare l’effetto diluitivo della
possibile conversione delle azioni di risparmio. Secondo alcune fonti, la conversione è comunque rinviata fino a quando lo sconto tra ordinarie e risparmio non salirà, dagli attuali livelli, almeno a oltre il 20%.

Morgan Stanley disegna cinque possibili scenari effetto della nuova compagine azionaria. La prima ipotesi, per MS anche “la prima ragione per l’investimento”, è che “Vincent Bolloré sia entrato nel capitale perché pensa che l’azione TI sia su valutazioni basse e che la sua presenza nel libro soci possa promuovere un cambiamento più rapido e la creazione di valore. Pensiamo che questo sia probabilmente l’aspetto cruciale dell’investimento di Bolloré”. Infatti, “questo riflette un po’ quello che è successo in Aegis, dove Bolloré ha acquistato una partecipazione consistente. In questo caso c’è stata molta speculazione su una possibile fusione tra Aegis e Havas, un’altra società detenuta da Bolloré, mentre alla fine la partecipazione in Aegis è stata ceduta a Dentsu”, ricordano gli esperti.

Ancora, sottolineano gli analisti, “Vincent Bolloré ha una considerevole esperienza in Italia e in aziende italiane, come Mediobanca. Les Echos il 19 giugno ha citato delle sue dichiarazioni secondo le quali lui ama l’Italia, ma non e’ l’unico a decidere. La metà del Cda di Vivendi non pensa che sia una buona idea”.

La seconda ipotesi è quella di un’eventuale logica industriale, anche se MS non ritiene che si tratti di un driver primario. Seguendo questa logica, “attraverso la partecipazione in Telecom e Telefonica, Vivendi potrebbe ottenere oltre 400 mln di abbonati in Sud Europa, America Latina e Africa e offrire loro contenuti e prodotti di Vivendi. In questo scenario Vivendi vuole essere un driver chiave nel cambiamento del comportamento dei consumatori”. Tuttavia, gli analisti sono scettici su questo scenario per diverse ragioni: primo, “se vuoi del latte, non hai bisogno di comprare una mucca. Infatti, se Vivendi voleva avere accesso ai clienti di Telecom in Italia, in Brasile e in altre zone, poteva farlo attraverso accordi di distribuzione”. Inoltre, “perché proprio Telecom? Il business principale di Telecom è in Italia e in Brasile, mentre i principali contenuti di Vivendi sono nel mercato musicale globale. Il Brasile è solo il nono in questo business a livello globale, mentre l’Italia si trova al decimo posto”.

Terza opzione, improbabile per gli analisti: “Il grande piano per cambiare la faccia dei media e telecom italiani?”. Questo caso è un’estensione del secondo scenario e sostiene che Vivendi andrà oltre “l’investimento in Telecom Italia attraverso un rimodellamento più radicale del settore dei media e tlc italiani”. Gli analisti sono scettici dal momento che “in un’intervista recente il Ceo Arnaud de Puyfontaine ha dichiarato che Vivendi non ha interesse nell’acquistare Mediaset”.

“Ci sarebbe una logica maggiore con una potenziale combinazione del business della Pay Tv di Mediaset Premium e Canal +”, ma comunque la casa d’affari evidenzia che Vivendi non ha comprato Mediaset Premium “quando era a disposizione nel 2014-2015”.

Quarta opzione, pure definita improbabile, “un piano di dominazione in Europa del Sud“. Secondo la stampa del 24 settembre l’obiettivo finale di Vivendi potrebbe essere quello di creare un gruppo media & tlc intorno a Telecom, Telefonica, Orange, Mediaset e Vivendi. Comunque, questa ipotesi a detta degli analisti presenta diversi punti deboli: primo, il piano sembra davvero ambizioso; secondo, i potenziali benefici derivanti potevano essere raggiunti attraverso accordi di distribuzione.

Quinta ipotesi, “molto improbabile”, una “offerta totale su Telecom Italia”. Gli esperti giustificano il proprio scetticismo evidenziando che Telecom Italia ha una capitalizzazione di mercato di 20 mld euro, circa 30 mld euro di debiti e un Enterprice Value del business di circa 50 mld euro. “Le sue dimensioni vanno ben oltre” quelle adeguate per Vivendi.

“Il rafforzamento di Vivendi era stato più volte anticipato da diverse indiscrezioni di stampa – ricordano gli analisti di Icbpi – La mossa della società francese potrebbe preludere alla formalizzazione del ruolo di azionista di riferimento, attraverso l’ingresso nel board di Telecom Italia. L’incremento della partecipazione potrebbe essere visto anche come un modo per compensare l’eventuale effetto diluitivo derivante dalla conversione delle azioni di risparmio”.

Per gli analisti di Fidentiis la mossa potrebbe avere tre spiegazioni. Potrebbe essere “un preludio alla conversione delle azioni di risparmio in ordinarie”. Secondo, proseguono gli esperti, “un’altra ipotesi che è circolata fino ad adesso è che Vivendi stia preparando il campo per partecipare al consolidamento del settore tlc europeo che probabilmente inizierà presto”. Terzo, la mossa di Vivendi “potrebbe indicare la volontà di superare” la soglia che farebbe scattare “un’offerta pubblica di acquisto obbligatoria sulle azioni. Comunque, questo ci sembra abbastanza improbabile dal momento che Vivendi ha una posizione di cassa di 8,1 miliardi euro (rispetto alla capitalizzazione di mercato di Telecom pari a 20 miliardi euro)”.

“Se aumenteranno la loro quota, sempre bene” aveva avuto recentemente occasione di commentare l’Ad di Telecom Marco
Patuano
che però non risultava al corrente dei progetti di rafforzamento nell’azionariato. “Con il management di Vivendi – aveva aggiunto – discuto di tematiche molto più legate alle operations”’.

Quando in occasione del Forum Ambrosetti Giuseppe Recchi e l’Ad di Vivendi Arnaud de Puyfontaine si erano incontrati non avevano voluto commentare l’ipotesi di un’incremento della quota ma avevano voluto mostrare a tutti di essere in piena sintonia. “Crediamo che quest’alleanza tra una telco e una società di contenuti abbia grandi prospettive di creare una storia fantastica insieme. Siamo molto impegnati sull’Italia, ora non resta che scrivere questa storia” aveva detto il manager transalpino ribadendo di essere un investitore a lungo termine. E se allora il tema di un cambio nella governance, con l’ingresso di rappresentanti dei francesi in cda era stato definito ‘prematuro’ ora forse potrebbe tornare di attualità.

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