Amazon dovrà regolarizzare entro 15 giorni la propria posizione e dimostrare all’Agcom di essere in possesso di tutti i titoli abilitativi per svolgere i servizi postali. E’ il contenuto della diffida che il Consiglio l’autorità garante per le comunicazioni ha indirizzato alle società del gruppo Amazon, Amazon Italia Logistica S.r.l. e Amazon City Logistica S.r.l..
“In base alle informazioni e dagli elementi acquisiti – si legge in una nota di Agcom – l’Autorità rileva che il servizio di recapito ai destinatari dei prodotti acquistati sul cosiddetto marketplace è offerto e gestito sul territorio nazionale da società riconducibili ad Amazon Eu Srl. A giudizio dell’Autorità, il servizio svolto da queste società, al pari di quelli svolti dai principali corrieri espresso utilizzati da Amazon, è qualificabile come servizio postale, in base alla normativa di settore, nazionale e dell’Unione europea”.
In particolare, secondo quanto rilevato da Agcom, è attività postale il servizio di consegna che ha ad oggetto prodotti offerti direttamente dai venditori e recapitati ai clienti finali attraverso società controllate da Amazon, nonché il servizio di recapito presso gli armadietti automatizzati, i cosiddetti locker, svolto da società del Gruppo Amazon.
Ma cosa vuol dire qualificarsi come servizio postale? Il possesso del titolo comporta, per le società che svolgono attività postale – spiega Agcom – il rispetto di vari obblighi, tra i quali l’essere in regola con le disposizioni in materia di condizioni di lavoro previste dalla legislazione nazionale e dalle contrattazioni collettive di lavoro di riferimento vigenti nel settore postale, l’essere in regola con gli obblighi contributivi per il personale dipendente impiegato e l’adozione della carta dei servizi nei confronti degli utenti.
Ma per Amazon non finisce qui: l’azienda è anche nel mirino della Corte europea di Giustizia che ha stabilito che un fornitore di prodotti di lusso può vietare ai suoi distributori autorizzati di vendere i prodotti su una piattaforma Internet terza (come Amazon, appunto). La Corte europea ha infatti spiegato che “un simile divieto è adeguato e in linea di massima non va oltre quanto necessario per salvaguardare l’immagine di lusso dei prodotti”. Il caso era emerso in Germania e ha coinvolto Coty Germany, società che vende prodotti cosmetici di lusso nel Paese.