Le fabbriche in Cina, il centro della catena delle forniture planetarie per l’industria elettronica, sono ancora chiuse. E, se non riapriranno molto presto, le ripercussioni sulla produzione dei gadget che dovranno andare sugli scaffali dei negozi per gli acquisti del prossimo Natale saranno messe a rischio. Per questo gli analisti stanno osservando con grande attenzione il potenziale ritardo dalla riapertura delle festività del Capodanno lunare cinese, che sono state estese sino a questa settimana per contenere il problema del coronavirus. Non ci sono solo le fabbriche: anche i negozi e le catene di elettronica di molte aziende sono chiusi. Ad esempio, Apple ha detto che terrà ancora chiusi i suoi, che avrebbero dovuto riaprire il 10 febbraio, mentre aprirà normalmente i suoi uffici della Cina continentale.
«Lavoriamo per riaprire i nostri uffici corporate e i contact center questa settimana, e stiamo preparandoci per riaprire anche i nostri negozi ma più avanti. Terremo i nostri clienti informati», ha scritto l’azienda in un comunicato.
L’effetto maggiore e più temuto del coronavirus però è sulla produzione, e sui suoi effetti a medio termine. Secondo Andre Neumann-Loreck, fondatore della società di consulenza della Silicon Valley On-Tap Consulting specializzata in esternalizzazione della produzione in Asia, sono moltissime le aziende occidentali che chiedono quali saranno i prossimi passaggi e come fare a recuperare eventuali estensione dello stop alla produzione.
«Le aziende – dice Neumann-Loreck – stanno costruendo hardware o altri prodotti fisici in modalità-crisi, sia che stiano realizzando in Cina dei prodotti finiti o delle semplici componenti». Facebook ad esempio venerdì scorso ha informato gli analisti che la produzione della nuova generazione dei suoi Oculus Quest, occhiali per la realtà virtuale, sarà con tutta probabilità impattata dal coronavirus.
Secondo Sherina Kamal, risk analyst di Resillience 360, «L’effetto a catena proveniente da una singola regione della Cina è completamente senza precedenti, non avevamo mai visto niente del genere». Anche se le fabbriche riapriranno in tempo, ci sono altri problemi che la Cina dovrà fronteggiare, come ad esempio i pendolari campagna-città che lavorano nelle fabbriche. «Ci sono molti lavoratori temporanei – dice Jayashankar Swaminathan, professore presso la UNC Kenan-Flagler Business School – che vanno in città per guadagnarsi da vivere, poi tornano in campagna e si riuniscono con le loro famiglie. Ma in questa situazione, potrebbero avere ripensamenti sull’opportunità di andare in fabbrica. Sarebbe un grosso problema per le aziende: in Cina non si è finora mai vista una carenza di manodopera che non fosse temporanea».
Il problema maggiore è sugli NPI, i “new product introduction”, la creazione delle scorte messe in produzione a cavallo dell’estate che verranno usate per le vendite del periodo compreso tra il Black Friday e il Natale. Un momento di picco negli acquisti che richiede un lungo lavoro di pianificazione e produzione “lenta” (visto che si tratta di nuovi apparecchi con tecnologie molto più moderne) rispetto alla produzione di volume e di mantenimento dei prodotti lanciati il Natale precedente.
La produzione di nuovi apparecchi richiede vari cicli e iterazioni, che richiedono tempo e che vengono attentamente coordinate con la fase di progettazione e prototipazioni delle varie componenti. Per questo un ritardo nella riapertura delle fabbriche adesso potrebbe avere conseguenze molto pesanti sulla disponibilità dei prodotti per il prossimo Natale. Il rischio non è che non ci sia il prossimo iPhone, ma che arrivi leggermente in ritardo o in quantità inferiori a quelle pianificate.