Se l’ultima campagna pubblicitaria di Cisco promuove “La rete intuitiva” con Peter Dinklage (da sette anni il Tyrion Lannister del Trono di Spade), l’idea di portare l’intelligenza artificiale e l’automazione all’interno della rete infrastrutturale nei centri di calcolo non è nuova. E anzi, sta conquistando sempre più l’attenzione delle aziende più innovative e delle startup del settore. Questo è stato uno dei temi portanti della tre giorni di dibattiti e incontri organizzata da NetEvents a San José, nel cuore della Silicon Valley, al quale Corcom ha partecipato in esclusiva.
L’idea, spiega a Corcom Prashanth Shenoy, vicepresidente marketing dell’Enterprise Networking Group di Cisco, è quella di una “intent-defined network”, una rete che viene programmata con l’intenzione, la direzione prescelta lasciando al sistema di decidere quali soluzioni pratiche implementare per raggiungere l’obiettivo definito. Un livello di astrazione maggiore, che semplifica e automatizza l’attività della terza componente del centro di calcolo (dopo risorse di calcolo e di archiviazione dei dati) che sta diventando “software defined”.
“È un mercato nuovo – dice Shenoy – che permetterà di ridurre in maniera drastica le spese operative, OpEx, rispetto alle spese di capitale, che oggi sono in un rapporto di 3-4 dollari di OpEx per ogni dollaro speso in CapEx, e aumentare l’agilità. Quando un cliente installa cose nuove nel suo sistema e vuole una nuova organizzazione, è possibile avere una rete e del software che crei automaticamente la configurazione giusta? Noi per esempio a giugno abbiamo lanciato assieme ai nuovi switch Catalyst 9000 anche una piattaforma di gestione che si chiama DNA Center e che vuole fare questo”.
“Al centro – dice a Corcom Rajesh Ghai, analista e ricercatore di Idc – c’è anche l’idea dell’autonomous networking, le reti che si gestiscono da sole. L’idea di avere reti estremamente grandi che vengono automatizzate e gestite da pochissime persone a costi molto contenuti non è nuova. Da decenni le nuove generazioni delle tecnologie sono sempre più automatizzate. Quello che è realmente cambiato e che può rendere “intent-based” le reti deriva in realtà da tre differenti filoni di sviluppo”.
Le novità stanno nella diffusione di switch programmabili che rendono disponibili dei set di API, interfacce di programmazione, azionabili dall’esterno. Dall’esistenza di tecnologie per la telemetria in tempo reale sempre più sofisticata e infine dall’emergere di sofisticate soluzioni basate sul machine learning, cioè su quella branca dell’intelligenza artificiale che permette di addestrare il software a svolgere determinati compiti imparando a identificare modelli e schemi senza conoscere a priori le regole che li definiscono. La convergenza di questi tre fattori sta rivoluzionando il modo con il quale viene gestito il networking delle grandi infrastrutture.
“Noi analisti di Idc – dice Ghai – riteniamo che l’intent-based networking sia sostanzialmente la prima manifestazione di machine learning ovvero di AI nel settore del networking. E siamo solo all’inizio, non certo alla fine di questo percorso. C’è ancora molto che deve accadere in quest’ambito non appena lo spazio di mercato per questo cambiamento sarà pronto e le tecnologie più mature disponibili”.
Sul fronte delle nuove tecnologie, il fondatore di NetFoundry, Galeal Zino, ha idee abbastanza chiare: “Ci occupiamo di networking application-specific, cioè delle soluzioni per configurare la rete ad hoc per ogni applicazione. Questo, assieme all’Intent-based networking, è la soluzione che permette alle aziende di abilitare la trasformazione digitale, essere agili, veloci, automatizzate. Per adesso parliamo di soluzioni basate su tecnologie proprietarie perché siamo proprio all’inizio del nostro percorso, ma l’obiettivo è di rendere tutto comune, con una base più specializzata che rimane proprietaria, man mano che la tecnologia matura”.
La rete del futuro ha la necessità di gestire anche la Internet of Things, la vera rivoluzione in termini quantitativi per quanto riguarda anche il networking. E qui, quel che conta è soprattutto la capacità di arrivare sul mercato al momento giusto con i prodotti sufficientemente maturi. Anche nel settore del networking.
“Dopo aver lavorato con le SDN prima maniera- dice a Corcom Mansour Karam, fondatore e Ceo di Apstra – adesso sono convinto che lavoriamo con l’evoluzione di questa tecnologia. Ma sono convinto che sia soprattutto un problema di scelta del momento: presentare al mercato una tecnologia che risolve un problema reale e con un ecosistema attorno che la supporti. Questa è la chiave a mio avviso perché la trasformazione avvenga. Abbiamo fondato la mia azienda, Apstra, perché crediamo che il momento sia giusto per le reti definite dall’intenzione, la base per la trasformazione digitale. Ad esempio, nel settore degli IoT le reti vengono ancora prevalentemente configurate a mano. Adesso, grazie alla disponibilità di API dagli hardware del networking, possiamo finalmente automatizzare le reti perché è possibile la programmabilità degli apparecchi. Adesso è il momento di costruire il software giusto per la gestione delle reti, ma questo è il problema di noi esperti delle reti”.
“Infatti – dice a Corcom JR Rivers, co-fondatore e CTO di Cumulus Networks, azienda specializzata nelle reti smart web oriented – le premesse logiche per l’intent-based networking esistevano già da tempo. Abbiamo visto questa progressione dalle operazioni manuali a una serie di strumenti più automatizzati accelerare grazie ai gestori di configurazione e poi grazie agli strumenti per ispezionare lo stato corrente delle reti. Dal punto di vista commerciale e di utilizzo reale, molti di questi strumenti ci sono già ma sono slegati fra di loro e quel che cominciamo a vedere adesso sono aziende come la mia o come Apstra che aiutano le aziende a mettere assieme tutti i pezzi per rendere il loro approccio più olistico. Manca ancora una componente: avere strumenti verificati e di cui potersi fidare per fare tutto. Man mano che le aziende stanno spostandosi verso le reti basate sull’intenzione, bisogna che sia possibile misurare correttamente che l’intento sia stato effettivamente raggiunto dal sistema di configurazione e che non si sia perso per così dire dei pezzi per strada. Serve una fiducia diffusa nell’efficacia di questi nuovi strumenti, che agiscono in ambienti estremamente complessi. Secondo noi però è possibile arrivarci”.