L'INCHIESTA

Amazon, algoritmi modificati per fare più profitti?

Secondo il Wall Street Journal il sistema di ricerca dei prodotti sarebbe stato modificato con l’obiettivo di favorire quelli a maggiore redditività e i “private label”. Ma l’azienda si difende: “Classifichiamo i risultati di vendita come una qualsiasi catena di negozi”

Pubblicato il 17 Set 2019

Silvia Preti

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Amazon ancora nell’occhio del ciclone. Secondo il Wall Street Journal, il gigante di Seattle avrebbe cambiato una componente dell’algoritmo sul quale si basa il sistema di ricerca dei prodotti da parte dei consumatori con l’obiettivo di favorire quelli con maggiori margini di profitto e soprattutto quelli del private label.

In pratica gli algoritmi che alimentano il suo sistema di ricerca sarebbero stati modificati per spingere all’acquisto di determinate categorie di prodotti a danno della buona fede dei consumatori.

Una decisione che comunque, sempre secondo la fonte vicino all’azienda, sarebbe stata molto sofferta: i dirigenti della divisione commerciale sostenevano che Amazon dovesse operare questa modifica mentre il team di ingegneri, che ha lavorato al progetto, era covinto che non fosse nell’interesse dei clienti mostrare per primi alcuni prodotti.

Se la notizia venisse confermata metterebbe ancora più in difficoltà l’azienda, che proprio in questi giorni si trova nel mirino della Federal Trade Commission che ha iniziato a intervistare le piccole imprese che vendono prodotti sul marketplace per stabilire se il gigante dell’e-commerce stia abusando del suo potere a danno della concorrenza ed identificare i mercati in cui è dominante.

Per quanto riguarda la modifica dell’algoritmo, ovviamente Amazon nega ogni addebito e sostiene che il cosiddetto scoop sia totalmente privo di fondamento.

“Non abbiamo cambiato i criteri – ha dichiarato un portavoce dell’azienda- Stiamo soltanto classificando i risultati di vendita per analizzare la redditività dei prodotti così come farebbe una qualsiasi catena di negozi. E’ chiaro che dobbiamo essere in grado di controllare la redditività di lungo termine dei beni che vendiamo e verificare in quale misura abbiano effetto sui consumatori”.

Niente di anomalo dunque secondo il portavoce di Amazon che ha anche specificato che le vendite online del colosso hi-tech rappresentano ad oggi solo l’1% di quelle globali e il 4 % del commercio al dettaglio americano.

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