Botta e risposta. Politica e business. Ma forse dietro le quinte c’è di più. Mentre la politica americana si infiamma e sale di tono perché si apre la campagna per le primarie presidenziali – e i democratici adesso devono riuscire a esprimere un candidato che l’anno prossimo possa sfidare Donald Trump – non sono pochi i politici che fanno i conti con uno dei più grandi settori dell’economia americana. Il big-tech.
Oltre al tema della privacy e della security infatti – che tocca soprattutto Facebook e Google – sul piatto c’è anche lo scontro sui salari che Amazon paga ai suoi lavoratori dei centri di logistica.
È una storia che viene da lontano, dato che fin dall’inizio l’azienda creata da Jeff Bezos era stata accusata di aver sfruttato i suoi operatori della logistica nei magazzini, con condizioni di lavoro proibitive, ritmi infernali e stipendi da fare. Tanto che Bezos aveva assunto, alcuni anni fa, Jay Carney, l’ex portavoce di Barack Obama. Il quale Carney, con pochi colpi ben assestati (tra i quali una controinchiesta pubblicata su Medium), era stato in grado di smontare non solo i fatti ma anche il profilo professionale di reporter freelance che avevano pubblicato negli anni vari articoli di accusa contro Amazon sull’autorevole New York Times.
Adesso però a sparare sulla Croce Rossa di Amazon è la politica. Dopo che la candidata democratica senatrice Elizabeth Warren ha indicato in quale modo procederebbe a fare lo spezzatino dei big della tecnologia, divenuti “troppo grandi” e quindi in contrasto con il sistema della competizione di mercato che negli Usa è idealmente sacra, tocca a un’altra senatrice, ben più giovane e con tutto un altro profilo.
Si tratta di Alexandria Ocasio-Cortez, giovanissima senatrice democratica di New York venuta su dai sobborghi dei colletti blu della east coast americana, che ha accusato Amazon di dare ai suoi lavoratori nei centri di logistica “stipendi da fame”, pagando meno di 15 dollari all’ora più i benefici.
Anche in televisione, Ocasio-Cortez non si risparmia contro il Ceo e fondatore di Amazon, Jeff Bezos: durante una intervista nel programma This Week della Abc News, la senatrice ha spiegato che per lei il punto su cui riflettere non è se Bezos sia miliardario, ma come le politiche dell’azienda impattino i lavoratori dei magazzini della logistica.
Ocasio-Cortez si è detta invece preoccupata per il fatto che «l’essere miliardario di Bezos preveda che poi vengano pagati stipendi da fame ai suoi dipendenti e che vengano privati della loro capacità di accedere all’assistenza sanitari. E anche che l’essere un miliardario di Bezos si basi sul fatto che i suoi lavoratori possano fare la spesa solo con i sussidi e con i buoni sconto per il cibo».
Amazon ha twittato una risposta ai commenti di Ocasio-Cortez, dicendo: «Amazon è la prima del mercato a pagare il salario minimo di 15 dollari più benefici completi sin dal primo giorno a tutti. E spingiamo per aumentare il salario minimo federale».
Il responsabile delle comunicazioni di Amazon, Jay Carney, ha poi tirato una delle sue stilettate via Twitter, aggiungendo che Ocasio-Cortez in quanto politica dovrebbe essere lei a cambiare la legge sul salario minimo.
Ocasio-Cortez è stata uno dei critici più espliciti del piano di Amazon di aprire il suo secondo quartier generale a Long Island, nel distretto di Queens, prima che Amazon ritirasse la proposta. All’epoca Amazon, che aveva presentato una “gara” alle città americane per chi fosse la candidata migliore per accogliere il quartier generale numero due dell’azienda, venne accusata di aver in questo modo ottenuto dati riservati su demografia, popolazione, infrastrutture, risorse e costo della vita (preziosissimi per gli algoritmi delle vendite del sito di e-commerce di Jeff Bezos) a costo zero avendo anche addirittura già scelto quale sarebbe stata la vera sede del secondo quartier generale.
Amazon ha deciso di aumentare il salario minimo dei suoi magazzinieri a 15 dollari l’ora nel 2018, dopo aver affrontato le critiche per la disparità retributiva. Nel mese di aprile, Bezos ha lanciato una sfida ad altri rivenditori al fine di eguagliare gli stipendi e i benefici offerti da Amazon ai dipendenti. A oggi nessun’altra azienda del settore ha risposto.